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Italia protagonista a Cannes 2015

fotoLeggendo l’elenco dei film in gara alla 68ª edizione del Festival di Cannes (certamente la più ‘blindata’ per le giuste e opportune misure antiterrorismo), sembra di fare un salto nel secolo scorso, e non perché i film in gara siano ‘vecchi’ per tematica o impostazione, ma perché l’Italia è tornata a essere protagonista con tre splendide opere – tutte meritevoli della Palma d’Oro (auguriamoci che nell’incertezza non venga premiato un film, anche degno, di un’altra Nazione) – dopo molti anni di partecipazioni non a livello della nostra storia.

Forse solo gli appassionati ricordano che l’Italia con 12 Palme d’oro (o Gran Prix come a volte è stato chiamato il primo premio) è seconda solo agli Stati Uniti (19 vittorie), quasi tutte ottenute tra il 1946 (prima edizione del Festival e prima vittoria italiana con Roma città aperta di Roberto Rossellini) e il 1978 quando il Festival è vinto da Ermanno Olmi con L’albero degli zoccoli replicando il successo dell’anno precedente dei fratelli Taviani con Padre Padrone: una doppietta che chiude un ciclo favoloso in cui il nostro cinema per fantasia, tecnica, argomenti trattati e capacità registiche godeva di una leadership riconosciuta ovunque.

Occorrerà attendere il 2001 per una nuova Palma d’Oro: Nanni Moretti con La stanza del figlio. Nelle edizioni successive i migliori risultati sono stati due Grand Prix (entrambi a Matteo Garrone nel 2008 con Gomorra e nel 2012 con Reality) e il Premio della Giuria assegnato nel 2008 a Paolo Sorrentino per Il Divo.

Garrone, Moretti e Sorrentino sono i tre italiani (rispettivamente con Il racconto dei racconti, Mia Madre e Youth La giovinezza) che contenderanno la Palma d’Oro alla nutrita schiera di registi esteri tra i quali particolarmente temibili sono gli orientali (il giapponese Kore-Eda Hirokazu, i cinesi Jia Zhang-Ke e Hou Hsiao-Hsien e l’anglo-indiano Asif Kapadia) a volte sopravvalutati nei festival, il greco Yorgos Lanthimos e l’ungherese Laszo Nemes, senza dimenticare i francesi (fra cui Emanuelle Bercot che ha aperto il Festival e Stéphane Brizé) che comunque giocano in casa, il norvegese Joachim Trier e l’anziano ma sempre valido (specialmente per i movie-road) regista statunitense George Miller.

Era da anni che non si proponeva un ‘duello’ tra italiani a livello di quelli storici tra Vittorio De Sica ed Edoardo de Filippo (1951), Federico Fellini e Michelangelo Antonioni (1960), Luchino Visconti, Ermanno Olmi e Marco Ferreri (1963), Elio Petri e Francesco Rosi (1971).

I tre concorrenti italiani, pur presentando lavori molto diversi, hanno in comune la godibilità per tutti delle loro opere pur nella ricchezza di tematiche – anche profonde e capaci di suscitare riflessioni su quanto si è visto – sull’uomo e sulla società/civiltà che ci circonda.

La presenza italiana è completata – nella sezione Certain regard – dal film di Roberto Minervini Louisiana-The other side, un quasi documentario non facile e molto forte sull’America degli emarginati, invisibile e abbandonata dalle Istituzioni.

Di notevole interesse anche la presenza italiana nella sezione Semaine de la critique con il trentunenne regista Jonas Carpignano autore di Mediterranea, storia del viaggio di Koudous Seihon dal Burkina Faso a Rosarno (comune della Calabria salito alle cronache per problemi legati all’immigrazione) e racconto dell’atmosfera e dell’accoglienza che trovano gli immigrati quando sono in Italia.

Domenica si conoscerà il verdetto della giuria presieduta dai fratelli Coen, registi di notevole valore. La partita è aperta: l’edizione 2015 del Festival ha presentato moltissime opere di notevole valore, anche se nessuna (o forse solo il francese La loi du marché di Stéphane Brizé su un tema quanto mai attuale e doloroso come il lavoro, la sua perdita e il declassamento sociale) ha lo spessore morale, umano e artistico di Youth La giovinezza.

Qualsiasi sia il film vincitore all’Italia andrebbe attribuito un riconoscimento per la selezione più omogenea e di alto valore artistico pur nella ampia diversità di temi e di stili: raramente un Paese ha presentato a un festival tre film da storia del cinema.

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