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“Lampedusa Beach” di Lina Prosa. Produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo

fotoCi sono spettacoli brevi e intensi, che esondano pathos e commozione, ci sono spettacoli che ci riportano all’origine della vita attraverso il dramma della morte, ci sono spettacoli carichi di istanti illuminati dalla speranza, dall’angoscia, dall’impotenza e dalla rabbia contro l’ineguaglianza del mondo che obbliga i poveri a cercare la vita e trovano la morte, ci sono spettacoli che trasformano la disperazione in sublime poesia. Stiamo parlando del primo atto (“Lampedusa Beach”) della “Trilogia del naufragio”.

Sono tre testi di Lina Prosa scrittrice e drammaturga siciliana che, a valere del detto nemo profeta in patria, è da noi conosciuta solo dagli addetti ai lavori mentre è molto apprezzata in Francia dove la Trilogia è già stata messa in scena alla Comèdie Francaise.

Lampedusa Beach” racconta la tragedia della nostra realtà quotidiana. Un bellissimo monologo sull’emigrazione clandestina. La storia del naufragio di Shauba, una giovane africana che, mentre il corpo sprofonda negli abissi al largo di Lampedusa, rievoca boccheggiando, in quegli attimi eterni, i momenti di quel viaggio epico dalle raccomandazioni dell’amata zia Mahama, alla crudeltà degli scafisti che, mentre cercano di violentarla fanno rovesciare la scialuppa. E con quel suo primordiale rapporto con l’acqua, parla con i pesci, si rivolge a Dio, fa un appello al Capo dello Stato italiano e al Capo dello Stato d’Africa, crede infine di essere arrivata a Lampedusa accogliente, balneare e sogna un giorno di invertire il percorso, da Lampedusa verso l’Africa. Scrive nelle note di regia l’autrice La visione di un mondo “rivoltato” trasforma la fine di Shauba in un evento rivoluzionario. Il suo atto finale è dunque politico. Chiama in causa il pubblico e la sua coscienza. Riduce a zero la distanza tra il possibile e l’impossibile”.

Recitare in apnea è la condizione richiesta dall’autrice al corpo e alla voce di Elisa Lucarelli, interprete straordinaria il cui grido di dolore di fronte all’ingiustizia si stempera nella speranza di un mondo migliore. Scene, luci e immagini sono curate da Paolo Calafiore, i costumi sono disegnati da Mela Dell’Erba e la regia è diretta dall’autrice Lina Prosa.

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