“Il Visitatore” di Eric Emmanuel Schmitt

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E’ la sera del 22 aprile 1938. L’Austria è stata da poco annessa al Terzo Reich. La violenza nazista verso gli ebrei è spietata. In Berggasse 19, celebre indirizzo di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, vecchio e malato è alla disperata ricerca di come far tornare a casa la figlia che è nelle mani della gestapo. All’improvviso si materializza nello studio del maestro uno strano personaggio, uno sconosciuto che, alla domanda, dice di non avere un nome. Il grande indagatore dell’inconscio è insieme infastidito e incuriosito. Chi è veramente quest’uomo, un impostore, un ladro? Ma Freud smarrisce le sue certezze quando l’intruso dimostra di conoscere il suo passato e ne predice il futuro. Allora lo sconosciuto può veramente essere Dio? Lo stesso Dio del quale ha sempre negato l’esistenza? O è un pazzo che si crede Dio. Freud vacilla, gli oppone resistenza ma rimane fermo nelle sue convinzioni: Dio non esiste, è l’uomo che l’ha creato per cercare di dare un senso alla vita e per esorcizzare la crudeltà dell’esistenza se tutto dovesse finire “per sempre con la morte, per l’eternità (parola terribile che ci fa precipitare nell’abisso dell’angoscia” . Ormai è uno scontro fra due filosofie cosmologiche e morali tra l’eterno e il transeunte, tra il bene e il male, tra la responsabilità dell’uomo e di Dio. “Se fosse Dio, stasera, gli chiederei il conto – loincalza Freud –. Gli chiederei di mettere il naso fuori della finestra, una buona volta. Lo sa Dio che il male corre per le strade con stivali di cuoio, con speroni di acciaio a Berlino, a Vienna e presto per l’Europa intera? I rastrellamenti sotto la sua finestra provano il fallimento di Dio: “Cosa sarebbe Dio se esistesse? Un bugiardo. Uno che prende un impegno e poi ti scarica”. Il Viaggiatore risponde che Dio ha creato l’uomo libero, non può dunque fermarlo. Non può opporsi all’ arroganza della sua creatura: “C’è stato un tempo in cui l’uomo si accontentava di sfidare Dio, oggi prende il suo posto”. In realtà non ci sono due identità che si incontrano e si scontrano. Dio è la voce del dubbio che si è insinuata come un tarlo nell’intelligenza, nella coscienza e direi nell’anima di Freud e gli fa perdere la certezza nella fede del nulla. E’ il tarlo del dubbio che arrovella tutti noi spettatori che abbiamo partecipato a questa seduta di autocoscienza collettiva e usciamo dal teatro parchi di parole e ricchi di pensieri.

Il Viaggiatore è una magnifica pièce teatrale scritta al servizio del concetto di libertà. E’ magnifica perché tocca magistralmente le corde dell’intelligenza e riesce a commuovere e, a tratti, divertire.

Il grande successo di questo “teatro di parola” va diviso fra il testo di Eric Emmanuel Schmitt e l’interpretazione degli attori che l’hanno portata in scena. Bravissimo Alessio Boni nei panni di un Dio eccessivamente nevrotico. Stupefacente e inarrivabile il Freud di Alessandro Haber.

.Bravi nelle parti della figlia e del caporale della gestapo Nicoletta Robello Bracciforti e Francesco Bonomo.