La storia della commedia è semplice ed emblematica: Un regista dispotico (Hinkfuss) obbliga gli attori a recitare a soggetto sul canovaccio di una novella di Pirandello “Leonora addio”. Lo spettacolo inizia con il regista che, salendo e scendendo dal palcoscenico, presenta agli spettatori gli attori con il loro vero nome e cognome. I dieci attori, chiamati a dare, senza copione, dimensione teatrale alla novella, entrano nel gioco straniante dell’improvvisazione che li porta ad entrare e uscire dal personaggio, discutere la scena che devono recitare e contestare le imposizioni del regista che imperversa, interrompe, cambia idea a vista. Gli attori si
muovono dapprima non come personaggi ma come burattini senza filo lasciati agire nella loro realistica essenza di esseri umani non di attori. Alla fine si ribellano e allontanano il regista dal teatro. E, in questa sorta di happening (con musica dal vivo col bravissimo pianista/attore Andrea Nicolini) spettatori veri e finti intervengono in modo spesso divertente anche se troppo insistito.
Ma Hinkfuss scacciato dalla porta, rientra dalla finestra giocando ancora una volta sul dualismo scenico che confonde finzione e realtà. Dirà infatti, riferito alla scena della ribellione: “Magnifico magnifico, avete fatto come dicevo io”.
“Leonora addio” è la storia di quattro ragazze disinibite frivole e viziate che, alla ricerca di un marito, invitano a una festa – sotto la “direzione” attenta della madre-maitresse – quattro militari della locale guarnigione. In questa storia, fra processioni, balli, musica, opera e tragedia Pirandello non ci fa mancare niente.
Il finale ha un alto tasso di drammaticità che ci turba e commuove. Una figlia, Mommina, aspirante cantante lirica, sposerà uno dei militari che si rivelerà nel tempo un nevrotico, gelosissimo marito. Anzi un persecutore che la porterà alla morte nelle vesti immaginarie e sempre sognate di Eleonora, l’eroina del Trovatore.
Tutti gli accadimenti teatrali sono collegati più che da un fatto narrativo, da un’empatia teatrale. La commedia è sostenuta da una potente e originale struttura drammaturgica calata nel grembo dell’ironia che culmina con l’intelligente presa in giro del “pirandellismo”.
Il regista Ferdinando Ceriani, pur rimanendo fedele al testo, lo rivisita e ricompone con suggestive invenzioni sceniche e interpretative. Se Pirandello ha voluto rappresentare il teatro nel teatro, cioè la finzione della finzione, il regista ne ha accentuato il carattere mettendo lo spettatore nel mezzo di una sorta di finto happening dove si confondono gli spettatori reali da quelli virtuali, da quelli cioè che assistono alla rappresentazione di “Leonora addio”.
Lo spettacolo è vivo, pregno di significati e divertente perché il tessuto drammatico si sviluppa su un ordito ironico contrassegnato dall’uscita estemporanea degli attori dai personaggi che stanno interpretando per poi rientrare nel personaggio riprendendo la dimensione drammatica della scena poco prima interrotta. Rappresentazione dunque, pur con qualche sbavatura, coinvolgente, divertente e di intensa drammaticità.
Ruben Rigillo interpreta la parte di Hinkfuss (il deus ex machina), con grande ironia e sapienza scenica, e con parodistica bravura dirige la recitazione degli “Attori, Silvia Siravo è una creatura angosciata e piena di rabbia e interpreta con intenso abbandono la parte di Mommina, Anna Teresa Rossini è brava a vestire i panni di Ignazia la madre cinica e prevaricatrice con, forse, un eccesso di caratterizzazione, Mariano Rigillo caratterizza da par suo la parte del Sig.Palmiro. Bravi tutti gli altri attori da Giacinto Palmarini ottimoRico Verri, a Carla Ferraro la chanteuse dello squallido tabarin di provincia siciliana che diventa una cave della Berlino espressionista, a Francesco Di Trio, Federica Marchettini, Serena Marinelli, Eleonora Tiberia, Salvatore Rancatore, Fabrizio Vona, Simone Vaio, Gabriele Geri, Beatrice Coppolino.
Applausi meritati.