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La Biennale di Venezia: attribuiti i Leoni d’oro alla carriera dei settori “Danza”, “Musica” e “Teatro”

fotoAnne Teresa De Keersmaeker – Leone d’oro alla carriera per la Danza

Georges Aperghis – Leone d’oro alla carriera per la Musica

Christoph Marthaler – Leone d’oro alla carriera per il Teatro

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Un tris di Leoni per i settori Danza Musica e Teatro della Biennale di Venezia: sono stati attribuiti i Leoni d’oro alla carriera alla danzatrice e coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker (Danza), al compositore franco-greco Georges Aperghis (Musica) e al regista svizzero Christoph Marthaler (Teatro). Il riconoscimento ai tre artisti è stato proposto rispettivamente dal direttore Virgilio Sieni per la Danza, Ivan Fedele per la Musica e Àlex Rigola per il Teatro, e accolto dal Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta.

Protagonista della danza belga ed europea dagli anni Ottanta, in cui porta l’originale sintesi tra rigore formalistico e pathos, di cui Rosas danst Rosas è sfolgorante debutto e spettacolo manifesto, Anne Teresa de Keersmaeker rappresenta per il direttore Virgilio Sieni “il punto di congiunzione tra creazione e processi di trasmissione”.

“Il suo gesto poetico attraverso il corpo – scrive Sieni nella motivazione – ha reso possibile un travaso significativo tra le culture occidentali nella comprensione del corpo teatrale come medium della ricerca linguistica. Elevando lo spazio a tavola del mondo, vi ha dislocato i corpi di una ricerca che lascia percepire l’apertura dell’uomo a nuovi luoghi. Si è presa cura della misura e della durata del corpo sonoro dell’individuo e del danzatore per porlo sulla soglia del Mondo”.

Alla Biennale Danza la De Keersmaeker aveva portato Rain (2001), facendo danzare i suoi ballerini sotto una pioggia di corde argentate immersi nella struttura pulsante e circolare di Music for 18 Musicians di Steve Reich.

Punto di riferimento per il teatro musicale, genere che ha contribuito a rivoluzionare influenzando molti giovani artisti, il compositore Georges Aperghis secondo il direttore Ivan Fedele “rinnova radicalmente la pratica musicale integrandola con tutti gli ingredienti vocali, strumentali, gestuali e scenici trattati in maniera identica e traslati dall’uno all’altro contesto. Emblematiche, da questo punto di vista, sono le pièces teatrali Récitations e Machinations, che si fondano su di un linguaggio immaginario fatto di combinazioni virtuosistiche di fonemi in una scrittura veloce che si sviluppa attraverso processi di ripetizione e accumulazione. Questa scrittura rivela la coscienza profonda che Aperghis ha della funzione sociale dell’arte, della sua destinazione ad un pubblico che vi possa trovare elementi efficaci per ricostruirne la forma e coglierne la poetica attraverso i meccanismi della memoria. I suoi lavori sollecitano la partecipazione creativa degli interpreti che si trovano ad inventare un linguaggio immaginario ambiguo e spesso divertente che evoca l’origine della lingua in un furore enunciativo che precede il “senso”.

La Biennale Musica ha costantemente testimoniato il percorso di questo singolare compositore invitandolo fin dal 1972, anno in cui presentò Ascoltare stanca, emblematico della sua poetica.

Figura eccentrica della scena europea per la particolare commistione fra musica e teatro, il regista elvetico Christoph Marthaler ottiene il Leone d’oro alla carriera secondo il direttore Àlex Rigola “per la ricerca di un linguaggio personale. Per il suo lavoro musicale in spettacoli in cui apparentemente la musica non appare. Per il suo senso dell’umorismo. Un senso dell’umorismo sempre intelligente che permette di unire tragedia, dramma e commedia in un unico mondo. Perché ci fa sognare da svegli. Per la fantastica creazione di spazi scenici unici creati in collaborazione con l’immancabile Anna Viebrock, una delle migliori scenografe della storia del teatro. Per la sua capacità di porre davanti a uno specchio la società europea lasciando che osservi la miseria e la meschinità dell’umanità che ci caratterizza e che ci sa raccontare così bene”.

In passato il riconoscimento alla carriera per la Danza era stato attribuito a Merce Cunningham (1995), Carolyn Carlson (2006), Pina Bausch (2007), Jirí Kylián (2008), William Forsythe (2010), Sylvie Guillem (2012), Steve Paxton (2014); il riconoscimento alla carriera per il Teatro era stato attribuito a Ferruccio Soleri (2006), Ariane Mnouschkine (2007), Roger Assaf (2008), Irene Papas (2009), Thomas Ostermeier (2011), Luca Ronconi (2012), Romeo Castellucci (2013), Jan Lauwers (2014); il riconoscimento alla carriera per la Musica era stato attribuito a Goffredo Petrassi (1994), Luciano Berio (1995), Friedrich Cerha (2006), Giacomo Manzoni (2007), Helmut Lachenmann (2008), György Kurtág (2009), Wolfgang Rihm (2010), Peter Eötvös (2011), Pierre Boulez (2012), Sofija Gubajdulina (2013), Steve Reich (2014).

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Cenni biografici

Anne Teresa de Keersmaeker (Mechelen – Belgio, 1960) – Formatasi al Mudra di Maurice Béjart a Bruxelles e alla Tisch School of Arts di New York, del 1982 è il suo primo successo internazionale: Fase, quattro movimenti sulla musica di Steve Reich. Nel 1983 fonda a Bruxelles la compagnia Rosas, che debutta con Rosas danst Rosas, seguito nel 1984 da Elena’s Aria (su registrazione di arie cantate da Caruso), in cui impiega per la prima volta testi parlati e sequenze di film, e da Bartók/Aantekeningen (1986). Del 1987 è Verkommenes Ufer/Medeamaterial Landschaft mit Argonauten (un lavoro di teatrodanza basata su scritti di Heiner Müller), al quale si sono aggiunti, anno dopo anno, molti altri lavori, fra cui Drumming (1998), Quartett e I said I (1999), In Real Time (2000), Rain (2001, presentato alla Biennale Danza), Bartók/Beethoven/Schönberg Repertory Evening II (2006), Keeping Still (2007), The Song (2009) e il recentissimo Partita 2, che l’ha vista in scena insieme a Boris Charmatz. Nel 1992 Rosas è divenuta compagnia residente al teatro La Monnaie di Bruxelles, dove resterà fino al 2007; da allora de Keersmaeker ha lavorato alla realizzazione di un repertorio e alla fondazione di una nuova scuola di danza contemporanea, P.A.R.T.S. (Performing Arts Research & Training Studios), divenuta attiva nel 1995 e premiata nel 2010 dalla Biennale di Venezia con il Leone d’argento. Nel 1992 il cortometraggio in bianco e nero Rosa – coreografia di de Keersmaeker su musiche di Bartók – del regista Peter Greenaway ha partecipato alla 49. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Nella sua carriera de Keersmaeker annovera anche tre regie di teatro musicale: Il castello di Barbablù di Béla Bartók (1998), I due Foscari di Giuseppe Verdi) (2003), Hanjo di Toshio Hosokawa (2004).

Georges Aperghis (Atene, 1945) vive e lavora a Parigi dal 1963. Dopo i primi lavori di teatro musicale da camera (La tragique histoire du nécromancien Hiéromino et de son miroir, 1971) e non (Pandæmonium da Diderot, 1973; Histoire de loups da Freud, 1976), che lo impongono all’attenzione di pubblico e critica, fonda nel 1976 a Bagnolet l’Atelier Théâtre et Musique (ATEM), con cui hanno collaborato musicisti come Jean-Pierre Drouet e attori come Michael Lonsdale. Da allora, la sua produzione si è articolata in tre filoni fondamentali: quello del teatro musicale, dove tutti gli elementi (vocali, strumentali, gestuali, scenici) sono trattati sullo stesso piano e contribuiscono autonomamente alla drammaturgia. Dal ’76 (La bouteille à la mer) al ’97, anno del suo abbandono dell’ATEM, si contano più di 20 spettacoli di questo tipo (Conversation, 1985; Enumérations, 1988; H, 1992; Sextour, 1993 etc.), proseguiti dopo il ’97 con formule ancor più versatili (Paysage sous surveillance, 2002, su testo di Heiner Müller). Nel secondo filone confluiscono i lavori vocali e/o strumentali che spesso introducono aspetti teatrali, a volte semplicemente gestuali, nel tessuto del brano, senza aspirare però necessariamente a una dimensione scenica, ma definendo tutto attraverso la scrittura; tale dominio, abbandonato quasi totalmente negli anni ’80, è tornato in auge nel decennio successivo, fino all’ampio oratorio Die Hamletmaschine (2001, ancora da Heiner Müller). L’opera, ovvero il terzo filone, può essere considerata una sintesi dei primi due, poiché l’elemento con-federatore è determinante e la componente vocale il vettore principale dell’espressione. Fra le opere realizzate: Jacques le fataliste (1974, da Diderot), Je vous dis quee je suis mort (1978, da Poe), Tristes tropiques (1996, da Levi-Strauss), Avis de tempête, libretto dell’autore e di P. Szendy, prima assoluta all’Opéra di Lille nel 2004. Nel 2010 ha realizzato le musiche e la regia di Tourbillons d’Olivier Cadiot per il Théâtre du Rond-Point. Suoi lavori vocali (il ciclo delle Récitations) e strumentali sono incisi su Cd Montaigne.

Christoph Marthaler (Erlenbach – Svizzera, 1951) – Nato nel 1951 a Erlenbach, nel cantone di Zurigo, studia musica, principalmente oboe e flauto. Muove i primi passi nel mondo del teatro a Parigi, dopo il maggio ’68, frequentando la scuola di teatro di Lecoq. Ispirato da questi due universi artistici, crea spettacoli dove musica e parole sono in dialogo continuo, come Indeed, il primo di una lunga serie (Zurigo, 1980). Negli anni ’80, quasi tutti i più grandi teatri di lingua tedesca (Deutsche Schauspielhaus Hamburg, Burgtheater Wien, Staatstheater Stuttgart, Schauspielhaus Düsseldorf, Staatsschauspiel München, Schauspiel Bonn e Schauspielhaus Zürich) gli commissionano progetti musicali per il teatro, fra cui si ricordano: Blanc et Immobile, un progetto su Eric Satie con due pianoforti, un contrabbasso una voce e quattro attori; Vexations, un’interpretazione della composizione di Eric Satie (durata 24 ore) nell’ambito del Zürcher Minimal Festival (1985); Ribble Bubble Pimlico, serata dedicata a Kurt Schwitters, con musicisti e attori del Zürcher Schauspielhauskeller (1988).

Nel 1988 Marthaler inizia il suo lavoro al Teatro di Basilea. Di questi anni sono: Ankunft Badischer Bahnhof (Arrivo alla stazione Baden), progetto per attori e musicisti, nell’ambito del cinquantenario della “Notte dei cristalli” (1988); Wenn das Alpenhorn sich rötet, tötet, freie Schweizer, tötet …ein Abend über Soldaten, Seviertochter und ihre Lieder (Quando il corno alpino si tinge di rosso, uccide, svizzeri liberi, uccide…una serata su soldati, figlie di camerieri e le loro canzoni), presentato nell’ambito del referendum per l’abolizione dell’esercito svizzero al teatro di Basilea (1989); la rappresentazione diventata leggendaria Stägeli uf, Stägeli ab, juhee! per attori e musicisti (1990), in occasione della commemorazione dei 700 anni della Confederazione Elvetica. La rappresentazione di Murx den Europäer! Murx ihn! Murx ihn! Murx ihn ab! (Uccidi l’europeo! Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo! Fallo fuori!) è realizzato indipendentemente dal Teatro di Basilea, con attori della Volksbühne di Berlino.

Dal 2000 al 2004 dirige la Schauspielhaus di Zurigo. Di questo periodo si ricordano: Groundings (2004), una corrosiva denuncia politica su molti aspetti della Svizzera contemporanea; Die Fruchtfliege (2005), ambientato in un futuro in cui i sentimenti umani, ormai perduti, sono oggetto di una grottesca indagine scientifica; Papperlapapp (2010), nato nel suo ruolo di artista associato al Festival di Avignone; King Size e Letzte Tage e Ein Vorabend 82013).

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