Per due intensissime ore l’inesauribile attore e co-autore, da solo sul palco, sequestra il pubblico ricostruendo avvenimenti, volti e ambienti con la sola forza della sua parola e dei suoi gesti. Ogni monologo di Paolini è un viaggio attraverso la memoria e la sua parola trasforma la storia in immagine, apre e richiude squarci nel tempo. E riesce spesso a divertire. Questa volta il soggetto sottoposto ad una vera lectio magistralis è Galileo Galilei, astronomo e matematico, padre della scienza moderna. Una lezione in forma divulgativa e didattica di temi di straordinario spessore sociale, etico, filosofico tra fede, ragione e superstizione (oroscopi). Paolini introduce con leggerezza, ma con notevole chiarezza lo spettatore nel difficile discorso sui massimi sistemi passando da Platone a Tolomeo da Aristotele a Copernico a Keplero. E’ il tema dell’intima lotta fra il bene e il male, della libertà di scienza, della sua funzione di veicolo di verità. Le sue scoperte influenzeranno Newton, Einstein e col rischio implicito che il potere della ricerca possa esondare in territori privi di argini morali (Hiroscima e, io dico, eugenetica). La rivoluzione galileiana mette in discussione problemi storici, scientifici e morali. Problemi che sono di straordinaria attualità. E’ a tratti esilarante l’attore quando racconta la scoperta del cannocchiale (cannone occhiale) e l’accusa (fondata) a Galileo non di aver scoperto ma solo perfezionato quello strumento ottico che arrivava dall’Olanda a prezzi stracciati….
Paolini narra la vita di Galileo dall’infanzia agli ultimi anni di vita quando ottantenne, pur agli arresti domiciliari (a seguito dell’abiura), riusciva a divulgare le sue ultime scoperte.
Quella dell’attore è stata un’interpretazione a tratti dolente, spesso ironica ma sempre misurata. Ha saputo magnificamente esprimere il vitalistico, libero cinismo di Galileo, il doloroso razionalismo dello scienziato combattuto fra fede e ragione, la sua fredda ambiguità, la voracità intellettuale del genio contrapposto alle debolezze umane, la malinconica solitudine dell’uomo non-eroe consapevole dei suoi cedimenti e compromessi. Nel suo mutevole registro interpretativo Paolini, con la sua ricchezza di colori esalta le contraddizioni del personaggio con le sue ombre e le sue luci. La lectio termina sulle note di un rock sparate al massimo volume mentre l’affabulatore sta a cavallo di una bomba-pendolo.