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Le Troiane di Euripide

Euripide, il poeta-drammaturgo, laico e razionalista, è considerato il meno eroico e il più innovatore dei grandi tragici dell’epoca (Sofocle e Eschilo) avendo introdotto l’analisi psicologica dei sentimenti umani e razionalizzato i miti adeguandoli alla realtà del presente. Per la varietà dell’intreccio e l’abilità nello svolgerlo fu considerato il padre della commedia nuova.

Nelle “Troiane”, in scena al Teatro Carcano, Euripide narra la storia drammatica delle donne troiane che, orfane di padri, fratelli, figli e mariti, si ritrovano schiave dei vincitori i quali, dopo aver messa a fuoco Troia, raccolto il bottino e fatto scempio dei nemici, si spartiscono i loro destini e si apprestano a partire per la Grecia con le donne prigioniere. Il personaggio centrale è Ecuba, la vecchia moglie di Priamo, che ha visto il marito ucciso barbaramente nella notte del grande inganno. I Greci si sorteggiano dunque le donne troiane che diventano loro schiave. Cassandra, presaga del futuro che li attende, è affidata ad Agamennone e Andromaca, straziata per la morte di Ettore e del giovane figlio Astianatte, gettato dalle mura della città, è destinata a Neottolemo, figlio di Achille. La vecchia regina Ecuba è data a Ulisse e Polissena, sua figlia, sarà immolata sulla tomba di Achille per propiziarsi gli dei affinché favoriscano forti venti alle navi in procinto di salpare alla volta della patria dopo dieci lunghi anni di guerra. Appare poi sulla scena la causa di tante sciagure, la splendida Elena, che Menelao, suo marito, vuol ricondurre in patria per ucciderla, vendicando così le molte vite dei Greci stroncate per colpa sua. Ecuba la maledice ma la scaltra Elena cosciente della sua fatale bellezza e della debolezza di Menelao si difende con un abile discorso sicura di essere risparmiata. Infine, dopo aver pianto sul povero disgraziato nipote Astianatte, Ecuba, con le altre prigioniere, si imbarca mentre la città brucia.

In quest’opera non interviene dunque, come di consueto, il deus ex machina a risolvere la situazione. Tutti questi motivi sono sviluppati in modo ammirevole da Euripide che ci trascina in momenti poetici di grande meditazione e malinconia.

Il regista Marco Bernardi attraverso il lamento straziante delle troiane, dà voce al popolo dei vinti e degli umiliati. Eccessivo forse nell’attualizzare la storia con uniformi e pistole quando sarebbero bastati i coinvolgenti interventi in video su maxischermo di città devastate dai bombardamenti per gridare all’orrore e all’assurdità di tutte le guerre.

Intensa e appassionata l’interpretazione di Patrizia Milani nelle vesti di Ecuba, brava Gaia Insegna nella parte di Cassandra anche se avremmo preferito un’interpretazione meno ridondante di furore, di rabbia (anche se la parte tradizionalmente lo richiede). Ma perché non trovare un registro più interiore? Bene l’Andromaca di Sara Bertelà e il Poseidone di Carlo Simoni che non ha potuto (date le brevi apparizioni) dispiegare le sue alte e riconosciute capacità.

Le scene semplici e funzionali sono di  Gibert Jaekel, i costumi di Roberto Banci, il progetto luci di Lorenzo Carlucci. Last but not least i suoni e le immagini di Franco Maurina.

 

 


 

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