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Intervista a Giuseppe Salvati

fotoGiuseppe Salvati è un autore e interprete di Giugliano in Campania (NA); formatosi artisticamente nella stessa città di Napoli presso la scuola del Teatro Totò, pochi mesi fa ha presentato il suo spettacolo, scrittura originale dal titolo “Gli uomini che non ho amato”. In quest’intervista ci parla della sua idea di teatro e delle relative prospettive, anche in merito alle difficoltà che artisti che si autoproducono come lui hanno nel perseguire i propri progetti.

Giuseppe, lei si è formato come attore presso la scuola di recitazione del Teatro Totò e dopo diverse esperienze teatrali, qualche mese fa ha debuttato il suo spettacolo al teatro Il Primo di Napoli dal titolo “Gli Uomini che non ho amato”. Qual è il suo rapporto “artistico” con la stessa città di Napoli?

Si, qualche mese fa ho presentato questo nuovo progetto teatrale scritto e diretto da me e come si evince dal titolo si tratta di uno spettacolo evocativo ed intimistico. Ho descritto tipologie maschili vittime delle loro debolezze. Uno spettacolo di parola e di musica, scomodo e intricato dove la parola e il suono si fondono quasi in un rapporto di coessenzialità. Per quanto riguarda il mio rapporto artistico con Napoli, posso dire che è un rapporto di amore e odio. Napoli dal punto di vista teatrale è molto legata alla tradizione, io cerco di sperimentare nuovi linguaggi a teatro e con grande difficoltà poiché la dissomiglianza viene sempre digerita malvolentieri.

In una sua intervista sottolineava la scarsa promozione che il teatro gode in provincia, una questione che forse le sta a cuore essendo lei di Giugliano in Campania, e ciò fa venire in mente la mancanza di spazi che tante giovani compagnie che si autoproducono come lei, lamentano al di fuori dei circuiti “metropolitani”, spesso molto ingessati in merito a proposte e novità. Come vive concretamente questo problema e quanto può costituire una difficoltà nel perseguire i suoi progetti?

In provincia diventa ancora più complicato trovare spazi per esibirsi, poiché non esiste una programmazione artistica e un calendario di manifestazioni cui poter accedere per presentare i propri progetti. Io mi autoproduco e ogni volta che faccio un nuovo spettacolo devo cercare zone “franche” per presentare il mio progetto teatrale. Anche i cartelloni dei teatri napoletani sono intasati di spettacoli e finti colossal … è un business clientelare. I direttori artistici dei teatri a Napoli si limitano solo a fornire una sorta di tariffario con prezzi e percentuali. A me non hanno mai chiesto quanto impegno ci fosse dietro ad uno spettacolo che proponevo o cosa avessi voluto rappresentare. Ovviamente essendo io “altro” pago il fio di venire dopo gli amici, gli amici dei parenti, le amanti e i leccapiedi.

Nel suo curriculum artistico vi sono anche esperienze legate alla tradizione napoletana come “‘O Scarfalietto” di Scarpetta o, se vogliamo, “Assassinio nella cattedrale” di Stearns Eliot. Tradizione o scrittura originale, se dovesse scegliere cosa prediligerebbe e perché?

Senz’altro scrittura originale. Io sono essenzialmente autore e mi piace rappresentare le storie che scrivo. Non disdegno però esperienze teatrali che possano arricchire il mio bagaglio artistico come quelle importanti che lei ha citato.

Certamente glielo chiedono in molti e speriamo sia per lei di buon auspicio. Ha nuovi progetti in cantiere?

Sto scrivendo il mio prossimo spettacolo tutto incentrato sui vizi e le verità celate, insomma ciò che nascondiamo e che implodiamo nell’anima.

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