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Le Spectre de la rose – La rose malade – Cavalleria rusticana

12, 14, 17, 21, 25, 28, 31 gennaio ~ 8, 9 febbraio 2014

Le Spectre de la rose

Tableau chorégraphique su un tema di Théophile Gautier, adattato da Jean-Luis Vaudoyer

Coreografia Michail Fokin

Ripresa da Isabelle Fokine

Musica Carl Maria von Weber

Orchestrazione di Hector Berlioz

Costumi Léon Bakst 

Fondale realizzato da Angelo Sala

Luci Marco Filibeck

Artisti ospiti Ivan Vasiliev (12, 14 gen.), Leonid Sarafanov (17, 21, 25 gen. – 8 feb.)

Produzione Teatro alla Scala

La rose malade

Balletto di Roland Petit

Libretto di Roland Petit da William Blake

Supervisione coreografica Luigi Bonino

Musica Gustav Mahler

Costumi Yves Saint-Laurent

Luci Jean-Michel Désiré

Artisti ospiti Maria Eichwald (12, 14, 17, 21, 25 gen. – 8 feb.), Igor Yebra (12, 14, 17, 25 gen.)

Nuova produzione

PIETRO MASCAGNI

Cavalleria rusticana

Melodramma in un atto

Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci

(Edizione Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano)

Regia Mario Martone

Scene Sergio Tramonti

Costumi Ursula Patzak

Luci Pasquale Mari

Santuzza Liudmyla Monastyrska

Lola Valeria Tornatore

Turiddu Jorge De León

Alfio Vitaliy Bilyy

Lucia Elena Zilio

Produzione Teatro alla Scala

Direttore

Daniel Harding

Ogni tanto unire la danza al melodramma aiuta gli amanti di un genere a ricordare che esiste anche l’altro. L’accostamento è qui originale e ben studiato. La danza tenta gli amanti dell’opera con due gemme del balletto: un classico come Le Spectre de la rose, nato oltre cent’anni fa per i Ballets Russes di Djagilev, con coreografia di Fokine ideata per Nijinskij (e il suo mitico salto attraverso una finestra aperta), e La rose malade, sull’Adagietto di Mahler (quello di Morte a Venezia), creazione d’insostenibile tenerezza di Roland Petit per la grande Maja Plseckaja.

Il melodramma è rappresentato da un titolo che, con la sua passionalità sanguigna, farà una salutare trasfusione agli appassionati di balletto più anemici: Cavalleria rusticana, offerta nello spettacolo molto apprezzato di Mario Martone, con protagonisti il tenore spagnolo Jorge de León e il soprano ucraino Liudmyla Monastyrska, che ha trionfato nel ruolo di Abigaille in Nabucco nella scorsa Stagione. Dirige Daniel Harding, una stella del podio, e non nuovo alla direzione dei balletti.

Date:

Domenica 12 gennaio 2014 ore 15 ~ prima rappresentazione

Martedì 14 gennaio 2014 ore 20 ~ turno B

Venerdì 17 gennaio 2014 ore 20 ~ turno D

Martedì 21 gennaio 2014 ore 20 ~ turno C

Sabato 25 gennaio 2014 ore 20 ~ turno A

Martedì 28 gennaio 2014 ore 20 ~ turno O

Venerdì 31 gennaio 2014 ore 20 ~ turno G La Scala under 30

Sabato 8 febbraio 2014 ore 20 ~ turno E

Domenica 9 febbraio 2014 ore 20 ~ turno M

Prezzi: da 210 a 13 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Ufficio Stampa Teatro alla Scala

Via Filodrammatici 2 – 20121 Milano

Tel. 02 88 792 412 – Fax 02 88 792 331

stampa@fondazionelascala.it

www.teatroallascala.org

 

 

L’opera “Cavalleria rusticana” in breve

Di Claudio Toscani

 

Quando vinse il Concorso Sonzogno per

un’opera in un atto unico, Pietro Mascagni

era un perfetto sconosciuto; eppure il

clamore destato e lo straordinario successo

che accolse Cavalleria rusticana, al

Teatro Costanzi di Roma il 17 maggio

1890, hanno pochi riscontri nella storia

del melodramma. Ciò che allora fu messo

in scena apparve come il frutto maturo di

una sensibilità nuova, di quell’attenzione

per i ceti sociali più umili che il verismo

letterario propugnava ormai da tempo

come una necessità ineludibile della politica

e dell’arte. Non solo: rendendo protagonisti

dell’opera personaggi comuni e

incentrando la trama su un crudo fatto

contemporaneo, Cavalleria rusticana veniva

a rompere gli schemi familiari del

melodramma romantico, che i ripetuti

tentativi degli Scapigliati non avevano saputo

scuotere; vi contribuiva naturalmente

l’incisività dell’azione, violenta e drammatica,

unita a una vena melodica debordante,

benché non sempre raffinata. Il

successo fu immediato, e planetario.

Nell’omonima novella di Verga, da cui fu

tratto il libretto, agiscono personaggi

profondamente calati nell’ambiente siciliano,

intriso di comportamenti atavici; il

loro margine di iniziativa è pressoché

nullo e riflette la convinzione, diffusa tra i

veristi italiani e i naturalisti francesi, che

l’ambiente influisca deterministicamente

sulla psicologia individuale. Nell’opera di

Mascagni i ruoli drammatici sono perciò

rigidi e corrispondono a veri e propri stereotipi;

ciò comporta una drammaturgia

semplificata – caratterizzata da violenza

gestuale e passionalità spinta – che permette

all’autore, d’altra parte, di ottenere

quella brevità e quella pregnanza d’azione

che spiegano l’enorme efficacia scenica

dell’opera.

Il libretto aderisce strettamente alla novella,

della quale ripercorre l’intreccio arricchendolo

solamente di pezzi lirici e

quadri d’ambiente (il coro d’introduzione,

il canto religioso che esce dalla chiesa, il

brindisi, la sortita di Alfio) attinti alla tradizione

melodrammatica.Tra i brani di carattere

e l’azione, violenta e drammatica,

desunta dalla novella di Verga, Mascagni

opera una netta differenziazione stilistica.

Interviene inoltre sul libretto precipitandone

il finale, che nella sua crudezza risulta

ancor più efficace: memorabile è l’irruzione

del parlato (“Hanno ammazzato

compare Turiddu!”), un espediente di forte

impatto che corrisponde alla rottura

del diaframma della finzione operistica.

Se per il suo soggetto, tributario della

nuova sensibilità verista, Cavalleria rusticana

sembra proiettarsi verso il futuro, un

attento esame della partitura ne svela i

profondi legami con la tradizione melodrammatica

nazionale. L’opera poggia su

una struttura a numeri, procede cioè per

pezzi autonomi e staccati. Anche i dialoghi,

mobili e ariosi, sono ricchi di gesti

melodici – ciascuno carico di implicazioni

passionali – attinti dalla tradizione. Tipica

è la costruzione delle grandi scene drammatiche,

al culmine delle quali Mascagni

colloca, con vena felice, aperture melodiche

destinate a imprimersi nella memoria

dello spettatore (“Priva dell’onor mio rimango”,

Bada, Santuzza, schiavo non sono”,

Ma è troppo forte l’angoscia mia”,

Voi dovrete fare da madre a Santa”).

Non meno importante è il ruolo dell’orchestra,

che assume di volta in volta un

compito narrativo, tratteggia un ambiente,

fornisce un commento lirico con una

grande forza di coinvolgimento emotivo.

 

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