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Candide di Leonard Bernstein

Va in scena al Teatro dell’Opera di Roma “il migliore dei mondi possibili” nel Candide di Leonard Bernstein. Tratto dall’omonimo racconto filosofico di Voltaire, l’operetta comica (su libretto di Richard Wilbur, Stephen Sondheim, John LaTouche, Dorothy Parker, Lillian Hellman e Leonard Bernstein) esordisce in prima assoluta nella Capitale nel fortunato e riuscitissimo allestimento del Teatro San Carlo di Napoli del 2007 con la regia di Lorenzo Mariani. Il regista, che ha riadattato in parte l’allestimento per il teatro romano giocando soprattutto sulle caratteristiche dell’ottimo cast vocale, ha creato un godibile allestimento scenico ispirato al più sfavillante dei musical di Broadway a riflettere alla gioiosa partitura sinfonica di Bernstein. La squisita ironia e la critica dissacrante contro l’intolleranza si fanno spazio fra le scene multicolori di Nicola Rubertelli ispirate alle pitture di Larry Rivers, fra lo scintillio dei magnifici costumi (soprattutto piumati e femminili) di Giusi Giustino e le coreografie di Seán Curran. Seduzione e avidità, ottimismo e ingenuità si susseguono ininterrottamente in un tripudio di colori, proiezioni (fantastiche quelle in bianco e nero) e paillettes fra irresistibili invenzioni sceniche. La partitura musicale è completa, ma i dialoghi del testo sono stati raccordati attraverso il narratore, lo stesso Voltaire interpretato dalla grande Adriana Asti che prende posto in scena e racconta la vicenda, con classe ironica, quasi immedesimandosi nel ruolo del conduttore di talk show. Per Mariani il Candide è un “viaggio filosofico nella musica” da ambientarsi in uno sfavillante studio televisivo che segue la freneticità dell’azione, fra quattro continenti e una decina di città, in cui lo sfarzo luccicante di paillettes, piume e lustrini diventano elementi essenziali per cantare l’innocenza e lo sfrenato (e fallimentare) ottimismo del protagonista fra sentimenti, speranza e lacrime. Il Candide (scritto da Bernstein nel 1956 in pieno maccartismo nel clima di caccia alle streghe) diventa anche una straordinaria carrellata di un turbinoso susseguirsi di scene con trovate sceniche davvero strabilianti, dall’eccezionale devastazione del Castello Thunder-ten-tronckh in Westfalia vista come battaglia fra giocatori di football e cheerleader (simbolo dello sport americano per eccellenza) o la grandiosa invenzione del trascinante autodafé. Direzione scoppiettante dell’eclettico Wayne Marshall (alla prima collaborazione con Mariani) specialista del repertorio del Novecento (che tornerà sul palco dell’Opera giovedì 26 proponendo il Novecento di Gershwin e Ravel) che, ben sostenuto dall’Orchestra (che ritmo!) si diverte eccome con la deliziosa partitura di Bernstein, ora giocando con l’allegro vigore dell’Ouverture ora alle prese con i noiosi canti teutonici, ora scatenandosi sull’effervescenza frizzante di ogni nota, ora colorando con tenue malinconia le arie più liriche e la conclusione di accettazione della realtà (“non siamo puri, né saggi, né buoni. Faremo del nostro meglio. Costruiremo la nostra casa, coltiveremo il nostro giardino” canta Candide). Ottimo il Coro di Roberto Gabbiani, quasi costantemente in scena che sostiene l’impegnativa prova vocale dei protagonisti, un cast, giovane, ma di ottimo livello.
Nella replica di sabato 21 gennaio, presente in sala anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha applaudito l’opera, il tenore Leonardo Capalbo interpreta l’ingenuo Candide, di bianco vestito, disegnando il personaggio con stupore e ingenuità, spaesato nella sua spontanea bontà. Il soprano irlandese Claudia Boyle, dal volto incantevole, è una perfetta vanitosa e capricciosa Cunegonde che spicca nella vivacità vocale e nell’aria di coloritura, ma che riesce a rendere particolarmente appetibile il personaggio con la bellezza, adatta alla vezzosità sensuale del suo personaggio strizzato nei bustier di raso e piume. Audace il Maximilien (Capitano) di Bruno Taddia, molto sicura e molto ironica l’interpretazione di Derek Weltan impegnato non solo nel ruolo del filosofo Pangloss (caricatura di Leibniz), di Martin (il suo opposto pessimista) e del servo Cacambo, molto colorita l’interpretazione di Jane Henschel nel ruolo della Old Lady, maliziosa nellla fisicità provocante la Paquette in stile francese di Elena Rossi. Sotto l’apparente leggerezza e frivolezza, resta il messaggio squisitamente e drammaticamente attuale del brillante apologo francese che attraverso la micidiale arma dell’ironia denuncia ogni genere di intolleranza, politica e religiosa. E proporla con tal aggraziata, apparente, leggerezza non è poco.

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