
La compagnia giapponese dei Tokyo Ballet, il Trittico di Maurice Béjart, le monumentali scenografie delle Terme di Caracalla. I numeri per il secondo, prestigioso appuntamento della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma c’erano decisamente tutti e le aspettative non sono state tradite: il debutto a Caracalla dell’acclamata compagnia giapponese è stato un successo complice anche il bel programma proposto, un Trittico di Maurice Béjart di grande effetto, composto da Sept danses grecques, Don Giovanni e Le sacre du printemps.
Nel programma in scena, sapientemente scelto ad hoc anche per venire incontro alle esigenze del pubblico e molto adatto agli spazi grandiosi delle Terme romane, i Tokyo Ballet dimostrano di essere una compagnia tecnicamente perfetta anche e soprattutto nell’insieme, nella loro essenzialità, e nella loro padronanza stilistica.
Nelle Sept danses grecques, i ballerini, torso nudo e pantaloni neri larghi, e le ballerine, body nero e collant, danno vita alle danze greche (su musiche di Mikis Theodorakis), alternando passi a due a pezzi corali, lasciando respirare attraverso movimenti lenti e calibrati, ora energici, tutto il folklore delle danze greche cromaticamente ed efficacemente ridotte a un corposo bianco e nero, tanto perfetti da far emergere quasi il lato apollineo delle danze che non l’ebbrezza dionisiaca.
In chiusura una delle più celebri creazioni di Béjart, la rivoluzionaria Le sacre du printemps su musica di Stravinskij: composto nel 1959, il balletto è un inno-ode alla primavera che si dischiude attraverso la forza energica dell’erotismo, attraverso i corpi perfetti e contratti dei danzatori in lotta con le loro pulsioni, attraverso una forza incontrollabile, quasi violenta, istintiva, mai romantica o pittoresca. È una sorta d’iniziazione, l’unione fra uomo e donna che i danzatori del Tokyo Ballet colgono con estrema efficacia.
Incastonato al centro del programma un piccolo gioiellino, un divertissement con colpo di scena finale, il Don Giovanni con le variazioni di Chopin sul Là ci darem la mano di Mozart.
In scena una moltitudine di soavi fanciulle in rosa o nero che aspettano con trepidazione l’arrivo del Don Giovanni, seduttore per eccellenza. Béjart ha giocato sul potere dell’immaginazione di chi è innamorato, sull’attesa delle fanciulle estasiate, perse fra i sospiri della loro infatuazione, fra piccole rivalità e gelosie: con tanto di catalogo mozartiano in mano, mentre una silfide fa capolino di tanto in tanto, le fanciulle sono particolarmente emozionate e convincenti nell’interpretazione e non solo nella tecnica. Applausi calorosi del pubblico estasiato dalla tecnica e dalla freschezza della compagnia che quest’anno festeggia il cinquantesimo anno della fondazione.
Prossimo appuntamento con Il lago dei cigni di Cajkovskji nella versione di Bart che debutta il 3 luglio alle ore 21.00.