Tradimenti, amanti, equivoci, scambi di persona e un morto di troppo. Sono questi alcuni degli ingredienti di Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa, farsa di Ray Cooney, premiata a Londra con il premio Lawrence Olivier come migliore commedia dell’anno. Le dinamiche sono più o meno le stesse delle precedenti commedie di Rooney (Chat a due piazze e Se devi dire una bugia), con una particolare predilezione per i ritmi scatenati, le situazioni sempre più assurde, le bugie sempre più improbabili. A scandire le entrate e le uscite dei personaggi, strizzando l’occhio al vaudeville di Georges Feydeau in salsa moderna, ci pensano una porta, una cabina armadio a muro (da cui troneggia il dipinto della congiura di Catilina simbolo della “congiura entro cui rischiano di finire i bizzarri personaggi)) e una finestra difettosa che si abbatte sul povero malcapitato di turno. Siamo nella lussuosa suite 748 del Grand Hotel Plaza (ricostruita nelle eleganti scene di Alessandro Chiti con tanto di vista sul Lungotevere): l’onorevole De Mitri, ministro del Governo, invece di partecipare a un’importante seduta parlamentare, si accinge a trascorrere la notte, naturalmente in gran segreto, con la segretaria (ovviamente sposata) del leader dell’Opposizione. Ma la scoperta improvvisa di un cadavere intrappolato nella finestra della suite complicherà non poco la situazione. Pur di evitare lo scandalo, De Mitri è pronto a tutto, anche a occultare il cadavere chiedendo aiuto al suo fido (e tragicamente) asservito portaborse, Mario Girini, che sarà, suo malgrado, vittima designata degli eventi e capro espiatorio del fragile castello di bugie costruite impunemente da politico. Non è il caso di svelare la trama che vive di equivoci e di trovate comiche inanellate verso le più assurde delle soluzioni, ma è certo che le risate e lo spasso spensierato non mancano, orchestrare dalla vivacissima regia di Gianluca Guidi pronto a catapultare sul palco e a manipolare i suoi attori come marionette scatenate ingabbiate nella freneticità degli eventi. Squadra vincente non si cambia e il cast è bene assortito a cominciare da Antonio Catania, noto volto cinematografico e televisivo (indimenticabile in Boris) nel ruolo di De Mitri, prototipo (un po’ esagerato, ma neppure troppo, che lascia pensare) del politico pronto a tutto pur di salvarsi, che con totale nonchalance e volto serissimo, anche nelle più improbabili delle situazioni continua a mentire spudoratamente. Un eccezionale Gianluca Ramazzotti, con tanto di parrucchino e recitazione connotata di fisicità estrema, è Mario Girini, maschera tragicomica di portaborse-vittima designata del suo datore di lavoro. Impreziosiscono il cast la presenza di Ninì Salerno nel ruolo del burbero direttore (con improbabile risvolto) del Plaza e Raffaele Pisu, irresistibile facchino dell’albergo apparentemente un po’ svanito, ma con l’incontrollabile impulso al ricatto, Miriam Mesturino (nel ruolo dell’amante), Licinia Lentini (nel ruolo della moglie del ministro), Domenico De Santi (il marito della segretaria), Selene Rosiello (l’infermiera della madre di Girini), Antonio Pisu (il detective che si lascia snodare un po’ da tutti). Fra mariti un po’ cafoni e violenti, mogli focose, moraleggianti direttori d’albergo e facchini alla ricerca della mancia facile, la commedia non si lascia mancare davvero nulla, offrendo agli spettatori la possibilità di spassarsela per oltre due ore. In scena al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 26 febbraio.