Vincenzo Zingaro si dedica da anni allo studio della commedia classica antica, specchio degli umani vizi e degli innumerevoli mali che affliggono la società di ogni tempo.
Con l’intento di promuovere lo studio dei classici e recuperare le radici culturali delle origini del teatro attraverso una permanente attività di ricerca, soprattutto riguardo alla commedia classica, ha fondato nel 1992 la Compagnia teatrale Castalia, che ha ottenuto dal Ministero per i beni e le attività culturali il riconoscimento di organismo di produzione teatrale di interesse nazionale.
Mosso dal desiderio di avvicinare il pubblico al teatro classico, soprattutto i giovani e gli studenti, nel 2002 ha ristrutturato il Teatro Arcobaleno, già sede stabile della Compagnia, inaugurandolo come “Centro stabile del classico”. Una targa sulla facciata ricorda che lì è stata girata la scena di Alberto Sordi che dirige un gruppo di ballerine nel film “Un americano a Roma”.
Gli allestimenti di Zingaro sono materia di studio presso il Dipartimento di Storia dell’arte e spettacolo dell’Università di Roma “Sapienza”. La Società Dante Alighieri nel 2009 gli ha conferito la benemerenza per l’arte e la cultura italiana.
Lo abbiamo incontrato in teatro, prima che andasse in scena il suo ultimo adattamento di un’opera di Plauto, Truculentus.
Qual è la connotazione peculiare del Teatro Arcobaleno?
Il Teatro Arcobaleno risale agli anni ’30 e da allora è stato soggetto a numerose vicissitudini, da teatro di varietà a laboratorio di arti sceniche di Gigi Proietti, a cinema d’essai attraversando anche anni di abbandono. Dal 1992 la mia Compagnia Castalia vi effettuava le prove, finché ho deciso di ristrutturarlo conferendogli un orientamento verso i classici al cui studio mi dedicavo da anni.
Cosa intende per classico?
Lo intendo nel senso di Calvino “Un classico è un’opera che non ha mai finito di dire quello che ha da dire”. Castalia produce una programmazione di classici greci e latini, mentre il Teatro Arcobaleno è luogo di incontro e di dialogo fra cultura classica e contemporanea, ospitando compagnie di autori storicizzati e nuova drammaturgia con stimoli universali, oltre a spettacoli di musica e danza.
Tra la produzione classica, Lei privilegia la commedia: Aristofane per quella greca, Plauto per quella latina. Ritiene che sia più rappresentativa della società odierna e che eserciti un maggiore richiamo sul pubblico perché suscita la risata per i temi che affronta (il doppio, l’agnizione, la caricatura, la beffa, il servo astuto, l’intrigo amoroso)?
Questi sono temi presenti nella commedia latina. La commedia greca tratta invece argomenti importanti, filosofici e culturali, al pari della tragedia ma con maggiore leggerezza e ciò costituisce indubbiamente un buon viatico per il pubblico.
In Italia, storicamente, la tragedia è stata considerata veicolo di grandi tematiche quindi degna di essere rappresentata, mentre la commedia è stata relegata alle rassegne estive. Il pregiudizio verso la commedia classica l’ha lasciata ostaggio di compagnie che cercavano facili guadagni in maniera becera, infilando la battuta sul politico o sfruttando il nome televisivo, senza un approccio filologico. Io ho colmato questo vuoto restituendole la sua dignità.
Ho frequentato tanto il teatro greco e latino con una progressione continua, un percorso a tappe in cui ho scandagliato sempre aspetti nuovi. Il filosofo e storico della scienza Franco Voltaggio ha scritto un saggio sulla mia visione della commedia classica.
La commedia classica subisce spesso delle rivisitazioni. Ciò serve a renderla più fruibile?
Il teatro è materia pulsante, arte in movimento, che richiede una visione personalizzata. Strehler con “Arlecchino servitore di due padroni” ha reinterpretato la commedia di Goldoni rappresentando l’Italia in giro per il mondo con la Commedia dell’Arte. Si trattava della Commedia dell’Arte intesa secondo l’ottica, la fantasia, lo studio, la sensibilità di Strehler. Non esiste materiale oggettivo di rappresentazione della Commedia dell’Arte, ne abbiamo solo notizie frammentarie e alcune incisioni del Fossati. Anche Plauto, cui dobbiamo la nascita del teatro moderno, basa la sua fortuna sulla “contaminatio” presente nella palliata che è il genere teatrale di commedia latina di ambientazione greca. Senza Plauto non ci sarebbero stati Shakespeare e Molière, che hanno rielaborato e sono diventati a loro volta dei classici.
Io da 24 anni creo il mio percorso di ricerca con i miei parametri di studio, e getto un ponte alle nuove generazioni per far arrivare loro lo spirito di Plauto, perfino ricorrendo a qualche tradimento. Riscrivo e assemblo tutti gli elementi esaltando alcune caratteristiche, estrapolando alcune tematiche secondo la mia visione. I testi antichi sono suscettibili di riletture, le manipolazioni sono un arricchimento, tranne alcune operazioni disoneste che puntano a fare cassetta.
Qual è l’approccio degli studenti con questa forma d’arte teatrale?
Il Teatro Arcobaleno effettua matinée tutto l’anno, è il leader che sbaraglia la concorrenza. Il giovane è un fruitore delicato che va formato e sensibilizzato. I ragazzi si incuriosiscono, scoprono un’impronta di serietà e vengono catturati, scatta l’affiliazione e vogliono tornare. Vengono da tutto il Lazio ma anche da altre regioni, il mondo della scuola è per il nostro teatro un serbatoio di incassi con oltre 20.000 studenti l’anno. Si tratta di un fenomeno culturale unico in Italia con questi numeri.
Come viene rinnovata la produzione teatrale di Castalia?
In ogni ciclo di studi di 6 anni alcune commedie vengono riproposte con variazioni, nuovi allestimenti, perfezionamenti. Lo studio e la ricerca sono in continuo working in progress.
Come si caratterizza la messinscena di Truculentus di Plauto, in cartellone in questi giorni?
La rilettura del testo trasla tutti i riferimenti negli anni ’30, innestando parallelismi tra la Grecia e la Sicilia (Magna Grecia), le guerre puniche dell’epoca di Plauto e le guerre di espansionismo coloniale di inizio Novecento, il miles latino e il gerarca fascista, i postriboli romani e la romagnola sensualità felliniana alla “Gradisca”.
Oltre alla rivisitazione del testo c’è anche una commistione di generi?
La trama di Truculentus ci è giunta frammentaria e disorganica e per questo è stata poco rappresentata. È un testo difficile da mettere in scena ed è inevitabile intervenire radicalmente. Le parti cantate, invece, sono tipiche di Plauto che è stato il precursore dell’opera buffa e del musical.
Gli studiosi vedranno un Plauto innovativo come non s’era mai visto, che si rivela commediografo davvero contemporaneo.
Truculentus è in scena al Teatro Arcobaleno di Roma fino al 20 marzo 2016