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La coscienza di Zeno di Tullio Kezich

fototratto dal romanzo di Italo Svevo

Produzione del Teatro Carcano

 

Trasferire sulle scene un grande romanzo come “La coscienza di Zeno” da parte di Tullio Kezich è stata un’impresa ardua portata avanti con successo grazie alla sua conoscenza viscerale dell’opera di Svevo e alla sua grande capacità drammaturgica.

La vicenda inizia nel 1916 e si svolge a ritroso, con Zeno che accompagna il pubblico tra le pieghe del lungo viaggio nella sua coscienza. Il regista Maurizio Scaparro ha scavato nella contorta psicologia del protagonista cercando di far emergere l’ ironia e la leggerezza e l’umorismo tutto ebraico di cui Svevo era maestro. Merito di Scaparro è di non aver attualizzato il testo perché Zeno è davvero nostro contemporaneo soggetto alle pulsioni e ai problemi dell’anima umana ove per la prima volta la psicanalisi e le sue complesse implicazioni giocano un ruolo fondamentale.

Quello di Zeno è un viaggio esistenziale che lui racconta in modo distaccato e ironico, presentandosi come uomo abulico, ambiguo, inetto che si limita a sopravvivere senza affrontare responsabilmente la realtà. Nella consapevolezza di non essere in sintonia col mondo, di non saper dare un senso alla propria vita, il protagonista ricorre allo psicanalista al quale narra i momenti più cruciali della propria esistenza.

Complice la psicanalisi lo rivediamo negli spezzoni più significativi della sua vita: soffre i difficili rapporti col padre, è affetto da ipocondria, sposa una giovane (Augusta) dopo aver inutilmente corteggiato la di lei sorella Ada, tradisce la moglie con una giovane squattrinata cantante (Carla), diventa socio di Guido, rivale in amore (ha sposato Ada), giovane furbo, avventato, senza scrupoli, che porta la società al fallimento e muore suicida. Questo è quello che appare. Ma Zeno è davvero un inetto? La malattia non è forse la sua più geniale trovata per non assumersi le responsabilità che lo svolgersi della vita richiede? Non decide, ama rinviare le decisioni come quando, tutte le volte che si accende una sigaretta, afferma che quella sarà l’ultima. Sa dissimulare e parlare per metafore. Zeno è alla graduale conquista della verità che gli consentirà di rovesciare le umiliazioni in successi.

Giuseppe Pambieri è bravo nel rendere con misura la complessa figura del protagonista. Fra gli altri interpreti ricordiamo Enzo Turrin, Giancarlo Condé, Francesco Wolf, Raffaele Sinkovic, Anna Paola Vellaccio, Antonia Renzella, Guenda Goria, Livia Cascarano, Silvia Altrui e Marta Ossoli

La regia di Maurizio Scaparro è esemplare per la lettura che dà del testo, per la direzione del meccanismo scenico e l’impostazione interpretativa e gestuale degli attori.

Lo scenografo Lorenzo Cutùli risolve – con quinte che si alzano e si abbassano, si aprono e si chiudono – il problema di rappresentare ora l’attore/Zeno che racconta agli spettatori la propria vita, ora i numerosi flash back che vedono in scena i vari personaggi a seconda della vicenda narrata. Belli i costumi dell’epoca di Carla Ricotti e funzionale il commento musicale di Giancarlo Chiaramello.

 

 

 

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