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Uto Ughi e Bruno Canino al Teatro Verdi di Firenze

fotoQuesta volta ho deciso di scrivere una recensione diversa.

I due maestri, Uto Ughi e Bruno Canino, in scena al teatro Verdi di Firenze il 24 maggio scorso, non hanno certo bisogno di presentazioni, né tanto meno dei miei elogi, che potrebbero risultare, in questa occasione, persino scontati.

Credo, dunque, possa essere più utile e corretto condividere con voi lettori le emozioni da loro provocatemi, come in un diario.

Quanto segue è frutto di uno scritto frenetico e spontaneo, figlio di quello che le loro note mi hanno dettato.

Primi due accordi.

È un vortice che ti rapisce e guida la tua penna nella poesia.

Nel silenzio della sala oscura, il cuore aumenta i suoi battiti, il sangue scorre più veloce, il viso si colora di passione, e quasi invidio il giovane che gira le pagine al maestro Bruno Canino e che si pregna di quei nobili vibrati.

Anch’io voglio sentirmi partecipe di questa epifania artistica, e allora, umilmente, scrivo; è quanto di più simile ad una delle arti io possa aggrapparmi.

Intanto la prima aria (Ciaccona in sol minore per violino di Tomaso Antonio Vitali) è stata ultimata; i due escono, rientrano accompagnati da un applauso che non s’è mai fermato… lo stomaco è in subbuglio.

A volte bisogna pensare a respirare, perché il fiato è strozzato, il respiro è corto, quasi si partecipasse alla fatica fisica e all’impegno mentale dei due Maestri in scena. Il respiro è irregolare, guidato dalle pause e sincopi del pentagramma.

Mi ritrovo a tenere il tempo accennando timidi movimenti ritmici col capo, quasi fossi dinanzi ad un coinvolgente concerto rock. Mastico la mia chewing gum a tempo: la mia bocca cassa di risonanza, la mia mandibola metronomo.

Tre dei miei cinque sensi sono del tutto assoggettati alla loro arte.

Durante l’intervallo sono invitati a tornare in scena da un applauso che pare irrefrenabile, loro ci guardano sornioni, come a dire “Non avete ancora visto niente”…

Le esecuzioni sono ovviamente ineccepibili, si affrontano temi come Beethoven, Wieniawsky e Saint-Saëns, ci regalano un fuori programma con “Fantasia sulla Carmen di Bizet”, presentata direttamente dalla voce del Maestro Ughi, ma gli applausi non terminano, e i due concedono alla platea l’esecuzione de “La ridda dei folletti” di Bazzini, come bis.

Gli applausi sono di cuore, spontanei, fino a farsi male.

Il Maestro, a fine concerto, ha incontrato i suoi uditori nel foyer del teatro, per gli autografi.

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