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Roberto Fascilla: étoile danzatore e direttore di Compagnie di Balletto

fotoGentile maestro, per iniziare Le chiedo di raccontarci la sua formazione. A quanti anni ha cominciato a danzare e come ha scoperto l’amore per la danza?

Ho iniziato a 9 anni perché mio padre mi aveva portato ad una visita medica, alla quale risultai afflitto da rachitismo e mi dissero che necessitavo di ginnastica. Mio padre ai tempi era direttore al “Biffi Scala”, conosceva molto persone e alcuni insegnanti di allora, i quali mi consigliarono di intraprendere lo studio della danza classica. Entrai alla Scala nel 1947 e nel 1948 iniziò la scuola maschile del Teatro Scala e praticamente fui il primo allievo maschio della Scuola dell’Accademia scaligera. I primi due anni furono vuoti e io venni aggregato al Corso superiore in cui c’era Carla Fracci, nel 1949 praticamente la Scuola iniziò ad avere anche adesioni maschili (a parte io che avevo dato l’avvio) si presentarono futuri danzatori come Bruno Telloli, Amedeo Amodio, Vittorio Biagi e altri.

Qual è stata poi la grande occasione che l’ha condotto a diventare étoile del Teatro alla Scala?

Mi diplomo nel 1958 con “Il passo d’addio”. Entro nel Corpo di Ballo all’età di 13 anni nel 1950. Nel 1960 divento solista. Nel 1963 primo ballerino e nel 1969 vengo nominato Etoile. La mia nomina avvenne dopo aver già interpreato il Lago di Balanchine e la Cenerentola di Rodriguez (balletto in cui debuttò Carla Fracci). Dal 1965 in poi interpretai tutto il repertorio classico dal Lago dei cigni a Romeo e Giulietta, Coppelia e l’intero repertorio scaligero di Balanchine naturalmente con la tourneé nei teatri di tradizione (compresa l’Arena di Verona, in cui il Corpo di ballo della Scala veniva scritturato interamente per la stagione). Nel 1955 all’Arena debuttò “Romeo e Giulietta” nella versione di Alfredo Rodriguez in cui l’interprete principale era Violetta Verdy e io debuttai nel ruolo di Paride.

Quali sono i ruoli che ha prediletto?

Ho danzato tutti i ruoli da protagonista del grande repertorio, con tutte le prime ballerine ed etoile della Scala. Il ruolo che ho amato di più è quello di Romeo anche se Cranko fa la prima versione di Romeo e Giulietta per il teatro dell’Isola di San Giorgio e io debutto nel ruolo importantissimo di Mercuzio.

Quali sono stati i momenti più importanti ed emozionanti della sua carriera, quelli che hanno determinato una svolta nella sua vita professionale e anche nella sua crescita interiore?

A un certo punto ho iniziato ad interpretare ruoli da demi-caractere e proprio a Bologna, Menegatti mi chiamò per interpretare uno dei ruoli più importanti nel balletto mai eseguito in Italia “Il fiore di pietra” di Prokofev nel ruolo di Severian con Carla Fracci. In questo ruolo praticamente ha preso l’avvio la mia carriera di danzatore-interprete.

Qual è stato lo spettacolo che ha segnato il passaggio da danzatore a maestro di danza? Quando ha capito e deciso di smettere di danzare?

Come coreografo debutto a Spoleto al teatrino delle Sette voluto da Alberto Testa (era una sorta di lancio per tutte le giovani promesse), con un bellissimo passo a due di Francis Poulenc “il secondo movimento per clarino e orchestra”. Da lì iniziò la mia carriera ed escalation come coreografo.

Durante un Concorso, quale tipo di ballerino la colpisce maggiormente, oltre alle doti tecniche?

Il problema dei Concorsi è legato fondamentalmente alla qualità degli iscritti e quasi sempre io cerco di non tralasciare il lato artistico e interpretativo anche perché la tecnica può essere interpretata.

Come si riconosce un buon maestro di danza e anche una capace Scuola di danza?

Una buona scuola è data dal materiale che riceve, le scuole si distinguono per due denominazioni: Accademia e Scuola. L’Accademia è quella che ha il vantaggio che può fare le selezioni e ammettere l’allievo con qualità e doti di natura. Le scuole purtroppo ammettono chiunque abbia il desiderio di conoscere quest’arte. Stessa cosa vale per l’insegnante perché il maestro si vede sempre più quando si ha un buon allievo. Il buon insegnante è quello che ha praticato la danza e sono convinto che una cosa è insegnare la danza e un’altra cosa è insegnare a danzare. Una cosa non sostituisce l’altra ma ci devono essere le due situazioni. E ancora peggio è insegnare con il libricino, anche l’insegnamento è un arte e come tale deve essere applicata.

A suo avviso qual è la differenza tra la danza in Italia e all’estero?

Il problema è che oggi le iniziative che riguardano la danza in Italia non sono sostenute da un contributo statale e di conseguenza tutto questo a volte procura una mancanza di professionalità.

Lei ha studiato con il metodo Cecchetti e ancor oggi lo insegna? Qual è la maggiore differenza con gli altri metodi tipo Vaganova eccetera?

Tutti i metodi sono giusti per iniziare a impostare un danzatore o una danzatrice ma sono anche limitativi perché non vanno solo applicati ma interpretati. Cecchetti è stato il precursore di tutti i metodi che sono nati via via nel corso degli anni.

Tutti gli allievi che ha cresciuto e le persone con cui ha lavorato la stimano profondamente. Che cosa la rende così amato?

La mia voglia di dire sempre ciò che penso però sempre al diretto interessato e mai per interposta persona e poi non dimenticando mai il passato e l’aiuto ricevuto per arrivare, aiutando sempre i giovani coreografi a poter rappresentare le loro qualità artistiche nei teatri importanti come il San Carlo, Arena di Verona e l’allora Comunale di Bologna. L’opportunità che hanno i giovani di oggi è quella di potersi confrontare con il passato a differenza di noi che non avevamo i mezzi tecnici per farlo perché non esisteva la tecnologia.

La ballerina e il ballerino nel panorama attuale, a cui riconosce l’eccellenza?

Non posso non riconoscere l’eccellenza oggigiorno di Roberto Bolle e Massimo Murru senza dimenticare che Nureyev ha rivalutato il ruolo di danzatore maschio.

Lei ha danzato con grandi partners di fama internazionale tra le quali Carla Fracci, Elisabetta Terabust, Luciana Savignano, Annita Cardus. C’era una sua preferita in scena?

Le maggiori emozioni le ho provate danzando in scena con Carla Fracci senza dimenticare la sicurezza tecniche delle altre danzatrici citate.

In passato ha diretto prestigiosi Corpi di ballo come il Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Comunale di Bologna, Arena di Verona. Quali sono i maggiori ricordi e soddisfazioni?

Due momenti importanti della direzione del Corpo di Ballo. Il primo all’Arena di Verona che ho diretto dal 66 all’82 e ho l’orgoglio di affermare di aver formato il primo Corpo di Ballo stabile di Verona e poi l’orgoglio di aver diretto per 7 anni (record assoluto) il San Carlo di Napoli e di aver programmato durante la mia direzione i balletti di tutti i più grandi coreografi del momento.

Qual è il balletto del grande repertorio che ha più amato?

Nella danza raccontata io credo che il balletto che ha dato una svolta decisiva al balletto interpretato è stato Romeo e Giulietta.

Tornando alla sua formazione, c’è stata una situazione in cui ha avvertito chiaramente l’esigenza di danzare?

Danzare non è un’esigenza ma è una gioia che si prova a tutti i livelli, interpretativi e tecnici e ancora meglio quando si hanno delle complici come partner in piena sintonia.

Durante la sua carriera ha conosciuto tutti i più grandi interpreti internazionali della danza. Chi ricorda maggiormente e perché?

La classe e la tecnica di Erick Bruhn, la grinta e la professionalità di Nureyev.

Oggi dirige la prestigiosa scuola milanese “Principessa”, cosa consiglia ai giovani che desiderano seguire l’arte della danza?

L’importante per i giovani è sapere che la danza è un arte ma ancora prima è una disciplina e di conseguenza bisogna essere disponibili a seguirla in tutte le regole.

Naturalmente è anche conosciuto, oggigiorno, come grande fruitore della danza attraverso il Premio MAB, un’eccellenza italiana di cui andare molto fieri. Sempre più prestigio e qualità aleggiano attorno al Premio…

Oggi dirigo il premio MAB (Maria Antonietta Berlusconi), un premio che ha una specificità in quanto predilige la danza classica e la neoclassica, non per escludere le altre discipline ma solo per accentuare l’importanza che la danza classica ha per la continuazione di tutte le altre discipline.

La danza classica è sempre stata vista come un’arte per l’élite. Cosa ne pensa a riguardo?

La danza non è più vista come un arte per l’elite anche perché per taluni è diventato un lavoro.

Crede che partecipare ai Concorsi di danza sia un buon inizio per la carriera di ballerino professionista?

Non credo che sia un buon inizio però credo che sia un ottimo modo per misurarsi con realtà esterne dalla scuola che si frequenta.

La differenza tra l’essere un bravo interprete e un bravo insegnante?

Una cosa non esclude l’altra e quasi sempre un bravo interprete ha un approccio più profondo con l’allievo (non limitato all’insegnamento della tecnica).

Ha partecipato in televisione anche a una nota trasmissione “Amici”, cosa ne pensa dei talent show sulla danza?

La trasmissione è nata con degli intenti importanti per la danza classica, via via si è persa e oggi da spazio alle liti. Il problema è che oggi Amici pensa più all’audience piuttosto che al suo primo scopo e cioè quello di promuovere la danza classica in televisione. Troppo liti, spesso inutili e non educative per gli allievi e poche esibizioni, questo non giova all’arte della danza.

In veste di coreografo ha creato molti lavori. A suo avviso cosa non deve mai mancare nella creazione di un balletto per essere un coreografo in grado di soddisfare le esigenze del pubblico?

Penso che l’astrattismo sia un modo per rappresentare la danza ma non deve essere fine a se stesso ma anche nell’astrattismo deve avere qualcosa che arriva al pubblico. Il più delle volte i coreografi creano solo per se stessi. È molto bello andare a teatro, vedere un balletto e capirlo.

Qual è la differenza tra l’essere un danzatore e un étoile?

I danzatori di oggi non hanno questi problemi di interpretazione in quando è tutto migliorato sia la qualità espressiva sia la tecnica e di conseguenza la differenza che c’è tra un danzatore e un etoile è l’interpretazione in assoluto.

Danza accademica e danza moderna: possono comunicare tra loro?

Io penso che il movimento del corpo, creato con armonia e certa musicalità possa in ogni modo chiamarsi danza al di là del fatto che si possa rappresentare con un gesto tecnico o con un movimento del corpo.

Negli ultimi anni la danza, secondo lei, ha avuto un trend negativo o positivo nel nostro paese?

In Italia la tradizione più importante è quella operistica, molti teatri importanti come la Scala, l’Opera di Roma, il San Carlo hanno sempre avuto all’interno una Scuola di danza e un Corpo di ballo. I teatri di tradizione hanno sempre ospitato Corpi di ballo per interpretare le danze nelle opere, naturalmente tutto questo ha reso visibile le qualità dei danzatori-interpreti dei ballabili delle opere. Negli ultimi tempi quasi tutti i danzatori hanno pensato declassante danzare i ballabili, il risultato esecuzioni scadenti e molti importanti direttori d’orchestra che hanno sempre preteso il top come cast vocale e di conseguenza anche come cast di danza spesso si sono trovati un ottimo cast vocale e non altrettanto ottimo cast di danza, l’esito è la cancellazione di molti Corpi di ballo di teatri di tradizione e qualche volta anche la cancellazione delle danze all’interno delle opere liriche con il risultato: disoccupazione!!!

Qual è l’arte che ama maggiormente dopo la danzam?

La musica. Penso che tutti gli insegnanti, i coreografi, i danzatori e in ogni modo tutti quelli che pensano di praticare l’arte della danza debbano avere una conoscenza musicale se non totale perlomeno specifica.

Per concludere gentile Maestro, tre aggettivi per descrivere la danza?

Fatica, gioia e disciplina.

 

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