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Festival dei 2Mondi (Spoleto): il programma del terzo weekend

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DANZA

Teatro Romano

venerdì 11, sabato 12 luglio ore 21.15

PAUL TAYLOR DANCE COMPANY

direzione artistica Paul Taylor

“celebrating 60 years”

la compagnia: Eran Bugge, Michelle Fleet, Parisa Khobdeh, Christina Markham, Heather McGinley, Laura Halzack, Jamie Rae Walker, Aileen Roehl, Michael Apuzzo, Francisco Graciano, Robert Kleinendorst, Sean Mahoney, Micheal Novak, James Samson, George Smallwood, Michael Trusnovec

direttore artistico Paul Taylor

répétiteur Bettie de Jong

lighting designer principale Jennifer Tipton

set & costume designer principale Santo Loquasto

executive director John Tomlinson

company manager Holden Kellerhals

director of touring engagements Timothy Robinson

direttore di produzione Steven Carlino

supervisore alle luci Micheal Dostal

supervisore alla sartoria Clarion Overmoyer

In principio c’era Martha Graham che ha cambiato il volto della danza e ha scoperto un nuovo mondo, seguita da Merce Cunningham, che ha spogliato le forme esteriori per penetrare nel cuore del movimento, ed infine c’è Paul Taylor, che fa penetrare il sole all’interno della danza

La Paul Taylor Dance Company danzerà al Teatro Romano di Spoleto nell’ambito del suo “2014 Diamond Anniversary Tour”, la stagione del 60° anniversario che celebra i capolavori creati da Paul Taylor in sei decadi di attività, dal 1954 ad oggi.

Da molti considerato il più grande coreografo americano vivente, Paul Taylor è fondatore e icona dominante della modern dance americana e le sue idee hanno continuato ad influenzare l’arte del 21° secolo. Durante i suoi 60 anni di attività, Paul Taylor ha creato oltre 140 coreografie, tra le quali quelle in programma nelle due serate del Festival. A 83 anni, Paul Taylor continua a ideare e produrre nuove opere.

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Programma di venerdì 11 luglio

AIRS

musica Georg Friedrich Händel

dai Concerti Grossi, Op. 3 n.2, 3, 4° & 4b, 6

e da Alcina, Ariodante, Berenice e Salomon

coreografia Paul Taylor

scene e costumi Gene Moore

luci Jennifer Tipton

(prima rappresentazione 1978)

durata: 25 minuti

Airs è un’opera di lirica bellezza e di una musicalità mozzafiato. Una danza d’amore e di gioia. Una danza di musica e di silenzio. I danzatori si muovono come se fossero un’unica cosa con l’aria che respirano, una perfetta armonia di danza e di musica.

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AMERICAN DREAMER

musica brani di Stephen Foster

cantati da Thomas Hampson

coreografia Paul Taylor

scene e costumi Santo Loquasto

luci Jennifer Tipton

(prima rappresentazione 2013)

durata: 21 minuti

I danzatori evocano l’America del diciannovesimo secolo con una danza bucolica fatta di corteggiamento e humour. La partitura è composta da canti popolari che sono stati elevati a inni dal primo grande compositore nazionale, Stephen Foster (1826-1864), interpretati da Thomas Hampson.

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PIAZZOLLA CALDERA

musica Astor Piazzolla e Jerzy Peterburshsky

coreografia Paul Taylor

scene e costumi Santo Loquasto

luci Jennifer Tipton

(prima rappresentazione 1997)

durata: 22 minuti

Piazzola Caldera è lo sguardo di Paul Taylor al cuore del tango. Questo lavoro non aspira a danzare i passi tipici del tango, ma a denudare l’essenza dell’energia e del sentimento che hanno dato vita a questa danza. Uomini e donne esistono per creare e soddisfare i desideri e le fantasie degli altri difendendo il proprio territorio come predatori sessuali.

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Programma di sabato 12 luglio

MERCURIC TIDINGS

musica Franz Schubert, Sinfonie n.1 e 2

coreografia Paul Taylor

costumi Gene Moore

luci Jennifer Tipton

(prima rappresentazione 1982)

durata: 25 minuti

Mercuric Tidings è una danza che crea musica visiva. L’essenza del complesso capolavoro di Schubert si rispecchia in palcoscenico: i ballerini vi corrono attraverso, creando quello che un critico ha definito “caos organizzato”. La velocità accecante, quasi prossima alla collisione, e il disegno geometrico che Mercuric Tidings presuppone, lasciano il pubblico senza fiato.

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DUST

musica Francis Poulenc Concert Champêtre

coreografia Paul Taylor

set e costumi Gene Moore

luci Jennifer Tipton

(prima rappresentazione 1977)

durata 26 muniti

“La coreografia Dust viene creata nel 1977, ed è una celebrazione del corpo torturato e danneggiato. Paul Taylor lo ha definito nel 1991 su Newsweek come ‘un’ode a quella umanità colpita da afflizioni’.

Dust è uno dei tanti bizzarri e squisitamente raccapriccianti spettacoli di Taylor, in cui viene presentata una situazione assai misteriosa e un po’ sinistra. Lo stesso coreografo rivendica la complicità del pubblico: si ha la netta sensazione di non dover assistere a tutto questo, eppure non si riesce a resistere. In una scena di Dust, un ballerino sdraiato sul pavimento viene appeso ad una corda tirata dagli altri, un atto che richiama ad un rituale segreto. La musica, Concert champêtre di Francis Poulenc per clavicembalo e orchestra, è seria e beffarda allo stesso tempo, talvolta perfino irriverente. La coreografia di Taylor e gli originali costumi ideati da Gene Moore riflettono questi stati d’animo passeggeri con una sensibilità straordinaria. I ballerini, dal temperamento giovane e carismatico, hanno saputo valorizzare ogni singolo, impetuoso movimento” (Allan Ulrich, Dance Review)

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PIAZZOLLA CALDERA

musica Astor Piazzolla e Jerzy Peterburshsky

coreografia Paul Taylor

scene e costumi Santo Loquasto

luci Jennifer Tipton

(prima rappresentazione 1997)

durata: 22 minuti

Piazzola Caldera è lo sguardo di Paul Taylor al cuore del tango. Questo lavoro non aspira a danzare i passi tipici del tango, ma a denudare l’essenza dell’energia e del sentimento che hanno dato vita a questa danza. Uomini e donne esistono per creare e soddisfare i desideri e le fantasie degli altri difendendo il proprio territorio come predatori sessuali.

Il Tour Diamond Anniversary è reso possibile con il prezioso supporto di:

MetLife Foundation sponsor ufficiale Paul Taylor Dance Company. La stagione 2014 è resa possibile con il supporto di SHS Foundation and the Board of Trustees and Friends of the Paul Taylor Dance Foundation, National Endowment for the Arts and the New York City Department of Cultural Affairs in partnership with the City Council. Ulterior aiuti dal New York State Council on the Arts con il sostegno del Governor Andrew Cuomo e del New York State Legislature.

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PAUL TAYLOR

Con le sue 140 creazioni dal 1954, anno di fondazione della Paul Taylor Dance Company, Paul Taylor è il più grande pioniere vivente della modern dance americana. Attraverso le sue creazioni Paul Taylor continua a offrire convincenti affreschi sulla complessità della vita quotidiana e sui problemi più spinosi della società.

Per 20 anni virtuoso danzatore, Paul Taylor si rivolge esclusivamente alla coreografia nel 1974; la creazione che ne segue, Esplanade, diviene da subito un classico. Le sue creazioni sono eseguite dalla Paul Taylor Dance Company, dalla Taylor 2 e da numerose compagnie di ogni parte del mondo.

Insignito del Kennedy Center Honor (prestigioso riconoscimento assegnato ogni anno ad esponenti di spicco delle arti performative che abbiano dato un significativo contributo alla cultura americana), è protagonista del film documentario Dancemaker, nominato agli Oscar, nonché autore di un’autobiografia di successo Private Domain.

 

PAUL TAYLOR DANCE COMPANY

La compagnia è riconosciuta a livello mondiale come eccellenza nella danza moderna. Dalla sua fondazione, nel 1954, Paul Taylor ha coreografato circa 140 lavori molti dei quali divenuti vere e proprie icone e celebrate come tali a livello internazionale. La compagnia si è esibita in circa 64 paesi e più di 524 città. Paul Taylor continua a creare incessantemente almeno 2 coreografie l’anno per la sua compagnia composta da 16 danzatori. La sua autobiografia, Private Domain, è stata pubblicata nel 1987 e la compagnia è stata protagonista del film documentario Dancemaker, nominato all’Oscar nel 1999. Nel 2013 Paul Taylor ha pubblicato il libro Facts and Fancies una raccolta di saggi per lo più divertenti. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, inclusi due delle maggiori onorificenze artistiche di carattere nazionale: il Kennedy Center Honors e la National Medal of Arts.

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EVENTO SPECIALE

Riccardo Muti

CONCERTO PER UN AMICO

Orchestra Giovanile Luigi Cherubini

Riccardo Muti direttore

David Fray pianoforte

Ludwig van Beethoven

Concerto per pianoforte e orchestra in do minore n. 3 op. 37

Franz Schubert

Sinfonia n.4 in do minore “Die Tragische” D 417

in collaborazione con Ravenna Festival

si ringrazia la ditta Angelo Fabbrini Pianoforti – Pescara per la preziosa collaborazione

In un mondo dove la cultura viene quasi sempre ignorata, o addirittura calpestata, l’aver pensato di aggiungere nuovo splendore al bellissimo teatro “Caio Melisso” di Spoleto, è motivo di grande plauso e riconoscenza per Carla Fendi, che tale opera ha voluto restituire, ancora più bella, all’Italia e al mondo.

Ecco perché non ho potuto sottrarmi alla richiesta della cara amica Carla, di dirigere in questo spazio un concerto dedicato al marito Candido, partecipando così al Festival di Spoleto insieme alla mia amata Orchestra di giovani, Luigi Cherubini.

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MUSICA

Piazza Duomo

domenica 13 luglio ore 19.00

CONCERTO FINALE

Il musical americano

degli anni Quaranta e Cinquanta

Richard Rodgers e Oscar Hammerstein

Frederick Loewe e Alan Jay Lerner

con

June Anderson soprano

Paulo Szot baritono

direttore Wayne Marshall

Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI

produzione Spoleto57 Festival dei 2Mondi

Il Concerto finale, che per tradizione conclude il Festival, porta quest’anno, sul palcoscenico di Piazza Duomo, due grandi protagonisti della scena lirica internazionale: il soprano June Anderson e il baritono Paulo Szot saranno diretti da Wayne Marshall e accompagnati dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI in una serata dedicata ai più celebri musical di Richard Rodgers e Oscar Hammerstein e di Frederick Loewe e Alan Jay Lerner, con brani tratti da Oklahoma, South Pacific, The King and I, The Sound of Music, My Fair Lady, Camelot. Uno spettacolo di spiccata qualità artistica che nell’ultima sera del Festival trasporterà il pubblico verso la scintillante Broadway.

Richard Rodgers e Oscar Hammerstein

da Oklahoma (1943)

Ouverture Oklahoma

Oh, what a beautiful mornin’

People will say we’re in love

da South Pacific (1949)

Some Enchanted Evening

A Wonderful Guy

This nearly was mine

da The King And I (1951)

My Lord and Master

March of Siamese children

Frederick Loewe e Alan Jay Lerner

da My Fair Lady (1956)

I could have danced all night

Slaughter on Tenth Avenue

da Camelot (1960)

If ever I would leave you

Richard Rodgers e Oscar Hammerstein

da The Sound Of Music (1959)

Ouverture The Sound of Music

The Sound of Music (Maria)

Edelweiss

My Favourite Things

Laendler

Climb Ev’ry Mountain

I have dreamed

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4.48 PSYCHOSIS

Sinfonia per uno strumento solo

Teatro San Salvatore, 11 luglio 21.30, 12 luglio 21.00

di Sarah Kane

con Micaela Esdra

regia Walter Pagliaro

produzione Associazione Culturale Gianni Santuccio

impianto scenico a cura di Walter Pagliaro

assistente alla regia Ilario Grieco

traduzione Barbara Nativi

costumi Sartoria Teatrale “La soffitta”

foto di Mattia Simoncelli

4.48 Psychosis è un gesto di fiducia e di complicità nei confronti del teatro e al tempo stesso un grido di rabbia contro il mondo. La Kane prosegue con questo testo il cammino di progressiva disintegrazione della struttura drammatica che aveva avviato nelle esperienze precedenti. In Psychosis non ci sono più personaggi ma voci che raccontano, gridano, soffrono e giocano anche, intersecandosi fra loro e rubandosi il tempo. Frammenti di esperienze, ricordi, odori e sensazioni, riaffiorano alla memoria in modo caotico, repentino, senza una logica apparente: tutti però uniti da un comune denominatore, il dolore. Più nessuna didascalia, più nessuna scenografia, in questa ultima prova della Kane: il teatro torna ad essere una cavità assoluta e aspra, senza suggerimenti o effetti consolatori, senza illusioni. Scompare allora anche la punteggiatura e persino l’impostazione della pagina scritta subisce sussulti continui, terremoti tipografici, come se le parole si staccassero automaticamente dal loro contesto naturale per assurgere a vita autonoma, come pietre da scagliare contro qualcuno. Il teatro può, sa e deve lanciare le sue provocazioni, i suoi sassi contro i benpensanti, altrimenti non ha ragione di essere. Ogni processo di edulcoramento evasivo, di perbenismo gratificante, di compostezza civica, di successo, di integrazione nelle istituzioni, è in realtà la tomba stessa del teatro.

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QUAI OUEST

Approdo di ponente

teatro Nuovo Gian Carlo Menotti

11 luglio ore 18

12 luglio ore 15

13 luglio ore 15

di Bernard-Marie Koltès

traduzione Saverio Vertone

regia Paolo Magelli

scene Lorenzo Banci

costumi Leo Kulaš

luci Roberto Innocenti

musiche Arturo Annecchino

dramaturg Željka Udovičić

con (in ordine di apparizione)

Valentina Banci, Paolo Graziosi, Francesco Borchi, Francesco Cortopassi, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone, Alvia Reale, Mauro Malinverno

nuova produzione

Teatro Metastasio Stabile della Toscana

in collaborazione con Spoleto57 Festival dei 2Mondi

Mi pare sia stato Walter Benjamin in una discussione a Monaco di Baviera, quando ancora le nubi naziste parevano lontane, a dire ad un gruppo di giovani autori tedeschi e austriaci, in occasione di una riunione per il premio Büchner, che i grandi testi si possono raccontare in due minuti.

Ebbene, Quai Ouest è un grande, graffiante, tragico affresco che annuncia inequivocabilmente la fine della nostra cultura e della nostra civiltà.

Come tutte le grandi opere di critica questo testo fa violenza ai valori morali e politici sui quali è basata la nostra società, mettendo in discussione non solo la sopravvivenza della nostra cultura, ma quella dei nostri popoli. E lo fa in modo tragicomico, analizzandoci con la curiosità che ha il bambino quando scopre per la prima volta il formicaio.

Monique e Koch – una, laica alla permanente rincorsa di se stessa, l’altro, intellettuale cattolico amministratore di beni ecclesiastici che ha perduto insieme al senso del denaro anche la fede – sono due borghesi che si sono persi in una nuova ‘giungla della città’, una giungla situata sulla riva (sinistra?) di un fiume vicino all’approdo di un fantomatico ferry dove resistono magazzini abbandonati attraversati da un’autostrada.

Koch sa bene che questo è il luogo dove regnano i nuovi padroni.

I protagonisti della subcultura suburbana che ormai tutti noi ben conosciamo.

È in questo luogo che lui desidera essere ammazzato.

Nel frattempo una famiglia di immigrati sudamericani, Rodolfe, Cécile, Charles e Claire, un giovane delinquente di belle speranze chiamato Fak, e una misteriosa creatura nera che tutti chiamano Abad, ci insegneranno con comica cattiveria chi siamo, dove stiamo andando e perché la nostra battaglia di sopravvivenza è definitivamente perduta.

Koltès ha il coraggio di mettere sulla carta una struttura shakespeariana, ponendo, proprio come il grande maestro inglese, il monologo al centro della sua drammaturgia.

Il risultato di questo lavoro è incredibile perché l’autore riesce a raggiungere vette di sublime poesia e, tradendo le manie della drammaturgia frammentaria a lui contemporanea e a noi ben nota, dimostra di conoscere la macchina teatrale come pochi altri.

Per lui la forma è solo un mezzo e non un punto d’arrivo, come ci dimostrerà in altre opere, trasformandosi continuamente fino a ‘cambiarsi’ totalmente come, per esempio, in Roberto Zucco, la sua ultima opera.

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