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La bottega del caffè

Dopo il debutto la scorsa stagione al Teatro Comunale di Treviso, la produzione del Teatro Carcano La bottega del caffè ha affrontato una tournée che ha toccato, tra le altre città, Firenze, Trento, Brindisi, Bolzano, Brescia, la Spezia, Milano, Pavia. Nelle presente stagione, oltre alla rentrée al Teatro Carcano, lo spettacolo sarà a Vicenza, Mestre, Lodi, Novara, Trieste, Varese, Lamezia Terme. Grande il successo di pubblico e ottime le recensioni che hanno parlato di “allestimento senza leziosità e manierismi”(Corriere della Sera); “azione che scorre con il giusto ritmo; disegno dei personaggi nitido e preciso”(Avvenire), “sorprendente attualità della commedia”(Libero), “spettacolo goldoniano fino in fondo, tradizionale e innovativo insieme” (Studi Cattolici).

Punti di forza la regia – rigorosa e, nel contempo, discreta – di un esperto goldoniano come Giuseppe Emiliani; la recitazione dell’affiatata compagnia, con una menzione speciale per Antonio Salines, un Don Marzio campione di maldicenza e pettegolezzo; le scene di Guido Fiorato ispirate a quelle create dal suo maestro Emanuele Luzzati per l’indimenticata edizione del 1989 al Teatro Romano di Verona, protagonista Giulio Bosetti per la regia di Gianfranco De Bosio.

 

Andata in scena nel 1750, la commedia si svolge in una piazzetta di Venezia, sulla quale si affacciano tre botteghe: il laboratorio del barbiere, la bisca di Pandolfo e il caffé di Ridolfo. Uomo dabbene, che svolge il suo mestiere con passione ed onestà, Ridolfo si rammarica perché Eugenio, figlio del suo defunto padrone, è schiavo della passione del gioco che lo sta portando inesorabilmente alla rovina. Ma la vera rovina è l’inclinazione al pettegolezzo di Don Marzio, gentiluomo napoletano, il quale rivela subito che Eugenio ha impegnato con lui gli orecchini della moglie Vittoria e che fa segretamente visita a Lisaura, la ballerina protetta dal conte Leandro. Il giovane, alla mercè del biscazziere Pandolfo e dell’infido Leandro, non dà ascolto a nessuno e si occupa da un lato di ottenere i favori della ballerina, dall’altro di offrire protezione a Placida, una pellegrina giunta a Venezia in cerca del marito. Tutti i nodi verranno al pettine quando Eugenio, esaltato da una modesta vincita, offrirà una cena nelle stanze della bisca …

Protagonista della commedia è l’occhialetto, diabolico strumento, col quale Don Marzio, seduto al caffé, spia indiscretamente tutto e tutti, sforzandosi di vedere anche quello che effettivamente non è.

Ciò che caratterizza questo capolavoro goldoniano è l’estrema concretezza con cui sono fuse l’evocazione dello sfondo ambientale, il dipanarsi dell’intreccio imperniato su pettegolezzi, manie, stravaganze, imbrogli e finzioni, e il disegno geniale d’un carattere, quello di Don Marzio, prototipo di quei frequentatori di caffé che sanno di questo e di quello, che raccolgono notizie dalla voce degli altri e dalle gazzette per farsene portavoce, senza la cura di controllarle e di verificarne la fondatezza, mescolando verità e invenzione.

 

 

 

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