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Magazzino 18

fotoUno spettacolo di e con Simone Cristicchi

scritto da Jan Bernas

regia Antonio Calenda

 

 

La strada è piena di gente e le macchine faticano a passare. Già dall’arrivo al teatro Rossetti di Trieste si nota una moltitudine di pubblico, un brulicare di persone, briose e consapevoli, che si dirigono verso un luogo nel quale sanno che per le successive due ore non parleranno ma ascolteranno. Si ha la sensazione di essere parte di un evento. In un teatro strapieno lo spettacolo inizia con l’immagine del porto vecchio di Trieste e di una voce vagamente comica di un impiegato del Ministero che viene mandato nella città giuliana per “sistemare” la pratica del Magazzino 18. Un convincente Simone Cristicchi nella parte dell’impiegato rapisce il pubblico del Politeama Rossetti. Lo spettacolo affronta il dramma dell’esodo dalle terre della Dalmazia e del Friuli, del dolore e del silenzio su quelle pagine di storia del nostro Novecento poco conosciute. Il protagonista nel cercare di compiere il proprio lavoro si trova dinnanzi a storie di uomini che hanno perso tutto tranne la dignità. “Tra questi armadi mangiati dal tempo e questi letti di sogni infranti, tra le montagne di sedie di legno che sembrano ragni aggrovogliati. Tra cassapanche di foto ingiallite e di esistenze scampate alla bora sono nascoste migliaia di vite che nel silenzio ci parlano ancora.” Il testo preso da Il cimitero degli oggetti racconta dell’enorme valore che hanno gli oggetti lasciati ad aspettare al Magazzino 18, un valore non economico ma affettivo tanto che gli “oggetti” si trasformano in “soggetti” come dice lo stesso Cristicchi che per lo spettacolo ha scritto musiche e canzoni inedite. Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e da Promo Music. In una successione di flashback e momenti corali realizzati con i bambini del laboratorio Starts Lab preparati nella parte musicale da Marco Staffè ci si immerge dolorosamente nelle vicende di Nora, Marinella, Nazario e di tanti altri testimoni di una storia spesso negata e controversa in cui non ci sono stati vinti. Come in una matriosca in cui ogni bambola ne contiene un’altra, così le storie degli uomini di settant’anni fa vengono alla luce con le loro brutture, con le sofferenze e le speranze. Ogni sedia, armadio, tavolo ha un numero, un nome, una sigla come una schedatura di una carta d’identità del dolore. La tensione rimane sempre alta e la partecipazione del pubblico è completa anche grazie alla bravura dei bambini del laboratorio Starts Lab di Trieste, diretto da Luciano Pasini, che consapevoli del ruolo non hanno mai abbassato la guardia ma sono stati ottimi interpreti di un dramma ed hanno riempito la scena con la forza della sincronia e dell’interpretazione vocale. Un appassionato Simone Cristicchi è allo stesso tempo attore e cronista, protagonista ed attonito osservatore. Altamente coinvolgente la FVG Mitteleuropea Orchestra diretta da Valter Sivilotti, che si svela solo a fine spettacolo, con l’alzata della quinta e la sorpresa dell’esecuzione dal vivo. Uno spettacolo tanto intenso da diventare quasi troppo lungo perché troppi gli orrori e le sofferenze. Dopo una scrosciante ovazione liberatoria, si torna a casa sotto una pioggia che riscatta le lacrime trattenute per vergogna o per decenza ed in compagnia della musica nel cuore di Dentro la buca.

 

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