Lezione spettacolo sulla nascita del teatro comico
Un altro monologo al teatro Tiberini per chiudere la breve stagione teatrale organizzata dall’AMAT col sostegno dell’Amministrazione comunale.
In palcoscenico il versatile Eugenio Allegri, attore torinese dalle mille sfaccettature che ha lavorato con artisti di chiara fama, come Dario Fo, Stefano Bollani, Alessandro Baricco e tanti altri. E proprio di Dario Fo si sentiva l’impronta recitativa, il Dario Fo del gramelot e del “Mistero Buffo”, di cui alla fine Allegri ha recitato alcuni passi, ma il carisma e la forza teatrale di Dario Fo sono di ben altra levatura.
La Commedia dell’Arte è al centro dello spettacolo, nel senso che Allegri ci propina una lunga lezione sulla nascita e sullo sviluppo del teatro comico, che nasce dal popolo e dalla piazza, sul contrasto tra Carnevale e Quaresima (ha detto che per carnevale l’attore si mette un naso grosso e per quaresima una maschera bianca, boh!). In omaggio alla maschera veneziana indossa la maschera del vecchio Pantalone e parla in dialetto veneziano, interpretando da solo un dialogo tra padre e figlio, indossa varie maschere e per ognuna cambia voce, registro, recitazione, parla in versi, per endecasillabi, e il pubblico coinvolto risponde.
Riprende la storia del teatro dal 1500 al 1700, quindi menziona Ruzzante, l’Aminta del Tasso, Cyrano di Rostand, poi si veste e saltella da Arlecchino.
In pratica intercala la spiegazione, appesantita da fastidiosi “come dire”, con gradevoli esempi interpretativi, riconoscibili da chi sa la storia del teatro; Allegri, mobilissimo e instancabile, è bravo nella caratterizzazione del personaggio, sia esso diabolico o angelico, comico o drammatico, ma in realtà non si capisce dove voglia andare a parare, perché l’argomento è talmente vasto che non basta pizzicare in qua e in là per esaurirlo o renderlo chiaro.
Si ha l’impressione che il suo obiettivo sia quello di far ridere la gente, fidando sullo stimolo immediato. E la gente ride. Quindi? Obiettivo raggiunto.