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“Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Dale Wasserman

fototratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey

Traduzione di Giovanni Lombardo Radice

Adattamento di Maurizio de Giovanni

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Dopo il grande successo del film “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Miloš Forman interpretato da un grandissimo indimenticabile Jack Nicholson, adattare per il teatro e mettere in scena il feroce atto di accusa contro l’ingiustizia e le vessazio0ni cui erano sottoposti gli “ospiti” dei manicomi del tempo, dopo quel grande successo dicevamo, Alessandro Gassmann ha dato prova di un grande coraggio e consapevolezza dei propri mezzi. Ma, diceva Virgilio “Audentes fortuna juvat.

L’adattamento dello scrittore Maurizio de Giovanni inquadra l’azione all’ospedale psichiatrico di Aversa in quei giorni del 1982 quando la mitica partita dei mondiali di calcio Italia-Gemania (3 a 1) infiammò gli entusiasmi di tutti gli italiani tranne di quei poveri detenuti ai quali venne negato pretestuosamente, con sadica violenza, il diritto di seguire la partita alla televisione.

La storia è ambientata in un ospedale psichiatrico i cui pazienti, suddivisi fra acuti e cronici, vengono tenuti sotto una rigida disciplina coercitiva dagli operatori della struttura e sottoposti a disumani metodi di cura. La storia inizia con un giovane napoletano Dario Danise un mariuolo che vive di espedienti e che si finge pazzo per evitare la durezza del carcere. Nevrotico, ribelle spavaldo impone la propria personalità agli altri sette malati, uomini vulnerabili e passivi i quali, dopo l’iniziale diffidenza, ne apprezzano la fondamentale volontà di migliorare la disumana condizione cui son asserviti contestando il sadico controllo di quell’aguzzina di suor Lucia. Ma la sua intrinseca volontà di ribellarsi e umanizzare la vita della comunità attira l’odio da parte di medici e infermieri che lo sottopongono ad elettroshock che però non riesce ad assopirne la vitalità e lo spirito ribelle. Nel frattempo Ramon un gigante buono che si finge muto e sordo per evitare, lui extra comunitario, di vivere “fuori” in una società cinica a razzista, svela la propria identità ai compagni di sventura. Ma la cosa irrita suor Lucia che minaccia di cacciarlo. A quel punto Dario non riuscendo a trattenere la sua indignazione prende per il collo l’aguzzina. Siamo alla fine, Dario viene lobotomizzato e riportato in corsia agonizzante. L’emozione, la compassione e il dolore di Ramon lo porta a porre termine alle pene dell’amico e lo soffoca con un cuscino. Poi prende la pesante statua della Madonna, la scaglia contro la finestra e fugge in quella società cinica e razzista che però non può non essere migliore.

Alessandro Gassmann con stile asciutto e narrazione ad alto tasso drammatico è stato bravissimo nel portare in scena uno spettacolo di grande intensità fonte di emozione, commozione e forte carica sociale in difesa della dignità umana dei malati contro il sistema repressivo dei manicomi e, per estensione, della società che toglie troppo spesso libertà e identità al diverso, all’individuo non conformista.

Gli attori sono bravissimi. Una grande prova di attore quella di Daniele Russo aiutato in questo caso dallo stretto vernacolo partenopeo che esprime con i giusti toni e cadenze il contesto sociale e culturale della storia. Brava Elisabetta Valgoi a caratterizzare in modo necessariamente “odioso” suor Lucia, ottima l’interpretazione di Mauro Marino nei panni del professore con problemi coniugali e ancora Marco Cavicchioli, Giacomo Rosselli, Alfredo Angelici, Giulio Federico Janni, Daniele Marino, Antimo Casertano, Gilberto Liozzi (Ramon), Gabriele Granito, Giulia Merelli.

La scenografia, curata da Gianluca Amodio, merita un applauso particolare per le soluzioni tecniche realizzate con uno schermo trasparente sul quale vengono proiettati, con tecnica multimediale e con grande impatto cinematografico, spezzoni di azioni e di emozioni. Importante nella realizzazione del successo le videografie di Marco Schiavoni, il disegno luci di Marco Palmieri, le musiche originali di Pivio e Aldo De Scalzi, i costumi di Chiara Aversano. Meritatissimi gli applausi da parte di un pubblico entusiasta, emozionato (e commosso).

Curiosità:

“Il nido del cuculo” (the cuckoo’s nest) al quale si fa riferimento nel titolo è una delle molte espressioni del gergo americano che indicano il manicomio.

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