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Le voci di dentro di Eduardo De Filippo

fotoSe si vuol capire lo sviluppo della drammaturgia eduardiana sarà utile ricordare la trilogia che inizia con la disperazione di “Napoli Milionaria“, passa attraverso la speranza di Sabato, domenica e lunedìper concludersi con il pessimismo di “Le voci di dentro”.
“Napoli Milionaria
” è la città del 1945. Una città devastata da una guerra che oltre a distruggere case e palazzi, ha devastato le coscienze, destabilizzato i valori. E’ la necessità di sopravvivere che sviluppa l’ingegno e spinge l’uomo (ora come allora) a ripercorrere tutte le vie che gli si aprono davanti mettendo spesso a tacere la propria coscienza.

In “Sabato, domenica e lunedì” Eduardo ci presenta una società che, agli albori del boom economico, riscopre nuovi bisogni, che assapora il ritorno alla normalità. Ma questa mutazione anticipa i mali dell’affluent society: il consumismo, le mode, l’edonismo, il conformismo e prefigura la società che vedrà, negli anni a venire, esplodere il fenomeno dello straniamento e dell’incomunicabilità.

E’ poi la volta di “Le voci di dentro” che Eduardo definisceTarantella in tre atti”. Una commedia amara e tragicomica, rappresentata per la prima volta nel 1948 che ha fatto parlare di “realismo metafisico” di Eduardo.

La storia.

Alberto Saporito, il protagonista, ha un incubo, forse una visione, che definira’ un sogno: il delitto commesso da una famiglia di tranquilli borghesi e, tanto ci crede, che non esita a denunciarli. Gli accusati, invece di proclamare ad alta voce tutti insieme la loro estraneita’ al delitto, si accusano l’un l’altro, arrivando a progettare un delitto vero (quello di Alberto Saporito) per coprirne uno solo immaginato. All’entrata in scena del presunto morto Alberto rilancia con forza contro la famiglia, l’accusa di aver ucciso, con l’ipocrisia, la menzogna e la crudeltà, non l’uomo ma la propria coscienza, la propria dignità.

Situazione paradossale, commedia difficile proprio per questo suo muoversi tra realismo e surrealismo.

Eduardo, in questa commedia sconcertante e desolata, approfondisce i rapporti all’interno della famiglia (paradigma della società) e scopre che anche quest’ultimo baluardo ha ceduto ed è diventato un covo di vipere dove si annidano sospetti, menzogne, crudeltà. Famiglia sempre più espressione di ipocrisia, tornaconto personale, cinismo. Una società che ha smarrito il senso dell’esistenza, che ha lasciato andare alla deriva la barca dei sogni ingenui, della fiducia nel prossimo, dei valori fondanti, che ha messo la mordacchia alla coscienza, alle voci di dentro. E in questo mondo arido il silenzio del vecchio zì Nicola (metafora dell’umanità cosciente) è l’unica difesa, uno spazio metafisico vissuto come atto di ribellione. La commedia finisce, infatti, con una nota disperata, un monologo drammatico che dà corpo al senso tragico della vita.

Eduardo, in questa pièce di originalissima fantasia in cui introduce l’elemento onirico, dimostra una grande capacità di esprimere l’assoluto pessimismo con il segno dell’umorismo coniugando alla perfezione il comico e il tragico.

A dir poco straordinaria l’interpretazione di Toni Servillo nella parte di Alberto Saporito e sorprendente quella del fratello Peppe Servillo (sì è proprio quello degli Avion Travel). Sono attori versatili e istintivi, la cui interpretazione intensa e contenuta ha strappato applausi entusiastici da parte di un pubblico attento e preparato. Una menzione infine ai bravi attori napoletani: Gigio Morra, Betti Pedrazzi, Chiara Baffi, Lucia Mandarini, Marcello Romolo, Vincenzo Nemolato, Maria Angela Robustelli, Marianna Robustelli, Francesco Paglino, Rocco Giordano, Antonello Cossia, Daghi Rondanini (che cura anche il suono).

Le scene della stanza, curate da Lino Fiorito sono molto funzionali, ma lasciano un po’ perplessi per l’eccessivo minimalismo legato forse alla statura morale dei personaggi, mentre bellissima la scena del magazzino dove la fuga verticale delle sedie è una vera e propria installazione.

Toni Servillo firma una regia che, pur attenta alla scrittura teatrale, dà al capolavoro di Eduardo una lettura lucida e moderna.

 

 

 

 


 

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