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Il Ratto d’Europa – Per un’archeologia dei saperi comunitari

Foto di Giuseppe Distefano
Foto di Giuseppe Distefano

ideazione e regia Claudio Longhi

con Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia, Simone Tangolo.

spazio scenico Marco Rossi – costumi Gianluca Sbicca

luci Tommaso Checchucci – immagini video Gianluca Latino

e con la partecipazione di: Gruppo da camera del Conservatorio “Santa Cecilia”, GlobalCrisis Rugby Club, Associazione Corale “Le Querce del Tasso”, Associazione D’Altrocanto…nonostante tutto, Corale Cantate Domino, Corale Polifonica “Città di Anzio”, Coro Franco Maria Saraceni degli Universitari di Roma, Coro Polifonico della Basilica di Sant’Agnese fuori le mura.

Una coproduzione Teatro di Roma e Emilia Romagna Teatro Fondazione

in collaborazione con Accademia Filarmonica Romana, Conservatorio “Santa Cecilia”

con il patrocinio di Parlamento Europeo, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea

 

A pochi mesi dall’inizio del semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea, il nostro Paese si troverà a ricoprire un ruolo da protagonista nell’agenda politica sui temi della crescita e dell’equità. Fermenti europei ma anche debolezze e criticità della sua costruzione, trovano approdo sul palcoscenico del Teatro Argentina che, dal 29 aprile all’11 maggio, si travestirà da crocevia fatale del destino dell’Europa per raccontare con uno spettacolo la sua storia, il suo presente politico, economico e culturale, i suoi confini ancora smarginati e imprecisi, il senso che dovrebbe avere.

Il ratto d’Europa, coprodotto dal Teatro di Roma e ERT-Emilia Romagna Teatro, è il progetto teatrale ideato e diretto da Claudio Longhi, che da due anni coinvolge l’intera città di Roma nella stesura di una sceneggiatura condivisa e partecipata sulle possibili radici della nostra identità europea. Lavoratori e studenti, casalinghe e pensionati, sindacalisti e industriali, artisti e intellettuali per un variegato campione della città composto da soggetti diversi, ma uniti in un percorso comune finalizzato a una nuova idea di teatro collaborativo che parte dal pubblico e torna al pubblico. Ed infatti, il copione dello spettacolo è nato direttamente dal dialogo con la società civile (circa 100 realtà coinvolte tra scuole, biblioteche, università, gruppi musicali, associazioni culturali, case protette, mondo dell’impresa, gruppi sportivi) che ha contribuito alla creazione del racconto teatrale attraverso il montaggio di materiali e suggestioni di scrittura mutuati dagli esiti di 2 anni di incontri, concorsi fotografici, istallazioni artistiche, 3 atélier drammaturgici per circa 600 partecipanti non professionisti di tutte le età, e oltre 40 laboratori.

In partenza il mito antico del rapimento della bella figlia di Fenice, Europa, quella terra-fanciulla rapita e portata a Creta da Zeus sotto forma di toro, e forse non ancora ritrovata. Prima grande storia di emigrazione violenta e forzata da cui partire alla ricerca vertiginosa del destino del nostro vecchio mondo sul filo delle sue mille peripezie, dalle terramara dell’età del bronzo alle abazie medioevali, dalla stagione del grand tour alla seconda guerra mondiale, dalla CECA alla guerra degli spread. Una cavalcata nelle immagini, nelle riflessioni, nelle vicende, nella storia che la parola Europa raccoglie ed eredita dal nostro passato nella convinzione che non basta l’unione economica-finanziaria, se non si realizza quella culturale e antropologica, per fare dell’Europa un’identità concreta e presente nella quotidianità di tutti. Il nostro orizzonte futuro senza confini né frontiere. Attraverso l’articolato gioco drammaturgico in cui i cittadini si sono sentiti liberi di giocare a fare l’Europa, il teatro ha invaso la città e la città si è raccolta intorno al suo teatro, portando in scena il viaggio di una combriccola di attori alle prese con dei giochi senza frontiere a tema europeo e con prove da superare.

Ad aprire le porte d’acceso all’Europa è una grande visione onirica. Un sogno sognato da nove personaggi in una strana stanza che ricorda una palestra con nove giacigli in cui si agitano i protagonisti in preda a un turbine di incubi. Sognano di paesi e genti lontane, di miti e antiche leggende, rincorrono le immagini di nuovi mostri generati dalla pubblicità, dalla frenesia degli acquisti e anche dalla crisi che di colpo sembra aver liquidato il consumismo, al punto da annichilirne il perverso potere allucinatorio. Sognano di spread, di Bond e BTP, di tori che rapiscono fanciulle per fondare mondi nuovi, di guerre combattute per vendetta, avidità, per fede o per speranza. Qualcosa arriverà a risvegliarli, non certo per dare consolazione dagli incubi della notte, ma per affidargli un compito: salvare l’Europa. Per salvarla bisognerà superare una serie di prove che ne rifondano l’identità. Scatta una specie di parodia di una delle prime trasmissioni che hanno segnato in modo pop la nascita dell’identità europea: giochi senza frontiere. Improbabile compagine che superando una delirante serie di prove a squadre sarà costretta a trasformarsi, da accozzaglia di mondi e mentalità troppo diversi per immaginarsi uniti (come non di rado è accaduto alle nazioni europee), in una squadra, dove le differenze tra i giocatori sono una ricchezza per affrontare una tragicomica disfida decisiva: una partita di rugby tra l’Europa e la crisi economica globale. «Il gruppo di malcapitati sarà costretto a giocare un gioco che non vuole giocare e progressivamente a scoprire di prova in prova di essere una squadra – racconta Claudio Longhi – La metafora del gioco diventa un’allegoria di quella che è la situazione dell’Unione europea che parte da singole identità nazionali e arriva a confrontarsi con un problema di coesione: una partita di rugby tra l’Europa e la crisi economica che sta investendo tutto il globo. Non sappiamo come finirà questa partita perché per riuscire a vincere e rifondare l’identità europea sarà necessario superare tutte le prove. Non è scetticismo ma restituzione del libero arbitrio».

Il Teatro si accosta all’Europa e la rintraccia non solo attraverso un reticolato di scritture teatrali e letterarie, ma anche mediante riflessioni trasversali di ordine sociologico, politico, teorico-scientifico, affidate alle voci di ospiti d’eccezione del nostro panorama artistico-culturale. Ed infatti, ogni sera sul palcoscenico dell’Argentina si apriranno momenti di confronto con le diverse visioni e testimonianze che l’ospite di turno (uno diverso a ogni replica) proporrà attraverso una breve intervista di circa 15 minuti condotta da uno degli attori protagonisti dello spettacolo. A condividere la propria idea di Europa, si alterneranno l’ex ministro preposto all’integrazione Cécile Kyenge (il 29 aprile); l’allenatore della nazionale italiana di pallavolo Mauro Berruto (il 30 aprile); l’artista italiano tra i più significativi del panorama contemporaneo Enzo Cucchi (il 2 maggio); la scrittrice che ha posto grande attenzione ai temi dell’identità culturale Igiaba Scego (il 3 maggio); il grande compositore Ennio Morricone (4 maggio); ed ancora Luciano Violante, già presidente della Camera dei Deputati (il 6 maggio); Gianni Toniolo, autorevole storico dell’economia moderna e contemporanea (il 7 maggio); Zouhir Louassini, giornalista politico esperto di tutto il mondo arabo (l’8 maggio); ed infine Giovanni Maria Flick che ha preso parte per il Governo italiano alla redazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (il 10 maggio).

 

 

 

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