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Ivanov

fotodi Anton Cechov – regia Filippo Dini
con Filippo Dini, Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe
 
scene e costumi Laura Benzi – musiche Arturo Annecchino, Luca Annessi – luci Pasquale Mari

Produzione Fondazione Teatro Due / Teatro Stabile di Genova

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Ivanov è il primo grande dramma di Cechov scritto quando l’autore aveva ventisette anni, nel 1887.

Al centro della vicenda c’è la storia di Ivanov, un uomo che ha perso la gioia e la voglia di vivere e si trascina affaticato nella sua vita senza riuscire a reagire a nulla, senza riuscire a combattere e senza svolgere nessuno dei suoi doveri. Ivanov è un anti-eroe, un uomo superfluo secondo la definizione del tempo, un inetto, probabilmente una persona affetta da depressione. Egli ha raggiunto tanti obiettivi in passato, ha ottenuto l’amore e ora non sa più cosa farsene ed è immobilizzato in una società che non lo capisce, tra la moglie malata che pretende giustamente qualcosa da lui dopo tanti i sacrifici e i salotti borghesi che lo prendono come spunto per i più succulenti pettegolezzi. Il personaggio di Ivanov è quanto mai attuale, rappresenta l’uomo che non riesce a andare contro se stesso, contro i propri demoni interiori e i periodi di crisi, che si fa sopraffare da tutto ciò che lo circonda e viene soffocato dalla perdita di valori. Il personaggio del medico, probabilmente alter-ego di Cechov, giudica aspramente Ivanov, più volte lo esorta a agire, a cambiare, ad aiutare una moglie malata che a causa sua si spegne sempre più in fretta, ma a nulla servirà, se non a chiudere Ivanov ancora più in se stesso.

A nulla varranno i rudi rimproveri di Borkin, mascalzone ma uomo d’azione, che amministra la proprietà di Ivanov, in un dialogo iniziale che appare quasi in un confronto ante litteram tra Macbeth e Amleto.

A nulla varrà nemmeno l’acerbo e speranzoso giovane amore di Sasha, che farà di tutto per salvarlo anche a costo di rovinarsi la vita.

Ivanov è immobile e destinato alla rovina.

Il dramma si consuma in tre ore, che tuttavia riescono ad avvincere lo spettatore anche nei momenti più lenti, come quelli in cui si viene trasportati nell’angosciante e finta realtà dei salotti borghesi.

Si è completamente catapultati nella vicenda, che ci assorbe, complici anche le scenografie di grande gusto ed effetto di Laura Benzi, che ha curato anche i costumi (veramente splendidi in particolare quelli della Babakina).

La regia è molto interessante e avvincente, e è di grande impatto la scena finale, molto simbolica, al rallentatore.

Filippo Dini infatti riesce a essere perfettamente a suo agio e molto convincente nel suo doppio ruolo di attore- regista e la sua interpretazione di Ivanov è ottima. Gli altri attori che affiancano il protagonista, Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe , sono anch’essi tutti molto validi e rappresentano con grande naturalezza e abilità il carattere e la psicologia di ciascun personaggio; in particolare Fulvio Pepe colpisce nel rappresentare il personaggio irruento e senza scrupoli di Borkin.

Un viaggio in una società in crisi, quella russa di fine ottocento, che in realtà può essere benissimo un viaggio nella nostra: ancora una volta il teatro e i suoi grandi autori riescono a essere sempre attuali nel corso della storia.

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