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Mio figlio era come un padre per me

fotoCompagnia Fratelli dalla Via

di e con Marta Dalla Via, Diego Dalla Via

direzione tecnica Roberto Di Fresco

partitura fisica Annalisa Ferlini

assistente di produzione Veronica Schiavone

18° edizione della Rassegna Scenari Pagani

Direzione artistica Nicolantonio Napoli

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Cassette di plastica come mattoncini lego, colorati elementi da scomporre e ricomporre nell’ infinito gioco delle costruzioni. Non più bambini e non ancora adulti, ai lati di una tavola di legno poggiata in bilico sulle cassette e sulle gambe, intenti ad uno strano gioco: scartano cioccolatini, li mangiano avidamente e lasciando cadere la carta rossa del boerio si sfidano gridando numeri, che sicuramente non sono casuali, ma difficili da decifrare nella loro apparente semplice conseguenzialità. Uno, tre, due si ripetono, ma, improvviso, arriva il numero 13. Uno dei due ha vinto e conduce il gioco.

È proprio un gioco grottesco, irreale, crudele e irriverente nella sua drammaticità a far da filo conduttore all’intero spettacolo. Due attori: una sorella ed un fratello riportano in scena la complicità già sperimentata nella vita reale. Masticano un accento marcato e stretto, incomprensibile nelle parole, ma palese nei significati, (a tratti sembra quasi gramelot) gridano il loro disagio di figli privilegiati, prigionieri del privilegio, vittime di una società che gli ha dato tutto tranne la possibilità di sognare il futuro.

Noi siamo nati nella cipria. Mio padre è nato povero poi è diventato ricco. La prima generazione ha lavorato. La seconda ha lavorato e risparmiato. La terza ha lavorato, risparmiato e sfondato. Poi siamo arrivati noi…”

Soffocati nella azienda di famiglia, aggrovigliati ed impantanati in un vita determinata dai genitori, progettano la loro vendetta. Qual è il modo migliore per farli soffrire? Un suicidio collettivo farebbe morire il padre e la madre di crepacuore! Ma in che modo organizzare il suicidio? Si divertono ad inventare ed ipotizzare espedienti e situazioni per attuare il loro disegno senza lasciare tracce. Ci si può lasciar morire digiunando o mangiando solo polenta precotta?

Ma la vita riserva sempre delle sorprese e i due fratelli sono spiazzati dal suicidio del padre e della madre, che hanno anticipato le loro mosse.

Il padre tutto dedito al lavoro (pavimenti in legno famosi in tutto il mondo, anche in America) e la madre ex reginetta di bellezza (frequentatrice assidua di cliniche estetiche per rifarsi il seno e il resto) non hanno retto alla crisi! I figli cercano fra le cassette-arredamento il testamento. Polenta! Tonnellate di polenta! E lettere di addio.

L’atmosfera è ovattata impregnata, satura dalla pressione che la crisi economica ha provocato nel nord -est oltre che in tutto il paese. Generazioni di imprenditori hanno costruito le loro aziende con amore, impegno e fatica ma tutto è crollato come la fortezza di sabbia travolta da un’onda inattesa ed ora? Rimangono i figli viziati, impreparati a gestire debiti e fallimenti, inadeguati e sperduti in balia degli eventi, in una landa desolata da cui è difficile intravedere la salvezza.

Lo spettacolo scivola leggero e divertente, movimentato dal gioco continuo delle combinazioni delle cassette colorate che stimolano lo spettatore ad indovinare il risultato della costruzione. Cosa sarà? Cosa faranno ora? È un’evoluzione scenografica che rende plastica l’azione scenica e ironicamente, quasi cinicamente incornicia il tema di scottante e dolorosa attualità.

Il testo originale ed interessante, si impone prepotente nel panorama di una nuova drammaturgia.

(Spettacolo vincitore Premio Scenario 2013)

Marta Dalla Via e Diego Dalla Via fratelli nella vita, oltre che nella scena sono vivaci e divertenti, elastici e bizzarri, fantasiosi e stravaganti. Una ventata di novità!

Incuriosiscono i costumi di scena e sorprendono le trovate scenografiche.

Inatteso, coinvolgente e liberatorio il finale.

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