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La discesa di Orfeo di Tennessee Williams

Nata come’opera teatrale “Orpheus Descending” di Tennessee Williams è stata resa famosa dal film Pelle di serpente (The Fugitive Kind) di Sidney Lumet del 1959 con Anna Magnani e Marlon Brando.

Ora la compagnia dell’Elfo, sotto la direzione di Elio De Capitani riporta in scena la torbida storia passionale fra un vagabondo con chitarra e giacca di pelle di serpente (Edoardo Ribatto) e una donna matura Lady (Cristina Crippa) figlia di un emigrante italiano linciato dai razzisti, prigioniera di un matrimonio crudele con Jabe (Luca Toracca) che in gioventù la “comprò”. La giovane ricca Carole (Elena Russo Arman) spregiudicata e ribelle tenta invano di convincere Val a fuggire con lei: “Mi porti sulla collina dei cipressi a sentir parlare i morti. Lassù parlano, cinguettano come uccelli. Ma dicono una sola parola, e questa parola è: vivete, vivete, vivete! È lʼunica cosa che hanno imparato, è lʼunico consiglio che possono dare”. Ma l’amore e la disperazione di Lady convince Val/Orfeo a ritornare dalla sua Euridice pur sapendo che avrebbe fatto una fine simile a quella della figura mitologica, sbranata dalle Baccanti.

È una storia dai risvolti amari che ha per protagonisti quattro personaggi che si confrontano e si scontrano, si amano (a modo loro) e si detestano, si cercano e si respingono sullo sfondo di un paese gretto e provinciale, che respinge tutto ciò che è estraneo e diverso dove il perbenismo e il razzismo accresce i dissidi e accende le passioni.E il vuoto interiore dei personaggi lascia spazio alla violenza, al desiderio sessuale sempre frustrato. È un intreccio di passioni e crudeltà, di tenerezze, di analisi dei sentimenti, in un contesto di realismo a tratti violento e provocatorio.

La scenografia curata da Carlo Sala è scarna ma efficace. Una serie di tavoli in una sorta di capannone che di volta in volta assumono funzioni diverse, drappi multifunzionali, finestroni da cui filtrano squarci di luce che interpretano i vari stati d’animo dei personaggi.

Se il meccanismo teatrale ha girato alla perfezione il merito va riconosciuto al regista Elio De Capitani che ha dato un taglio cinematografico alla pièce facendo uscire, di volta in volta, gli interpreti dai rispettivi personaggi per svolgere il ruolo della “voce fuori campo”, per raccontare cioè agli spettatori una serie di azioni o situazioni che non vengono in scena rappresentate.
Il cast di attori è buono ma non omogeneo.
Cristina Crippa si è generosamente impegnata nel difficile ruolo di Lady (quello che nel film fu di Anna Magnani), ma, senza voler fare confronti, ha lasciato un po’ a desiderare il tono e la duttilità della voce che gioca su poche corde. Bravi mediamente tutti gli altri: Elena Russo Arman (Carole), Edoardo Ribatto, (un Val discontinuo), e Corinna Agustoni, lo stesso Elio De Capitani, Sara Borsarelli, Carolina Cametti, Debra Zuin, Marco Bonadei. Ricordiamo infine la bellissima voce di Cristian Gianmarini e, last but not least, l’eccezionale prova sia per la vibrante interpretazione, sia per gestualità e postura senza sbavature, di Luca Toracca nella parte del vecchio marito malato di Lady. Una menzione infine per Alessandra Novaga che commenta con la chitarra elettrica le vicende di questo pezzo di storia americana.

 

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