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Bruno Vescovo, già Primo Ballerino della Scala

fotoBruno Vescovo si è diplomato alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala nel 1968 e all’età di diciannove anni ed è entrato a far parte del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala divenendone in breve tempo Solista e Primo Ballerino. Da allora Bruno Vescovo ha iniziato una brillante e intensa carriera danzando innumerevoli ruoli classici e moderni nelle produzioni dei più grandi coreografi di fama internazionale quali Nureyev, Cranko, Fascilla, Lichine, Amodio, Blaska, Pistoni, Bejart, Flindt, Taras, Bortoluzzi, Balanchine, Alonso, Skibine, Millos, Cullberg, Massine Sr e Jr, Gai, Buttler, Cannito, Bruhn, Kilian, Van Mannen, Cauley, Martinez, e contemporaneamente studiando con prestigiosi insegnanti. Con la Scala ha danzato come Principal al Metropolitan di New York, a Buenos Aires, a San Paolo di Brasile, a Rio de Janeiro, a Ottawa, a San Francisco, a Saint Louis e ad Atlanta. Ospite dell’Arena di Verona ha danzato in Germania, Olanda, Francia e Svizzera. Don Chisciotte, Romeo e Giulietta, Lo Schiaccianoci, La Bella Addormentata nel Bosco, Lago dei Cigni di Nureyev; Graduation Ball di Lichine; Esoterik Satie di Lorca Massine; Excelsior di Dell’Ara; Notte Trasfigurata di Cauley; Tricorno e Pulcinella di Leonide Massine; Jeux de Cartes, The Lady and the Fool, Bisbetica Domata, Romeo e Giulietta di Cranko; Giselle (varie riprese coreografiche); Fille Mal Gardée di Spoerli; Anna Frank, Romeo e Giulietta, Coppelia, Bella Addormentata di Fascilla; Cenerentola di Bortoluzzi; Coppelia di Martinez; Petrouchka di Fokine-Beriozoff; Lago dei Cigni di Field e Beriozoff; Uccello di Fuoco, Nona Sinfonia di Bejart; La Peri e Pulcinella di Gai; Carmina Burana di Buttler; Dafni et Cloe di Skibine; Principe delle Pagode di Wilson; Mirandolina di Rodriguez; La Silphide di Bournonville-Flindt; Hammer Klavier di Van Mannen; Sinfonia in D di Kilian; Paquita di Petipa; I Quattro Temperamenti, Serenade, Allegro Brillante, Ciaikovsky Pas de Deux di Balanchine e molti altri. Dal 1986 è stato Assistente alla Coreografia al Teatro alla Scala. L’ultimo ruolo da Primo Ballerino alla Scala è stato “Rothbart” nel Lago dei Cigni di Nureyev nel 1994, dopo di che ha cominciato a collaborare come Maitre de ballet et Professeur presso vari enti lirici e scuole private.

Carissimo Bruno, iniziamo questa intervista con i tuoi primi ricordi legati al mondo della danza, al di là della Scuola di Ballo della Scala, i tuoi primi approcci coreutici?

Dunque i miei primi ricordi sulla danza risalgono a tantissimi anni fa, rammento mio padre che mi portava alla Scala. Pur abitando fuori Milano ci recavamo spesso al Teatro del Piermarini ad assistere sia ad opere, perché lui era un melomane, sia a vedere balletti. Uno dei ricordi più belli che ho in mente risale al 1959, quando non ero ancora iscritto alla Scuola di Ballo ma vidi il famoso “Romeo e Giulietta” di Cranko con interpreti Vera Colombo, Mario Pistoni, Roberto Fascilla, Walter Venditti, Bruno Telloli e da lì nacque il mio interesse, non tanto per la danza, quanto per la musica, infatti desideravo diventare un concertista, amavo il pianoforte e mio padre invece mi disse “tu non diventerai concertista ma bensì sarai un ballerino, anzi non diventerai ballerino ma primo ballerino” e io rimasi meravigliato. Allora c’erano ancora tanti prati e giocavo nei campi con i miei amici, per me non era nei progetti la danza però coltivavo l’amore per la musica… questi sono i primi ricordi che ho del mondo culturale.

Com’è avvenuto poi il tuo ingresso alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano?

Mio padre e mia madre mi hanno iscritto alla Scuola di Ballo e anche qui conservo splendidi ricordi perché la mia primissima insegnante era la signora Elide Bonagiunta, la quale era stata Prima ballerina della Scala, ma soprattutto una delle ultime allieve dirette di Enrico Cecchetti e quindi ho avuto i miei primi tre anni di studio con lei seguendo il metodo Cecchetti e marginalmente quello Vaganova ma Cecchetti imperava ed io sarò eternamente grato alla signora Bonagiunta. E poi naturalmente c’era la signora Esmée Bulnes, la signora Carola Zingarelli proveniente dall’Ungheria e mia seconda insegnante: donna straordinaria con una forza incredibile che unitamente alla Bulnes mi hanno inculcato tutti quelli che erano e sono i rudimenti della danza accademica, senza dimenticare un altro mio grandissimo insegnante, il maestro Giulio Perugini, primo ballerino alla Scala che mi ha insegnato dalla A alla Z, partendo dal partneraggio: siccome ero abbastanza piccolino di statura lui insisteva per affidarmi ballerine più alte di me mettendomi in difficoltà e io non apprezzavo sempre questa sua testardaggine, ma in seguito ho capito l’importanza di quel gesto, perché poi durante la mia carriera ho avuto la possibilità di danzare con partner piccole, alte, medie…

Che ricordo hai del giorno del diploma?

Ma allora era molto semplice il giorno del diploma, a differenza di adesso. Il diploma veniva consegnato come in una lezione qualsiasi di fine anno durante l’ottavo corso. Al termine della lezione stessa venivamo chiamati uno per uno con l’attribuzione del diploma, che non è il fogliettino che dei giorni nostri, ma bensì un Diploma vero e proprio in pergamena dove c’era scritto “dopo aver frequentato otto anni di studio Bruno Vescovo viene abilitato alla professione”.

E poi cosa successe?

Da lì subitissimo ho preso parte al Concorso Nazionale e l’ho vinto immediatamente. Ho finito la scuola a giugno e a metà agosto di quell’anno, il giorno 16 del 1968 il Corpo di ballo scaligero rientrava dalle ferie ed io automaticamente entrai a farne parte.

Così ebbe inizio la tua splendida carriera?

Ho fatto pochissimo Corpo di ballo anche se si faceva tanta gavetta, sono diventato subito Solista anche con parti da primo ballerino. Infatti una cosa desueta per i tempi d’allora era il fatto che dopo pochissimi anni fui nominato Primo ballerino del Corpo di ballo della Scala. Vigeva una gerarchia molto forte e rispettata e questa piramide godeva di grande considerazione. Anche lì ho avuto la fortuna, oltre ad essere dotato, di avere come direttore John Fields che era stato primo ballerino al Royal Ballet e più volte partner di Margot Fonteyn, il quale mi ha realmente affidato fior di ruoli; quelli che poteva darmi anche perché non gli era permesso oltrepassare e rompere i canoni di quei tempi…

Tra tutti i ruoli che hai interpretato a quali sei maggiormente affezionato?

Allora quando si faceva Giselle, la nostra era quella riprodotta da Yvette Chauviré, in cui non era contemplato il passo a due dei contadini… sono stato il primo interprete di questo pas de deux: un motivo di grandissima soddisfazione, anche in virtù del fatto, che il suddetto ruolo è stato uno dei primissimi da me interpretati, che mi ha reso noto al pubblico milanese della Scala acquisendo in seguito la popolarità. Poi ho iniziato a circuitare, diventando solista e primo ballerino, danzando in qualità di ospite anche in vari altri teatri dove c’erano ancora stabili i Corpi di Balli… parlo ad esempio della Fenice di Venezia, del Teatro Verdi di Trieste, del Comunale di Bologna, del Bellini di Catania e tanti altri in cui ho danzato come guest ma soprattutto mi sono esibito in svariati spettacoli come partner accanto a Carla Fracci e alla sua Compagnia, partecipando a diverse sue produzioni.

Hai avuto la fortuna di danzare oltre con Carla Fracci con tante altre danzatrici?

Partner alle quali sono particolarmente legato ed affezionato oltre a Carla Fracci ci sono Anna Razzi, Oriella Dorella, Anna Maria Grossi, Barbara Geroldi… parlo di tutto il gotha della danza e mi scuso se mi sfugge qualche nome ma la mia carriera è stata lunga.

A proposito quando hai dato l’addio alle scene?

L’addio vero e proprio è stato vent’anni fa esattamente, nella stagione 1996/1997 sul palcoscenico del Teatro Verdi di Trieste in un balletto, insieme a Carla Fracci, che si intitolava “Per Elisabeth” perché in quell’anno inauguravano una statua in onore della principessa Elisabetta di Baviera meglio conosciuta come Sissi e allora Beppe Menegatti, grandissimo regista nonché marito della Fracci, ha creato su commissione questo balletto dove ognuno di noi ricopriva un ruolo più o meno importante e con quell’allestimento ho calcato, in veste di ballerino, le tavole del palcoscenico per l’ultima volta. Poi è iniziata la mia seconda carriera e cioè quella di maître ed insegnante.

Durante la tua carriera hai conosciuto celebri personaggi della danza. Mi racconti il tuo incontro con Rudolf Nureyev?

Con Nureyev ho fatto una carriera parallela alla sua, la prima volta che venne alla Scala fu nel 1965 con il Royal Ballet e poi nel 1966 lui creò quella meravigliosa e grandiosa opera coreografia che fu “La Bella Addormentata” pensata per noi, con interprete oltre a lui stesso anche Carla Fracci. Io ero ancora all’interno della Scuola in quell’anno e comunque ho preso parte come Corpo di Ballo perché c’era bisogno di un rinforzo e in seguito ho danzato nel suo “Schiaccianoci”, nel “Lago dei Cigni”, nella “Bella”, nel “Don Chisciotte” che tra le altre cose Rudy mi ha fatto debuttare, nelle vesti di Basilio, nella sua produzione scaligera quando avevo compiuto già trentotto anni e ricordo che gli ho detto “Rudy ma io ho 38 anni!” e lui mi ha risposto: “Bruno io ne ho 48 e ballo ancora Basilio, ballo ancora Schiaccianoci quindi tu puoi fare benissimo questo ruolo”. Con Rudy ho condiviso tantissimi suoi ruoli alla Scala e ne sono felicissimo… quell’epoca è stata veramente un’epoca di full star nel senso che una sera c’era Nureyev, una sera c’era Vasiliev, poi la Fracci e di seguito la Margot Fonteyn senza dimenticare la Maximova e naturalmente le nostre italiane a partire dalla Vera Colombo, Liliana Cosi, Anna Razzi e la Fiorella Cova. Non dimentichiamoci assolutamente di nominare Mario Pistoni in quanto è stato uno dei nostri più gloriosi primi ballerini, poi naturalmente c’erano le étoile Roberto Fascilla e Paolo Bortoluzzi… ne scorderò qualcuno ma erano talmente tanti e tutti bravissimi, ognuno con le proprie peculiarità!

Tornando al tuo ruolo di insegnante come si riconosce un buon maestro e un’attenta scuola di danza?

È difficile questo ruolo, perché tanti maestri purtroppo non hanno avuto l’esperienza diretta del palcoscenico, e quindi conoscono il repertorio per visto, ora c’è youtube e la tecnologia offre una vasta gamma di possibilità al fine di visionare i balletti oppure si diplomano sui libri. Questo porta a un reale pericolo che un insegnante non sia in grado di trasmettere quello che è veramente l’atmosfera di un balletto, e per un ballerino o una ballerina, è difficile identificare la sostanziale differenza tra uno Schiaccianoci da un Lago dei Cigni, oppure un Don Chisciotte o una Coppelia perché certamente un arabesque è sempre un arabesque, ma non è così, perché l’arabesque viene effettuato in funzione di quello che si sta interpretando. Allora perché dico questo? perché l’interpretazione si è quasi persa e non solo, oggi come oggi, la danza classica è al limite con la ginnastica artistica perché gli atleti si esibiscono con fisici stupendi nella loro perfezione, ma attenzione perché esiste anche un cuore ed un’anima, che devono comunque essere superiori alle possibilità fisiche. Io con il mio corpo parlo ma devo trasmettere attraverso i sentimenti… Ecco perché dico insegnante e non dico maestro… il maestro è tutt’altra cosa e io modestamente mi reputo un maestro.

La danza è cambiata negli ultimi anni?

Certamente, non voglio essere polemico, però la danza è cambiata, le linee sono cambiate… quando è nata Giselle e tutti gli altri capolavori del Novecento le ballerine non alzavano le gambe a 180 gradi, non esisteva proprio come linea perché erano imbustate e per tanti altri motivi. Mentre adesso si ha questa necessità di voler alzare le gambe, di fare le spaccate che però non c’entrano niente con il repertorio; è come se io facessi cantare una Traviata, accompagnato da un’orchestra ritmica, in cui saranno pur bravissimi ma non c’entrano niente con la musica di Giuseppe Verdi, anche perché l’emissione di voce non può più essere giustamente quella dell’Ottocento in quanto anche lì c’è stata una evoluzione… però una Traviata non può essere cantata da una rockstar! La stessa cosa vale nella danza, bisogna assolutamente rispettare gli storici canoni accademici.

Per concludere un tuo pensiero sulla danza? Cosa ti ha regalato oltre al successo?

La danza mi ha dato tantissimo però non ho rimpianti, perché ho avuto talmente tanto e penso di aver ripagato appieno, anche perché non mi è stato regalato nulla. Non ho rimpianti, la vita continua ma sono contento di appartenere al mondo del teatro e della danza e delle scuole perché non bisogna dimenticare, che attualmente nel panorama nazionale, ci sono realtà di studio stupende al di là delle accademie che possono essere quelle della Scala di Milano, dell’Opera di Roma e del San Carlo di Napoli ma ci sono scuole private che sono anche meglio in termini accademici, autentiche eccellenze…

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