Nella vita? Mai procrastinare. È quello che capiscono, volente o nolente, Giorgio, Mariano e Nico, i tre metronotte protagonisti di Come tre aringhe, la nuova commedia scritta, diretta e interpretata da Marco Falaguasta (qui anche con la collaborazione di Mauro Graiani) in scena al Teatro De’ Servi di Roma, che durante il turno di guardia notturno al Delfinarium, si trovano a fare i conti con le loro vite. E purtroppo con risultati e bilanci non del tutto esaltanti…
Se il misterioso delfino bianco che devono sorvegliare (e che nessuno ha mai visto) rappresenta una lampante metafora dell’eccezionalità, è subito chiaro che i metronotte sono invece delle anime assolutamente normali, per non dire ordinarie, che le rendono molti simili a tre semplici aringhe.
La commedia si svolge tutta nell’arco di una notte raccontando con leggerezza e ironia, ma sempre con intelligenza e tatto, la vicenda umana di tre uomini molto diversi fra di loro, ma ugualmente delusi dalla vita. Giorgio (Marco Fiorini), è al suo primo giorno di lavoro come metronotte: ottimista e pignolo, sembra essere felice, ma si scopre che in realtà si è costruito una felicità del tutto artefatta e di facciata per sfuggire a una sconfortante realtà.
Nico (Piero Scornavacchi) è un disincantato, un uomo deluso dalla vita: appassionato di motori è costretto a lavorare metronotte per la famiglia, ma ha una moglie con cui non si parla da 20 anni e una figlia di 17 anni rimasta incinta e con la quale non è mai riuscito a instaurare un vero dialogo.
Mariano (Marco Falaguasta, alle prese con un personaggio apparentemente meno solare del solito), il capo reparto, è scontroso, pragmatico e solitario: arrabbiato con il mondo detesta tutto e tutti. Ex ispettore di polizia, è stato tradito proprio dalla giustizia e ha subito una profonda delusione sentimentale.
Tre storie, tre anime a prima vista apparentemente diverse che però vengono accomunate dalla notte: si capisce subito che nella notte i tempi e i ritmi sono diversi, tutto viene completamente alterato rispetto al giorno e si entra forse più in confidenza. È anche per questo che dopo l’ovvia diffidenza iniziale, i tre uomini riescono a confrontarsi l’un l’altro con maggiore sincerità in una conversazione che sa di catarsi.
In questa commedia tutta al maschile, giocata interamente sulla presenza scenica dei tre affiatatissimi pilastri della compagnia Bolaprima, non c’è alcuna presenza femminile reale: restano solo evocate le donne dei tre protagonisti che sono importanti e che hanno avuto effetti, e non pochi sulle loro vite, anche se in modo assolutamente diverso.
In una scena quasi confusionaria, esattamente come le vite dei protagonisti, con tanto di acquario alle spalle, i dialoghi della commedia regalano sprazzi di vita vissuta e vera, confermando la cifra stilistica e drammaturgica di Falaguasta che riesce a scavare con intelligenza dentro l’animo proiettato verso un senso di ottimismo, ma senza rinunciare alla leggerezza di un sorriso indispensabile per continuare a vivere e a riappropriarsi della propria vita con dignità. Un testo interessante e piacevole che prende vita attraverso le performance dei tre attori, una garanzia per il pubblico. In scena fino al 16 febbraio al Teatro De’ Servi di Roma.