venerdì, Marzo 29, 2024

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C’è da morire dal vivere – Monologhi Pop: intervista a Martino Corti

fotoLa stagione del Teatro Spazio Tertulliano apre quest’anno all’insegna della novità: arriva “Monologhi Pop” di Camilla Salerno e Martino Corti, il quale ha gentilmente rilasciato un’intervista per il nostro sito; uno spettacolo che ribalta la concezione usuale dell’andare a teatro, e che attraverso spunti della vita personale del regista ci fa affrontare con leggerezza quelle domande che potremmo farci un giorno qualunque, in uno di qui momenti tra la fretta e la routine, nei quali abbiamo bisogno di delucidazioni, o anche semplicemente di pro-memoria, su quali siano i veri cardini della nostra vita quotidiana.

Un modo ironico di legare la profondità all’allegria, questa nuova forma di teatro-canzone sa coinvolgere il pubblico ponendosi esattamente al suo stesso piano, e per poco più di un’ora pone davanti ad una prospettiva diversa, a cui non siamo purtroppo più abituati, una prospettiva che vuol ricordarci quanto sia importante tornare bambini, almeno qualche volta, come in una pirandelliana “Carriola”, per trovare la serenità. Sulla scena sono presenti Martino Corti, accompagnato dalla chitarra di Luca Nobis… e dalla pianola di Vito Gatto. Le musiche sono di Martino Corti, Luca Nobis e Dj Kustrell.

In questo spettacolo, che parla spesso d’irrequietezza, si sente fortemente la presenza di Milano. Credi che vivere in una città come questa, frenetica e piena di stimoli, possa influenzare un animo agitato?

L’animo è irrequieto di per sé, indipendentemente dal luogo in cui si trova, che sia Milano, un’altra città, o la campagna… certo un posto tranquillo può aiutare, ma quel che racconto non si basa su nessun luogo, è il problema, in generale, del raggiungimento della serenità; tutti non sono sereni.

Proprio tutti?

Quasi tutti. Pochi sono sereni, e di questi pochi molti sono a meditare in montagna. Il punto è che bisognerebbe esser capaci di meditare anche al supermercato.

Solitamente queste riflessioni sono poste indirettamente, arrivano allo spettatore attraverso storie o allegorie, mentre qui sono il contenuto del racconto, se ne parla in modo naturale, schietto. Come hai trovato l’originalità per affrontarle, a teatro, in modo colloquiale?

Monologhi pop” è qualcosa di molto lontano dal teatro tradizionale, è una proposta che si colloca all’opposto dell’impostazione teatrale, è il mio modo di condividere esperienze e riflessioni, per cui lo spunto arriva dalla vita di tutti i giorni. Per anni ho studiato con passione la storia del teatro, ma ho capito che la sua impostazione classica, dal punto di vista della produzione, non è quel che fa per me.

Quindi non esiste il personaggio “Martino”?

Il personaggio artistico nasce dalla condivisione del positivo, prendo un po’ spunto da “ Viva tutto!” di Jovanotti. Sul palco voglio evidenziare tutti gli aspetti positivi di ogni situazione, cosa che nella vita non faccio proprio sempre.

Nello spettacolo è molto presente il tema del tornare bambini. Come mai?

La capacità di tornare bambini è un passo fondamentale per trovare la serenità, è molto più importante di quanto non si creda. E talvolta c’è molta difficoltà nel comunicarlo, nel farlo cogliere a tutti, spesso la gente non riesce a trovare il lato serio di questa affermazione e vi assiste come ad un qualunque altro sketch. È una risposta da parte del pubblico che a volte non ci si aspetta, o che si immaginava differente: riprovando alcune scene addirittura mi commuovevo, e pensavo di suscitare la stessa reazione negli altri, invece le ho dovute recitare in modo più leggero, ridendoci un po’, perchè mi sembrava più affine al sentire del pubblico.

Quanto siamo lontani dalla capacità di essere bambini?

Le persone purtroppo ne son ben lontane, come me, del resto.

L’autoironia ci può aiutare in questo?

Durante lo spettacolo dico che la capacità delle persone di prendersi in giro è direttamente proporzionale al loro grado di serenità. E lo penso davvero.

Alla fine di “Monologhi Pop” dici che ogni passo fatto per cercare di tenere qualcosa sotto controllo è un grande passo nella direzione opposta della serenità. Cosa intendi precisamente?

L’esistenza fa tutto da sola; quando ci rendiamo conto che nulla è sotto il nostro controllo possiamo rilassarci un po’ e iniziare a pensare alla serenità. Più cerchiamo di avere tutto sotto controllo più rischiamo di perderci tra tutte le preoccupazioni, ottenendo l’effetto opposto. Sereno è chi prende quel che viene.

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