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1927 Monologo quantistico

Andato in scena al Teatro Sala Umberto di Roma

fotoUna foto scattata nel 1927 che ritrae 29 persone, quasi tutti fisici, tra cui 17 erano o sarebbero diventati Premi Nobel, ha stimolato la parossistica curiosità fin dai banchi di scuola di Gabriella Greison, fisica e giornalista dedita alla divulgazione scientifica.

Le informazioni e i documenti raccolti in una accurata indagine svolta a Bruxelles su quei personaggi visionari che hanno cambiato la percezione del mondo e perfino la realtà ponendo le basi della fisica moderna, si condensano in questo spettacolo che è stato presentato a Roma in anteprima, in cui con foto, musica e video per la regia di Emilio Russo la Greison racconta aneddoti, curiosità, risvolti umani e manie dei più grandi cervelli del Novecento che hanno elaborato la Teoria dei quanti scostandosi coraggiosamente dai principi della fisica classica.

Questi incontri, iniziati nel 1911 e che Einstein definiva “witches’ Sabbath” (riposo delle streghe) erano nati dalla volontà degli industriali Alfred Nobel ed Ernest Solvay di utilizzare la loro ricchezza per il bene dell’umanità e il progresso della scienza: il primo decise di premiare le idee, l’altro di favorirne lo sviluppo riunendo gli scienziati in Congressi triennali in cui potessero confrontarsi.

L’olandese Hendrik Lorents, il grande orchestratore dei Congressi Solvay, premio Nobel nel 1902, dovette minuziosamente studiare anche la disposizione dei posti a tavola nella cena di gala conclusiva di quel V Congresso la sera del 29 ottobre alla presenza dei reali del Belgio: Einstein sedeva di fronte a Marie Curie che considerava la più grande scienziata e distante da Bohr col quale si scontrava continuamente.

Tutti accomunati dalla passione per i treni, chi collezionava modellini, chi li usava, Bohr li costruiva con le molliche di pane, eccentrici e visionari, gettarono i presupposti della teoria che modificherà l’interpretazione dell’universo dando origine alla rivoluzionaria tecnologia del XX secolo.

La Greison affascina e cattura l’attenzione svelando con scioltezza, passione e competenza di linguaggio gli aspetti umani poco noti di queste menti eccelse, come Einstein che lavorava all’Ufficio brevetti e sognava di trovare una diversa definizione del tempo, amava l’ozio (“se non si perde tempo non si arriva da nessuna parte”) e aveva paura dei colibrì, o Erwin Schrödinger e il suo esperimento mentale sul paradosso del gatto, o ancora Niels Bohr che descriveva il comportamento dell’elettrone come un’onda o come una particella secondo il punto di osservazione. La forza dirompente di tali nuovi concetti indusse Richard Feynman ad affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica e chi afferma di capirla o mente o è pazzo.

Infine, un omaggio a Paul Dirac, lento e taciturno, appassionato delle stazioni e tiranneggiato dal padre sull’uso corretto della grammatica, cantore della bellezza della matematica. La sua ricerca di un’espressione matematica esteticamente bella si realizza nella formula che descrive il comportamento quantistico della particella elementare, il cosiddetto fenomeno quantistico dell’«entaglement», che suggerisce una nuova visione filosofica del mondo: se due sistemi interagiscono e si crea fra essi un forte legame, posti a distanza continueranno a influenzarsi a vicenda.

Questa definizione corrisponde all’amore, sostiene la Greison! Tale formula, infatti, è molto diffusa sui social network e utilizzata come metafora dagli innamorati.

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