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Romeo e Giulietta di William Shakespeare

fotoCominciamo dalla scenografia. Alessandro Chiti ha risolto con intelligenza e creatività il problema del tempo e dei luoghi passando da uno spazio all’altro (stanze, strada, balcone, chiesa, letto nuziale, cripta) in modo semplice con quinte che si alzano e si abbassano e con l’ausilio di un gioco di luci che si alternano al buio della notte in funzione narrativa. Le belle musiche di Marco Podda sono funzionali all’azione e alla psicologia dei personaggi. Merito del regista Giuseppe Marini che ha fatto funzionare perfettamente il complesso meccanismo scenico, ha diretto gli attori controllandone la recitazione e il linguaggio del corpo, ha dettato il ritmo e il respiro drammaturgico dell’opera. L’unico appunto è di avere pesantemente caratterizzato alcuni personaggi. La balia (sia pure in chiave grottesca) sembra nata dall’incrocio di Quasimodo e una strega così come il fool scespiriano qui non è solo matto, ma inutilmente spastico. Molto apprezzati i ricchi costumi ottocenteschi di Mariano Tufano.

Ma entriamo nel mondo di Shakespeare. La storia di Romeo e Giulietta è un pretesto di cui il bardosi avvaleper raccontare i percorsi dell’uomo nelle intricate e contraddittorie vie della vita. Un viaggio lastricato di gioie e dolori, amore e odio, speranza e sgomento, luce e buio. Sentimenti che si fondono in un’armonia difficilmente districabile. Tessere di un mosaico composito, di un grandissimo affresco dello scontro generazionale, delle grandi passioni, delle umane miserie di una società, ieri come oggi, immutabile, senza tempo.

Shakespeare mette in scena non tanto l’incapacità di dialogo fra padri e figli, quanto la cecità dei padri e il vitalismo spesso perverso dei figli. Il capolavoro non perde di attualità perché rispecchia, estremizzandola, la natura dell’uomo.

Di questa commedia che esalta l’amore puro, determinato, idealizzato e ad un tempo carnale di Giulietta, l’irruenza e l’immaturità psicologica di Romeo, l’esuberanza dei giovani che, eterodiretti dall’odio dei padri, sfocia in violenza. E’ dal seme dell’antica faida dei Montecchi e Capuleti che nasce e si sviluppa l’erba maligna dell’odio che alimenta le risse furenti dei ragazzi delle due bande rivali. E’ la solitudine nel mondo chiuso e tirannico dei vecchi che esalta nei giovani la volontà di ribellarsi, di abbandonarsi freneticamente alle pulsioni amorose e ludiche, di corteggiare la morte che puntuale falcerà le loro vite.

Giulietta e Romeo non sono due innamorati lirici della tradizione. Sono due giovani nei quali convive innocenza e ardore carnale, nevrosi e determinazione, vitalismo e inesperienza. Adolescenti che non cedono alla ragione, al compromesso ma si lasciano travolgere dall’amore che fatalmente li consegnerà alla morte.

I personaggi di Romeo e Giulietta sono ben interpretati (malgrado un primo atto piuttosto incolore) dai giovani Giovanni Anzaldo e Gloria Gulino, lui tutto ardore, innocenza e forza, lei dolce, fresca, intensa. Ottima l’interpretazione diMauro Conte nei panni di Mercurzio, bravi Simone Pieroni (Capuleti) e Fabio Bussotti (frate), buona la prova di Riccardo Francia, Fabio Fusco, Nicolo’ Scarparo, Michele Lisi. Serena Mattace Raso (la balia) recita bene secondo gli schemi della regia.

 

 

 

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