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“Celestina laggiù vicino alle concerie in riva al fiume” di Michel Garneau

Foto di Luigi Laselva
Foto di Luigi Laselva

La versione di “Celestina” che Ronconi porta in scena al Piccolo Teatro Strehler è quella elaborata dal poeta canadese Michel Garneau che ridusse in tre atti il capolavoro (di 21 atti, quindi irrappresentabile), del grande scrittore spagnolo del cinquecento Fernando de Rojas. Garneau ne ha fatto una libera traduzione privilegiando la “recitabilità” del testo per rendere più piacevole, facile e naturale l’interpretazione degli attori. In realtà il titolo della pièce è “Celestina laggiù vicino alle concerie in riva al fiume” La conceria è la metafora dell’inquinata e maleodorante società che vede Celestina protagonista e che scorre anche oggi sullo schermo della nostra quotidianità. Il fiume poi, secondo Gameau, è una sentina dove “si tramano sempre azioni tenebrose”.

L’ordito della commedia è di una semplicità lineare. Calisto, entrando in un giardino incontra Melibea e, malgrado la giovane lo respinga, se ne innamora perdutamente e incarica il servo Sempronio di aiutarlo nella “conquista”. Il servo si rivolge a Celestina – una vecchia mammana, ruffiana, fattucchiera, perversa – affinché si faccia intermediaria (onerosa) e convinca la giovane vergine che vive praticamente reclusa ad incontrarsi col ricco Calisto. Calisto è infoiato all’idea di possedere Melibea e nell’attesa è pervaso da una ridicola attività onanistica. E’ disposto a pagare qualsiasi somma a Celestina che, con l’aiuto di Sempronio, col quale condividerà il compenso, con la sua dialettica untuosa circuisce la giovane che cede alla tentazione di incontrare Calisto. L’incontro sarà fatale, i due si innamorano, si amano e finalmente Calisto può dare libero sfogo alla pulsione erotica che lo possiede. A questo punto, caduta la maschera dell’amore, Calisto rivolto al pubblico chiede a sé stesso “perché non sono felice?” Ormai sta crollando la struttura della storia che finora era sostenuta dall’amore, dalla passione e dal denaro. Ora è tempo di vendetta e di morte. Sempronio uccide Celestina quando la mezzana rifiuta di spartire il compenso, il servo infido viene poi decapitato col suo compare Parmeno, Calisto muore cadendo dalla scala che gli è servita per entrare nel giardino dell’amata, Melibea a sua volta alla notizia della morte di Calisto si toglie la vita buttandosi dal balcone. A questo punto non ci resta che recitare un amen pietoso di fronte a questo finale di maniera. La storia di Celestina ci dice che l’amore non esiste, è un inganno, una nevrosi, una parentesi di follia nel buio tragitto della vita. Danaro, violenza, passione morbosa, ipocrisia, nichilismo ecco i disvalori della società, ieri come oggi.

Ronconi per mettere in scena i numerosi episodi non consequenziali fa spesso ricorso al flash back e utilizza due piani di cui uno sotterraneo da cui, con l’utilizzo di sofisticati ingranaggi, emergono attraverso una serie di botole letti, porte, sedie, lunghe scale e personaggi. Finita la scena tutto (cose e personaggi) cala nel sottopalco dove si immagina la vita continui. Queste belle scene, curate da Marco Rossi, si fanno ammirare per funzionalità ed eleganza. Molto apprezzata la regia di Luca Ronconi in tutte le sue declinazioni (scene, recitazione, posture, movimento scenico, ritmo). Trovo invece eccessiva, quindi gratuita, l’esposizione (esibizione?) del corpo nudo. Anche se metto in sonno l’innato piacere voyeuristico, non vedo come, per fare un esempio, il corpo di Melibea nuda che giace a terra priva di vita (scena che inizia e chiude la commedia) risponda al criterio di funzionalità. Sia chiaro, non tiro in ballo il senso del pudore perché le scene sono prive di volgarità.

Fra gli attori è strepitosa l’interpretazione di Maria Paiato alla quale, paludata di nero e la faccia sbiancata, manca solo la falce per sembrare la morte. L’attrice rappresenta con assoluta padronanza scenica Celestina, la furba, ruffiana, perfida, ex puttana ora mezzana che morirà per eccesso di egoismo. La Paiato merita un supplemento di applausi per aver recitato sempre con voce forzatamente alterata in una specie di falsetto. Bravi gli altri attori: Paolo Pierobon (Calisto), Fausto Russo Alesi (Sempronio), Giovanni Crippa (Pleberio), Bruna Rossi (Alisa), Riccardo Bini (Sosia), Pierluigi Corallo (Centurione), Angelo DeMaco (Critone) e, last but not least, i bravissimi Lorenza Guidone (Melibea), FabrizioFalco (Parmeno), Lucia Marinsalta (Lucrezia), Lucia Lavia (Areusa), Gabriele Falsetta (Tristano), Licia Lanera (Elicia).

Belli i costumi di Gianluca Sbicca, funzionali le luci di A.J.Weissbard e il suono di Hubert Westkemper.

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