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Denis Matsuev e il Mephisto Waltz di Liszt a Santa Cecilia, Roma

fotoOspite abituale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, lo straordinario pianista russo Denis Matsuev torna a travolgere il romano con il suo ultimo concerto, nuovo appuntamento della stagione di musica da camera.

Ammiratissimo, prodigioso interprete di Rachmaninoff, Matsuev ha proposto la sua duplice vena artistica con un programma variegato, strizzando l’occhio da una parte al repertorio romantico e dall’altra al virtuosismo più sfrenato. Cuore del concerto è stato il celebre Mephisto Waltz di Liszt: 13 minuti di scoppiettante virtuosismo e di inquietante furore in cui il pianista ha concretizzato davanti agli occhi degli spettatori le figure di Mefistofele e Faust.

Liszt infatti musicò due episodi del Faust di Nikolaus Lenau, Corteo notturno e Danza all’osteria del villaggio, noto proprio come Mephisto Walzer. In Danza all’osteria del villaggio, Faust e Metistofele giungono alla taverna del villaggio dove un gruppo di contadini beve e danza in un clima festoso, ma Mefistofele si annoia e comincia a suonare con il violino una musica orgiastica, trascinando i presenti in una danza scatenata mentre Faust tenta di sedurre la ragazza più bella del paese.

Matsuev getta immediatamente la sala nell’atmosfera inquietante e diabolica del racconto, delinea Mefistofele fra arpeggi e note ribattute, introduce Faust cullandolo in una seducente atmosfera fiabesca, alterna al tocco cristallino il virtuosismo più sfrenato, la sensibilità del tocco al fascino violento e sottile del mefistofelico che sembra assumere vita propria.

Matsuev è sempre empatico, ma mai eccessivo o sfacciato, praticamente esemplare anche nel crescente virtuosismo con la Sonata numero 7 di Prokoviev che si chiude con trascinante velocità, fra la violenza ritmica e la sensualità melodica in quella che Majakovskij etichettò come “schiaffo in faccia al gusto del pubblico”.

In apertura Matsuev aveva invece manifestato con estrema eleganza e suggestione emotiva la sua anima più romantica con Le Stagioni di Čajkovskij, un ciclo di dodici brevi pezzi caratteristici interamente dedicati alle suggestioni legate a ogni mese dell’anno andando a reinterpretare ogni singolo movimento, ogni umore legato alle variazioni dell’anima lasciando pregustare il calore del focolare di gennaio o l’allegria del Carnevale di febbraio, l’incertezza malinconica di marzo o la pacatezza di aprile, la speranza sognante di maggio e il divertimento dell’estate fino al valzer gioioso di Natale.

Richiamato a gran voce dal pubblico Matsuev non si fa pregare e arriva a concedere addirittura ben sette incredibili bis fino a misurarsi perfino con uno standard jazz rielaborato da gran virtuoso della tastiera.

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