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Decamerone. Vizi, Virtù, Passioni

fotoliberamente tratto da “Decameron” di Giovanni Boccaccio

adattamento e regia: Marco Baliani

drammaturgia: Maria Maglietta

con Stefano Accorsi

e con Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Mariano Nieddu, Fonte Fantasia, Naike Anna Silipo

scene e costumi: Carlo Sala

luci: Luca Barbati

produzione: Nuovo Teatro | Fondazione Teatro della Pergola

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Giovanni Boccaccio avrebbe sicuramente apprezzato ed applaudito il suo “Decamerone”, rivisitato dal genio di Marco Baliani, presentato al Teatro della Pergola con una Prima Nazionale; immaginiamo, anzi, lo stesso Boccaccio, completamente assorto dalla semplicità, dalla giocosità e dal novellar leggero che caratterizzano questo spettacolo. La visione di Baliani svela la natura stessa della poetica boccaccesca: la leggerezza, il viver di materia grezza, laica e rocciosa, l’alternanza (nel ritmo e nei contenuti) di un linguaggio sublime, licenzioso, poetico, a volte erotico.

Le sette novelle portate in scena vivono, quindi, in questo “sali e scendi” di concetti e situazioni, in una cornucopia di avvenimenti, concatenate, cucite, l’una all’altra, senza che il pubblico perda l’attenzione e la catarsi nel quale si è calato.

Il “Mastro di Brigata”, Stefano Accorsi, accompagna gli spettatori in quello che è un vero e proprio viaggio in alcune regioni della nostra nazione, dove le storie non servono più per dimenticare la minaccia del morbo della peste, bensì per distrarci, momentaneamente, dalla pestilonza odierna, dalla corruzione, dall’impudicizia e l’impudenza dei potenti, dal malessere della nostra società, che percepiamo costantemente, giornalmente, attorno a noi.

Vizi, virtù e passioni, quindi, riscoperte in un testo del ‘300, ma che in realtà è attualissimo ancora oggi (e forse più di quanto lo fosse in passato), perché anche ora come allora “al caldo se la ridon i furbacchion di sempre” e, fiduciosi nel fatto che “i malvagi poscia o pria pagheranno”, ciò che convien fare è non stancarsi d’amare, perché l’amore è il nutrimento atto a portare speranza e ad irrobustire lo spirito e “lo mondo appar, per lo transito almen di queste nostre scene, meno terribil di quanto già non sia”.

Stefano Accorsi, descrive la sua idea di teatro come un rito che crea vita, che crea un’energia che l’attore e lo spettatore si scambiano vicendevolmente, per uscirne entrambi più forti, anche se sembra difficile e complicato: “Fino a quando racconti e trasmetti vita, ricevi vita. La fantasmagoria dell’immaginazione: è questo che deve arrivare al pubblico”.

La particolarità del “Decamerone” di Baliani sta nel mastodontico lavoro di rivisitazione del linguaggio boccaccesco, in quel tradimento, come lui stesso lo definisce, dell’“italico di antica foggia” che lui e Maria Maglietta hanno magistralmente ricostruito: “la levità boccaccesca è un ritmo che impregna e scandisce ogni azione, e bisogna essere capaci di accordarcisi, imparare a sentirne la pulsazione e lasciarsi andare. Ma è difficile. Pasolini affrontò questo nodo con una recitazione dislocata e straniata, con le voci doppiate, lasciando ai paesaggi, agli scorci, al pittorico dispiegarsi di popolo in costume, la soavità del testo.Ma questo in teatro non è possibile, la carne degli attori e delle attrici è presente

e non ammette dislocamenti.E poi Boccaccio non è affatto naif, non mette in scena un popolo ma personaggi di materia concreta, invenzioni letterarie che vivono musicalmente nel linguaggio” (Marco Baliani).

Dietro ogni parola, pesata e studiata con dovizia, si celano quarant’anni di esperienza teatrale e drammaturgica, riscoprendo forse una lingua “inusueta”, che il pubblico potrà faticare a riconoscere, ma che poi in realtà sa e si ricorderà che è sua, che è parte dei suoi dialetti, del suo patrimonio; una narrazione bellissima, ma estremamente complessa e difficile da recitare, e che di conseguenza valorizza ancora di più questa compagnia, molto affiata, di attori che si mettono in gioco con ilarità ed ironia, che camaleonticamente si alternano fra personaggi di primo e secondo piano e che, con maestria si cimentano con i dialetti e con gli endecasillabi.

Il “Decamerone” è il secondo atto del “Progetto Grandi Italiani”, coinvolgente tre autori quali l’Ariosto, il Boccaccio e il Machiavelli, legati all’area tosco-emiliana e a Firenze, e che potrebbe inaugurare un nuovo modo di fare teatro, rendendo popolare e fruibile la cultura alta. Marco Baliani e Stefano Accorsi avevano già portato in scena l’“Orlando Furioso” la scorsa stagione, con notevole successo, svecchiandolo con un inedito taglio comico. Non ci resta che augurargli buon proseguimento in vista dell’arduo lavoro che dovranno affrontare col terzo autore e i suoi grandi capolavori.

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