Ribalta, successo, potere, riconoscimenti, gloria. Questi sono gli ingredienti dello spettacolo Frost/Nixon, una produzione del Teatro dell’Elfo, realizzato insieme al Teatro Stabile dell’Umbria diretto e interpretato da Ferdinando Bruni (Frost) ed Elio De Capitani (Nixon) e andato in scena all’Arena del Sole di Bologna dal 9 all’11 gennaio.
Ancora una volta il Teatro dell’Elfo ha attinto la sua aspirazione da certa drammaturgia americana pungente e accattivante, anche, come chiave di lettura della nostra contemporaneità. In quest’occasione il pre-testo è la sceneggiatura di Peter Morgan Frost/Nixon-Il duello, scritto nel 2006, ha ottenuto enorme successo e divenuto anche un celebre film. Attesa, preparazione, scontro, rivalsa, tensione, sconfitta, vittoria. Tutte suggestioni, queste, che Morgan racconta partendo dalla preparazione delle quattro interviste che Richard Nixon concesse a un giornalista televisivo poco avvezzo alle questioni politiche e, perciò, ritenuto innocuo e un ottimo strumento per discolparsi dalle numerose accuse sul suo conto.
Due sono i protagonisti, due i poteri che combattono in questo duello senza esclusione di colpi: da una parte c’è Nixon, il Presidente che fu costretto a dimettersi dopo lo scandalo Watergate, un potere uscente che non accetta il suo declino e che vuole a ogni costo riconquistare la fama perduta. Dall’altra parte del ring troviamo David Frost, un giornalista da talk show televisivo, frivolo e ambizioso, interessato ai dati di ascolto e alla sua fama più d’ogni altra cosa. Un potere emergente, quello di Frost, che diventa simbolo del dominio mediatico che sempre più, da quell’episodio in poi, avrà un ruolo fondamentale nelle società contemporanee.
Il ritmo veloce e i rapidi cambi di scena creano dinamicità e permettono di tenere l’attenzione dello spettatore sempre alta. La scena è spoglia, e solo attraverso un eccelso gioco di luci – curate da Nando Frigerio – e a delle poltrone da ufficio ci troveremo di volta in volta in uno studio televisivo, in un aereo, in un’automobile o nelle rispettive abitazioni dei protagonisti. Unico elemento ornativo che accompagna tutta la pièce con la sua presenza apparentemente pudica sono le numerose televisioni che incorniciano la scena. Un simbolo, un veicolo, uno strumento, un apparecchio che ha modificato la percezione d’intere generazioni. Ed eccole dunque, le televisioni che ci circondano, senza che nemmeno ce ne rendiamo più conto; qui vengono anche usate per riprodurre immagini che sottolineano e amplificano l’azione: il logo della Casa Bianca, dell’IBM e della Mercedes, il Nixon di Andy Warhol, la cartina americana, Playboy ecc.
Interessante l’uso delle voci narranti che in questo caso sono due, proprio in rappresentanza delle due correnti di pensiero: da un lato Nicola Stravalaci interpreta il portavoce di Nixon e racconta l’episodio dal suo punto di vista di difensore, fino all’ultimo secondo, del Presidente; dall’altra parte in antitesi Bruni Ocana che rappresenta non solo James Reston junior colui che trovò i documenti per portare il Presidente a un’inconfutabile confessione, ma anche tutti quei giovani che con il loro impegno politico e militante si fecero portavoci della verità e della giustizia.
Vedere questo spettacolo narrare un episodio di quarant’anni fa e sentire dentro una profonda attinenza con i fatti contemporanei e ciò che più d’ogni altra cosa fa meditare. Il duello Frost/Nixon è ormai cosa nota, il successo che ebbero quelle interviste con i suoi quarantacinque milioni di telespettatori fa parte della storia, tutti conoscono l’esito di quel duello che portò Nixon a confessare di aver commesso atti illegali. Ma ciò che tiene veramente incollati alla sedia e che rende lo spettatore partecipe è il discorso che c’è dietro il fatto in sé: un discorso di etica, di responsabilità, di ammissione degli errori, di lealtà degli uomini di potere, dell’incapacità di retrocedere, di non saper accettare il proprio declino e ostinarsi, ad ogni costo, nel tentativo di contorcere la realtà e di omettere, infossare, quelle verità che sono scomode per il perpetuarsi del potere stesso. E tutto questo risulta terribilmente attuale.