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“Ti ho sposato per allegria” di Natalia Ginzburg

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Foto di Mario D’Angelo

Chiara Francini ed Emanuele Salce debuttano in prima nazionale al Teatro della Pergola di Firenze con lo spettacolo “Ti ho sposato per allegria”, tratto dal testo di Natalia Ginzburg del 1965.

Con questa commedia, definita dalla stessa Ginzburg come la più allegra da lei mai scritta, l’autrice regala uno spaccato ironico e dissacrante dell’Italia alla metà degli anni Sessanta. Decide di farlo attraverso una storia dai tratti non prettamente convenzionali, quella del matrimonio tra l’avvocato Pietro e Giuliana, una giovane donna di bassa estrazione sociale conosciuta ad una festa. Fin qui, a dire il vero, non ci sarebbe niente di strano, se non fosse per il fatto che i due si conoscono da meno di un mese e già da una settimana sono marito e moglie. Un matrimonio celebrato in tutta fretta, il loro, in più con il solo rito civile. Un concentrato di ingredienti che, a pensarci bene, nell’Italia degli anni Sessanta suscitava ben più di qualche perplessità. Ma i due sposini non se ne crucciano. Certo non mancano dubbi e ripensamenti. Sono loro i primi ad ammettere la mancanza di un forte sentimento di fondo. Non si sentono travolti dalla passione o ‘stregati’ dall’amore. Ad unirli è piuttosto il desiderio di portare nella propria esistenza un po’ di sana leggerezza. È l’allegria, confessa Pietro. Questo lo ha spinto a sposare Giuliana.

Tra racconti, confronti e accadimenti, questa coppia apparentemente improvvisata impara a conoscersi a matrimonio già celebrato. Divertente ed interessante è vedere come, nell’inevitabile meccanismo del ‘farsi famiglia’, i due affrontano le classiche dinamiche del rapporto suocera-nuora, dei ripetuti “cosa si mangia oggi” o dei vestiti messi nella naftalina, scoprendo di giorno in giorno quanto siano complementari le loro personalità.

Il punto di forza dello spettacolo è senz’altro il testo. La storia, infatti, si sviluppa con una dinamicità frizzante ed accattivante che conquista l’attenzione del pubblico. Si sorride e si ride, ma la Ginzburg non rinuncia a far sì che il suo testo sia qualcosa di più e lo arricchisce con temi ‘scottanti’ come l’aborto, il divorzio ed il matrimonio civile. Ed è così che il matrimonio, pur rappresentando l’elemento centrale della storia, si rivela a tratti un pretesto per portare in scena non solo una famiglia, bensì una società, con le sue dinamiche, credenze e consuetudini.

Il vero protagonista dello spettacolo è l’elemento femminile. Già, perché Pietro, unico uomo a calcare la scena, non è altro che una presenza funzionale. Lui è figlio, fratello e marito. Nel suo essere pacato, senza per questo mancare di consapevolezza, permette alle donne della sua vita di manifestare tutta la loro complessità. È Giuliana, in particolare, ad offrirci un punto di vista unico sul mondo che la circonda. Gioiosa, ironica, ma anche ingenua e con la testa fra le nuvole, questa giovane donna guarda il mondo attraverso gli occhi di una bambina, capace di meravigliarsi, ma al contempo fragile e bisognosa di un sostegno. Diverte e commuove la sua necessità di parlare e lasciarsi andare al racconto della sua vita. Una vita che l’ha duramente segnata, ma che nonostante tutto non le ha tolto la voglia di sorridere.

Chiara Francini ne dà un’interpretazione sublime. Questo ruolo le calza alla perfezione. Si muove sul palco, salta sul letto e gioca con i cuscini, con una naturalezza che dona ancor più veridicità al suo personaggio svampito e gioioso, che ‘sfiora la vita’. E non delude neppure nei momenti in cui si lascia andare ad improvvise riflessioni. Lo fa senza enfatizzare eccessivamente, ma cogliendo l’innocente smarrimento che una donna come Giuliana, semplice ma retta da solidi valori, può provare di fronte a questioni tanto profonde.

Sul palcoscenico la Francini è in ottima compagnia. Tra gli interpreti che sono al suo fianco merita una menzione particolare Anita Bartolucci, nei panni della suocera. Le due attrici danno vita ad un dialogo esilarante, pieno di pungente ironia. A confrontarsi non sono solo due donne, bensì due mondi. Il passato ed il futuro, se vogliamo. È in questi momenti che ci si immerge pienamente negli anni Sessanta. A facilitare lo spettatore in questo tuffo nel passato vi è la scenografia. Tonalità, luci ed elementi d’arredo, richiamano lo stile di quel periodo. Il tutto stretto nell’abbraccio del rosso e del blu elettrico di fondo, che spingono lo spettatore a non staccare lo sguardo dal centro della scena.

Questo testo, tuttavia, ha la capacità di andare oltre il particolare contesto storico-sociale in cui è ambientato. È una storia atemporale, che non ha bisogno di essere riadattata all’oggi. Volendo la storia di Pietro e Giuliana è già una storia di oggi. La storia di due giovani che, senza pensar troppo a quali debbano essere i motivi per farlo, decidono di unirsi in matrimonio. Niente passioni travolgenti, ma una gioia silenziosa. Un sentimento delicato che allevia la durezza della quotidianità, di una vita che spesso nasconde grigiori e inquietudini. E forse insieme, grazie a un po’ di allegria, sarà tutto più semplice.

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