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Orchidee di Pippo Delbono al Teatro Argentina di Roma

fotoPuò succedere di tutto durante uno spettacolo di Pippo Delbono: che si rida, ci si emozioni, si abbia paura, ci si senta colpevoli. Accade anche di mangiare pasticcini, offerti da un vecchio attore in livrea per polemizzare contro una certa idea di teatro. “Chi ha detto che a teatro ci si deve divertire?” chiede la voce fuori campo di Delbono. Sul palcoscenico si devono scuotere le coscienze, evidenziare le contraddizioni e le storture della società, parlare di vita ed emozioni vere e non recitare copioni. Pippo Delbono, dopo tanti spettacoli criptici, nel nuovo spettacolo in scena all’Argentina utilizza in modo chiaro parole e immagini per criticare ipocrisie, meschinità e luoghi comuni. “Questo mondo non ci piace, ma non c’è altro posto dove stare” ripete più volte l’attore-regista riprendendo le parole di Kerouac. Pippo Delbono si libera del dolore per la morte di sua madre con uno spettacolo catartico, capace di indulgere su vecchie incomprensioni, di ricordare con affetto nenie e massime e di sorprendersi nel riscoprire tanto di lei in se stesso. Ripercorre le tappe della propria presa di coscienza sociale, artistica e sessuale alternando proclami fuori campo, filmati amatoriali e brevi danze liberatorie. E poi tante foto per fermare le passioni e le persone che ci sfuggono, “per capire il tempo che ci sfugge”. La sua compagnia è l’estensione poetica e dannata del regista; un attore muto, un down, maschere grottesche e corpi nudi mettono in scena brandelli di sogni che prendono vita sul palcoscenico, così pure in platea dove gli attori si aggirano per coinvolgere gli spettatori, anche quelli più ingessati del turno “A”. La sua crociata contro la falsità della realtà ha come vessilli innumerevoli citazioni di autori letterari e teatrali in un tourbillon di parole. Orchidee è spirito dionisiaco allo stato puro. Gli abbracci, la pazzia, l’amore universale, la semplicità degli africani sono gli antidoti ad una vita sterile e di facciata. Le orchidee, così belle, ma così ambigue ed ingannevoli, tanto da non riuscire a distinguere quelle vere da quelle false nei vasi dei salotti delle case borghesi, sono una riuscita metafora. Così pure il racconto e le crude immagini di una mantide religiosa così simile ad un’orchidea che sbrana una sua vittima. Pippo Delbono così sintetizza il suo spettacolo: “pezzi di vita, amore e morte, nel racconto intimo e privato delle confessioni dell’attore con la tenera e potente fisicità della sua compagnia per interrogarsi sul senso della rappresentazione e dell’orrore quotidiano”. Tra le sue grida di denuncia, il regista di Varazze si fa portavoce anche della profonda preoccupazione dei lavoratori del Teatro di Roma per l’allarmante ritardo nella nomina ai vertici del Teatro di Roma. Pippo Delbono, con durezza e grazia allo stesso tempo, dice basta a quanto ci impedisce di vivere davvero. Forse questa è la chiave per ritrovare noi stessi.

Orchidee, con Pippo Delbono e con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Julia Morawietz, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella.

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