martedì, Aprile 23, 2024

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Luca De Filippo – Ritratto dell’ultimo fuoco

fotoLa gente lo ripete piano, lo sussurra, “Guarda, è morto De Filippo”, e tutti si portano la mano alla bocca, come a voler dire “Cosa hai detto?”, è una bestemmia, non può essere, un altro De Filippo che muore, così giovane, poi. Muore, purtroppo per davvero, Luca De Filippo, l’uomo che ha retto la fiaccola del teatro napoletano dopo la morte del padre Eduardo, con quel volto severo e spigoloso, che non era interessato a piacere, ma con la bontà d’animo tipica della gente onesta. Si presentò al grande pubblico a sette anni, figlio di cotanto padre, con delle piccole parti che Eduardo – val bene chiamarlo con il nome, patrimonio di una nazione ormai culturalmente e moralmente abbrutita – cuciva per lui misura. Fu un battesimo. Fu, soprattutto, incoscienza, per quel bambino, così piccolo, con un padre tanto anziano, senza la madre e la sorella, entrambe morte. Chissà se Luca De Filippo, a sette anni, per la prima volta sulle scene, ha avuto paura. Chissà se ha temuto che la vita fosse un fallimento a vent’anni – vent’anni, si sa, è l’età della paura per coloro che sono baciati dagli dèi – quando sui manifesti di un suo spettacolo fece scrivere “Luca Dalla Porta”. Proprio così, Dalla Porta, come si scriverebbe Rossi o Bianchi, come a volersi nascondere dalla fama paterna, nel timore di apparire uno tra i mille figli d’arte di questo sfortunato e bellissimo Paese. Luca De Filippo ha forse impiegato una vita per affrancarsi dal padre – quale movimento più innaturale, per un figlio – senza mai dubitare, però, dalle opere del genio di Eduardo De Filippo, consapevole che quel fuoco andava tenuto vivo, e che lui, proprio lui, era legna da ardere. Esce, da questa giornata di lutto, la figura di un uomo eroico, per ciò che è stato – un grande attore, un ottimo regista – e per ciò che non è stato, ossia una copia, un’immagine sbiadita. Le opere cui ha preso parte – da protagonista, da comprimario, da regista – sono tante, troppo lunghe da elencare. Ci affidiamo, allora, alla memoria. Che sia lunga e lucida nel ricordare un uomo grande, troppo grande.

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