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Francesco Ventriglia: neo direttore del Royal New Zealand Ballet

Foto di Elena Datrino
Foto di Elena Datrino

Francesco Ventriglia, studia presso la Scuola di Ballo della Scala dove si diploma nel 1997, entrando immediatamente nel Corpo di Ballo scaligero. Nel 1998 debutta come ballerino solista con In the Middle Somewhat Elevated di Forsythe e nel 1989 interpreta l’Idolo d’oro nella Bayadère di Natalia Makarova. Oltre al repertorio classico, le sue esibizioni si avvalgono di grandi coreografi da Balanchine ad Ailey, da Neumeier a Cranko, da Preljocaj a Godani, da Kylián a Béjart. Roland Petit lo vuole per il ruolo di Toreador nella Carmen e di Quasimodo nel Notre Dame de Paris. Con Silvie Guillem è Hilarion in Giselle al Metropolitan e al Covent Garden. All’attività di interprete affianca quella di coreografo: tra i tanti suoi lavori citiamo La solitudine del gigante, Mandorle e Giallo ‘700. Nel 2006 allestisce tre sue creazioni per Roberto Bolle: La lotta che debutta a Roma, il Concerto di Capodanno dalla Fenice di Venezia e Il mito della Fenice al Teatro Smeraldo di Milano. Fonda la compagnia Eliopoli con la quale presenta alla Biennale di Venezia 2007, Il mare in catene. Realizza nel 2007, per l’Arena di Verona, Sogno di una notte di mezza estate e Jago, l’onesta poesia di un inganno con le celebri étoiles Eleonora Abbagnato e Alessandro Riga. Nel 2008 al Bolshoj di Mosca ripropone il Passo a due Black, con Svetlana Zakharova e Andrei Merkuriev. Successivamente presenta al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo Contraddizioni, creata appositamente per Ulyana Lopatkina. In quella stessa occasione è anche interprete di un suo lavoro: Stabat Mater su musica di Pergolesi. Nel luglio 2008, con la sua compagnia, realizza lo spettacolo Normale. Nel 2009, su invito ufficiale del Teatro Bolshoj, crea per Svetlana Zakharova e sei primi ballerini della compagnia moscovita Zakharova super game. È ancora con Eliopoli che debutta con un nuovo titolo, Pietas. Sempre nel 2009 è a New York a riprendere Black per Irina Dvorovenko e Maxim Beloserkovsky dell’American Ballet Theatre. Nel maggio 2010 la sua creazione Immemoria per 40 danzatori debutta in prima mondiale alla Scala. Nell’ottobre 2010 firma Sed lux permanet – Transit umbra per il Ballet du Grand Thèâtre de Genève. Ha ricevuto il Premio Gino Tani come giovane coreografo emergente, il Premio Positano Leonide Massine come promessa della coreografia italiana e nel dicembre 2010 il Premio Bucchi per Immemoria, quale miglior spettacolo dell’anno. Nel 2010 è stato nominato Direttore di MaggioDanza. Attualmente ha assunto la carica di direttore artistico del Royal New Zealand Ballet.

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Caro Francesco, come sei arrivato alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala e quali ricordi conservi?

Quelli della Scuola di ballo alla Scala sono ricordi meravigliosi. Lì ho imparato a danzare ma soprattutto sono diventato un uomo al quale sono stati dati principi di onestà e rigore che ancora oggi porto con me.

Del periodo dell’Accademia Scaligera vuoi ricordare qualcuno in particolare? Chi ha creduto maggiormente nelle tue doti?

Beh sicuramente tutti i miei maestri e la mia allora direttrice Anna Prina che negli anni, anche dopo la scuola hanno continuato a seguirmi e consigliarmi.

Quali sono i ruoli che hai prediletto nel ruolo di danzatore?

Tutti. Ho sempre sentito come una grande benedizione poter essere sul palcoscenico. Certo alcuni incontri mi hanno profondamente segnato, come quello con Roland Petit, W. Forsythe, Praljocaj e Kylian. Ho avuto il privilegio di poter incontrare artisti immensi come Sylvie Guillem o Béjart, dai quali ho cercato di “ascoltare” tutto il possibile.

Quali sono stati, finora, i momenti più importanti ed emozionanti della tua carriera, quelli che hanno determinato una svolta nella tua vita professionale e anche nella tua crescita interiore?

Ogni volta che accade qualcosa di speciale nella mia carriera penso che sia quello il momento più importante, ma poi mi rendo conto che quell’esperienza non ha fatto altro che pormi nella condizione di dover lavorare di più per crescere ancora un pezzo.

Qual è stato lo spettacolo che ha segnato il passaggio da danzatore a maestro di danza?

Forse Il mare in Catene per la Biennale di Venezia nel 2006. Lì ho capito che forse avrei potuto utilizzare la danza anche per raccontare il mio punto di vista sul mondo.

Come si riconosce un buon maestro di danza e anche una capace Scuola di danza?

Un buon Maestro si riconosce dai propri allievi.

A tuo avviso qual è la differenza tra la danza in Italia e all’estero?

Questa domanda è difficilissima. L’Italia ha delle Scuole molto buone che formano straordinari artisti di talento. Purtroppo però il sistema danza in Italia è fermo a quaranta anni fa e ci sono cose sbagliatissime che andrebbero modificate e adeguate a quello che accade nel resto del mondo, altrimenti i danzatori italiani continueranno ad abitare i corpi di ballo fuori dal paese e a farne la fortuna.

A tal proposito, cosa conservi del tuo periodo alla direzione del Maggio Danza?

E’ stato un periodo ricchissimo di molte esperienze. Alcune estremamente positive ed edificanti. Ho imparato molto a Firenze e insieme ad alcuni bravissimi artisti e al mio prezioso staff ho raggiunto buonissimi ed importanti risultati. Purtroppo però mi sono anche scontrato con la pochezza e la miseria delle contraddizioni di un sistema sbagliato supportato da regole e ingessature che tutto hanno fatto tranne sostenere l’arte e gli artisti. La storia ha già raccontato il seguito. Oggi posso dire che porto comunque Firenze e tutti quei giorni nel cuore con dei bei sorrisi.

Cosa pensi dei talent televisivi, pensi che possano veramente aiutare la danza?

Potrebbero, ma il messaggio viene veicolato male e con poca competenza della materia.

La ballerina e il ballerino nel panorama attuale, a cui riconosci l’eccellenza?

Ce ne sono alcuni che stimo moltissimo e li seguo con attenzione.

Qual è il balletto che hai più amato?

Il Lago dei Cigni e lo Schaccianoci restano i titoli del cuore.

Cosa consigli ai giovani che desiderano seguire l’arte della danza?

Di educare la propria anima alla bellezza e solo dopo il proprio corpo alla danza. Tersicore richiede totale abnegazione, bisogna interrogarsi con onestà prima di intraprendere la carriera.

Credi che partecipare ai Concorsi di danza sia un buon inizio per la carriera di danzatore professionista?

Assolutamente sì, ma dipende dal Concorso, dalla giuria e dai premi. Le targhe non servono a molto, le borse di studio in scuole serie, sì.

La differenza tra l’essere un bravo interprete e un bravo insegnante?

Nessuna relazione tra le due cose. Per entrambi è necessaria un’attitudine seguita da una preparazione, ma essere stato un buon danzatore non sempre abilita ad un buon insegnamento.

Secondo te, in passato, chi ha segnato e ha fatto la differenza nella danza a livello mondiale?

Beh molti, ma quasi tutte donne. Alcuni grandi cambiamenti nella danza sono stati generati da donne.

Hai creato molte coreografie. A tuo avviso cosa non deve mai mancare nella creazione di un balletto per essere un coreografo in grado di soddisfare le esigenze del pubblico?

La necessità primaria per un coreografo è “avere qualcosa da dire”. Poi si pone il problema di riuscire a farlo.

Quali sono i coreografi del passato che hai amato maggiormente e quelli del presente?

Osservo tutto il passato come una grande fonte di insegnamento e ispirazione. Guardo al presente con sentimenti di confronto costruttivo e permanente.

Danza accademica e danza moderna: possono comunicare tra loro?

Certo assolutamente, attraverso artisti sensibili e colti questa comunicazione risulta a volte straordinaria.

Qual è l’arte che ami maggiormente dopo la danza?

La musica, la scultura e… la cucina!!!

Come coreografo hai creato per danzatori del calibro di Roberto Bolle, Ulyana Lopaktina e Svetlana Zakharova e per prestigiosi teatri quali l’Arena di Verona, il Bolshoi, il Mariinsky. Da dove nasce la tua creatività? A cosa ti ispiri maggiormente?

Partendo dal “COSA” raccontare mi metto in ascolto dell’artista che ho di fronte e cerco di raccontare attraverso il suo universo umano mettendo il mio sulle sue frequenze.

Sei stato recentemente nominato nuovo direttore artistico del Royal New Zealand Ballet. Com’è avvenuta questa nomina e quali sono i tuoi sentimenti per un impegno così prestigioso?

Sono estremamente felice ed emozionato. Dirigere una compagnia Nazionale come quella Reale della Nuova Zelanda è una grande responsabilità e un privilegio che accolgo pieno di entusiasmo. Ci sono mille progetti e possibilità. Ho firmato per i prossimi quattro anni e succedo ad Ethan Stiefel che ha fatto un lavoro straordinario. Il mio intento è quello di continuare su questa strada raggiungendo tutti i sogni che ho per quella Compagnia e per i suoi danzatori.

Quali sono i tuoi programmi futuri?

Sono da pochi giorni in Nuova Zelanda e il mio programma è quello di FAREFUTURO e di iniziare a farlo il prima possibile.

Per concludere ti chiedo un tuo pensiero sul mondo della danza?

Gli artisti sono i custodi della bellezza del mondo, in quanto tali vanno protetti e supportati. Attraverso di essi le arti prendono forma e vivono. La danza è un’arte fragile. Mi auguro che tutte le persone chiamate a gestire la cultura, sentano sempre forte la responsabilità di preservarla e creare le condizioni migliori e gli investimenti per continuare a produrre. Le platee piene sono il sintomo della buona salute di un Paese.

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