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“L’anatra all’arancia” al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 10 aprile

Romanzo scritto dall’inglese W.D. Home, rivisitato in chiave teatrale come vaudeville dal francese Sauvajon, L’anatra all’arancia è diventato in breve un classico del teatro contemporaneo, irresistibile pochade che indaga con spensierata leggerezza e un pizzico di malizia le dinamiche dei rapporti di coppia. Ben ne coglie allora tutti gli aspetti più noti Ennio Coltorti che, con una regia frizzante e dinamica, coglie la vivacità dei ritmi, la brillantezza dei dialoghi, infiocchettando uno spettacolo spensierato, ma arguto. Tradotta e adattata dal regista in collaborazione con Nino Marino e Antonia Piccolo, la commedia viene in questa occasione “italianizzata” e attualizzata con battute sagaci e riferimenti ad hoc, senza perdere lo smalto degli illustri precedenti. Siamo nella ricca Brianza, nella lussuosa abitazione degli agiati coniugi Ferrari. Gilberto (Corrado Tedeschi) diventa qui uno sceneggiatore di successo, sempre simpatico mascalzone, affascinante e farfallone, nonché incallito fedifrago. Quando scopre che la (apparentemente) devota e annoiata moglie Lisa (l’instabile Deborah Caprioglio), stanca dei suoi continui tradimenti, sta per partire per Parigi con il giovane amante, l’aristocratico, bello e noioso Leopoldo Serravalle-Scrivia, escogita allora un diabolico e arguto piano per riconquistarla, stuzzicando la sua gelosia grazie alla sensuale e svampita segretaria Patty Pat. Notissimo ai più per le innumerevoli versioni teatrali del testo e il famoso film di Salce con Ugo Tognazzi e Monica Vitti, il lieto fine è dietro l’angolo, prevedibile e atteso, ma è un piacere assistere al parapiglia in atto in una messa in scena dal ritmo fluido, vivace, ma sempre composto, mai eccessivo o volgare. Se la commedia assume a tratti i caratteri della farsa, alquanto amplificata dalla recitazione carica di fisicità, non manca lo smalto né la brillantezza del testo originale con meccanismi perfettamente oliati che resistono indenni agli anni, a dimostrazione che tutto il mondo è paese e che le dinamiche dei rapporti di coppia, fra gelosia e tradimento, sono sempre le stesse, in Inghilterra, come in Francia come in Italia. Ben collaudata l’intesa fra Corrado Tedeschi e Deborah Caprioglio. Lui è un Gilberto simpaticamente marpione e mascalzone, contraddistinto dall’innata garbatezza, mai volgare di Tedeschi che gigioneggia nella parte, lei è una Lisa particolarmente angosciata che si torce le mani dall’indecisione, un po’ svagata, un po’ annoiata, e c’è da dire che formano una bella coppia dando vita a interessanti “scontri” verbali, fra ironia e verità annidata sotto l’apparente leggerezza delle parole. Mino Manni è un compassato aristocratico Leopoldo, un po’ vanesio, un po’ ottuso, un po’ ingessato e perché no, reso anche giustamente un po’ antipatico, svampita e maliziosa quanto basta, Samantha Fantauzzi veste i succinti panni della segretaria Patty Pat e Gioietta Gentile è l’arzilla colf impicciona che parla un esilarante dialetto lombardo impegnata nella preparazione dell’anatra all’arancia, piatto clou del viaggio di nozze dei coniugi Ferrari. La buona rivisitazione di un classico, da godersi senza impegno per ridere e sorridere. In scena al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 10 aprile.

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