“Prima del silenzio” di Giuseppe Patroni Griffi

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fotoUn uomo di mezz’età sta vivendo e ripercorrendo, in uno spazio claustrofobico, un lucido e sofferto bilancio della propria vita, un flusso di ricordi che vengono fuori da una coscienza obnubilata cui è stata spenta la luce della speranza. LUI si confronta con una realtà passata fatta di sole ombre, non si concede attenuanti, né giustificazioni, si assume tutte le colpe del suo vissuto. E’ perseguitato dai fantasmi (che appaiono in video) della moglie (Paola Gassman) che lo accusa di averla improvvisamente lasciata dopo aver vissuto una vita agiata grazie alla sua ricchezza, del figlio (Andrea Giuliano) che, al di là di un apparente comprensione ha preferito tenersi i privilegi della casta e dal maggiordomo (Sergio Mascherpa) che tenta in modo falsamente solidale di convincerlo ad abbandonare quella ai suoi occhi appare (ed è) una vita povera in una squallida dimora. Anche la notizia di aver vinto un premio prestigioso per la poesia non lo tocca. La grettezza e la miseria morale della società gli impedisce di uscire da quel romitorio crepuscolare dove vive da qualche giorno con un Ragazzo. Un vagabondo dall’esuberante fisicità la cui presenza dà al poeta la possibilità di cercare di esorcizzare gli incubi della memoria attraverso un profluvio di parole che, a tratti, scolorano il loro significato in suono. Il rapporto con il ragazzo è ambiguo con tangenze omosessuali, ma la verità è che sono gli opposti che si incontrano e si scontrano. Uno scontro generazionale fra chi guarda in modo vitalistico al futuro e chi, condizionato da un passato che lo angoscia, cerca di esorcizzare il futuro immanente aggrappandosi alla parola:finché parlo sono vivo che ricorda una poesia ermetica di Cesare Zavattini”Stricarm in na parola” (Strigermi in una parola). Il ragazzo alla fine se ne va alla ricerca, nel silenzio, della sua dimensione, della sua identità.

Questo testo è l’epifania della parola, parola intesa come libertà, ultima espressione di vita, come tentativo di rallentare la zattera che porta allo stige. “Abbiamo preso parte a tutti i naufragi, le rovine, le cadute, ma il naufragio della parola ci trova ancora una volta impreparati” Sono le ultime parole del protagonista mentre cerca di afferrare le parole che, con la leggerezza dei fiocchi di neve, cadono sulla scena.

Un’interpretazione eccezionale quella di Leo Gullotta incredibilmente intensa, a tratti dolente, a volte straziante, ma sempre misurata. Perfetta la voce nei toni, nelle sfumature, nell’espressione. Veramente bravo! Bravissimo anche il giovane Eugenio Franceschini.

Una menzione particolare merita l’ottima regia di Fabio Grossiche ha diretto in modo abile e creativo la macchina scenica con l’aiuto di Luca Scarsella per le sorprendenti proiezioni video, Germano Mazzocchetti per le musiche belle e funzionali come le luci di Umile Vainieri, le scene di Luca Filaci e l’audio di Franco Patimo.