venerdì, Marzo 29, 2024

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“La scuola” di Domenico Starnone

fotoLa scuola”, la commedia che ho visto ieri sera al Teatro Franco Parenti ha avuto un effetto energizzante, una flebo di carica positiva, una scossa salutare per quei neuroni preposti al sorriso che si stanno ormai reclinando come fiori in deficit d’acqua. Nemmeno il teatro, figuriamoci la vita, riesce a fargli rialzare la testa con le solite angoscianti, troppo intelligenti pièces o con elucubrazioni che finiscono col far fumigar il cervello o ancora con banali esercitazioni che riescono solo a sollecitare una risata di pancia. “La scuola” è un esercizio intelligente che attinge alle sorgenti della comicità che sgorgano dalle nevrosi dell’uomo moderno contaminandola con gli stilemi della commedia dell’arte. Consiglio di prendere e godere la pièce per quella che è senza porsi domande su che cosa, al di là del racconto, l’autore abbia voluto dimostrare. Senza cioè farci incantare dal mantra della metafora, dalle indagini sociologiche che ne esaltano l’attualità.

Tutte le rappresentazioni, anche le più antiche (da Shakespeare a Molière, a Horovitz tanto per parlare delle ultime viste) sono attuali dal punto di vista del comportamento umano, ma ribadirlo è un esercizio inutile perché l’uomo, ingolfato nei suoi atavici disvalori, è sempre quello, non è cambiato, né cambierà. I suoi limiti caratteriali ed esistenziali, le sue nevrosi sono eterni, come la furbizia, l’avarizia, l’invidia, l’ipocrisia, la meschinità, la volontà prevaricatrice. Nel nostro caso la satira apre, col grimaldello della comicità, la scuola in senso lato ma l’oggetto potrebbe essere qualsiasi altro aspetto della vita sociale. Quindi come dicevo godiamoci questo bellissimo spettacolo che ci fa ridere più che riflettere sui vizi e difetti di cui abbiamo coscienza.

La vicenda si svolge nella palestra di un istituto tecnico della periferia romana dove i professori sono costretti a riunirsi, per l’inagibilità della fatiscente sala riunioni, per gli scrutini finali che chiudono l’anno scolastico. La personalità dei vari docenti non può essere più disparata, di “normale” (si fa per dire) c’è solo il prof. Cozzolino (Silvio Orlando) che si pone la domanda “cosa vogliamo farne degli ultimi della classe, di quelli che non riescono a seguire il passo degli altri?” ed è quindi pronto a giustificare come “creative” le demenziali attitudini dei suoi allievi (uno in particolare Cardini) pur di salvarli dalla bocciatura. C’è poi un ingegnere sessuomane (Antonio Petroncelli) che dirige i propri interessi verso colleghe e alunne ed è moltoo amato dal Preside che ne sfrutta le competenze tecniche, e ancora l’insegnante di religione (Vittorio Ciorcalo) di scarsa pulizia personale e morale, poi il professore di francese (Roberto Nobile) che soffre del complesso di inferiorità e sfoga le sue pulsioni nevrotiche con atteggiamenti classisti che gli fa gridare“almeno uno fatemelo bocciare”. Poi c’è la prof. di storia dell’Arte (Maria Laura Rondanini) soggetta ad una forma di egocentrismo paranoico. Unica Prof. normale (che cerca di intrallarzarsi con l’imbranato Cozzolino) è l’insegnante di ragioneria interpretata da Marina Massironi che riesce a coniugare rigore e comprensione. Last but not least la figura centrale del preside (Roberto Citran) un essere debole, arrendevole, ipocrita ed eccessivamente ignorante. In questo serraglio di personaggi esilaranti si dibatte sul destino di una classe irrequieta e bizzarra che dividerà il giudizio dei professori e diventerà pretesto per scatenare pettegolezzi, accuse, recriminazioni, rese dei conti che stemperano la loro carica eversiva nel sarcasmo e nell’ironia.

In questo genere teatrale il ritmo, la scansione dei tempi, il linguaggio del corpo da parte degli attori sono elementi determinanti il successo dell’opera. Bravissimo il regista Daniele Luchetti a disciplinare con tempi perfetti, senza sbavature o indulgenti autocompiacimenti le interpretazioni degli attori che tutti meritano un caloroso applauso: Roberto Nobile, Roberto Citran, Vittotrio Ciorcalo, Antonio Petroncelli, Maria Laura Rondanini. Naturalmente le parti più impegnative hanno dato la possibilità a Silvio Orlando e a Marina Massironi di tirar fuori dal loro bagaglio tecnico (in particolare mimica e posture) i pezzi più pregiati.

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