Per questo spettacolo, Eros Pagni ha vinto il premio “Le Maschere del Teatro 2015” come migliore attore protagonista
Il Teatro al Caffè San Marco
Sabato mattina ore 11,30 appuntamento all’Antico Caffè San Marco di Trieste. Gremito come sempre, il locale è caldo ed accogliente e seduta sul divanetto (logoro… ma è antico) guardo fuori. La grande vetrata mostra la gente che passa infreddolita e distratta. Pioviggina… non c’è più tempo perché un applauso spontaneo accoglie Eros Pagni ed il Teatro entra in scena! Un grande attore, come lui, al suo solo apparire rende magica l’atmosfera dell’Antico Caffè Letterario. Si parla di Eduardo con lo scrittore Italo Moscati autore del libro “Eduardo De Filippo. Scavalcamontagne, cattivo, genio consapevole”. L’incontro è organizzato dall’Associazione Culturale Amici del Caffè Gambrinus e dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia ed è condotto dalla giornalista Marina Silvestri e dal direttore dello stabile regionale Franco Però.
Si parla ovviamente anche dello spettacolo “Il Sindaco del Rione Sanità” che il Teatro Rossetti ospita per la prima volta. Le persone intorno a me lo hanno già visto e sono entusiaste della messa in scena e dell’interpretazione di tutta la Compagnia e naturalmente di Eros Pagni. Mi trovo accanto a lui alla fine dell’incontro e lo fermo perché una signora, una sua ammiratrice non ne ha il coraggio, non vuole disturbare. Ma io so che i complimenti del pubblico, quando sono sinceri e disinteressati fanno sempre un gran bene! E così la signora gli dice che per tutta la notte ha pensato allo spettacolo, dopo averlo visto, tanta era l’emozione che le era rimasta dentro! E poi seguiva la sua carriera da sempre, lo ricordava in bellissimi “Goldoni” – Ah! Goldoni! – Eros si è soffermato con piacere nel ricordo – Memorabili… con Squarzina…– Gli chiedo ancora dove è nato, perché la signora sapeva che era settentrionale, ma di preciso… – Sono nato a La Spezia –
Ed ancora più bravo Eros a portare in giro Eduardo! Ma si sa che gli Attori, quelli veri sono cittadini del mondo!
Inutile dire che la sera, alle 20,30 ero al Teatro Rossetti.
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Scene: Guido Fiorato
Luci: Sandro Sussi
Costumi: Zaira de Vincentiis
Musiche: Andrea Nicolini
Regia: Marco Sciaccaluga
Produzione: Teatro Stabile di Genova e Teatro Stabile di Napoli
Interpreti:
EROS PAGNI (Antonio Barracano)
MARIA BASILE SCARPETTA (Armida)
ANGELA CIABURRI (Geraldina)
MARCO MONTECATINO (Gennarino)
LUCA IERVOLINO (Amedeo)
FEDERICO VANNI (Fabio Della Ragione)
MASSIMO CAGNINA (Arturo Santaniello)
ORLANDO CINQUE (Rafiluccio Santaniello)
CECILIA LUPOLI (Rita)
FEDERICA GRANATA (Immacolata)
ROSARIO GIGLIO (O’Cuozzo)
PIETRO TAMMARO (O’Palummiello)
GENNARO APICELLA (O’Nait)
GINO DE LUCA (Catiello)
GENNARO PICCIRILLO (Pascale)
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La scritta “Il Sindaco del Rione Sanità” grande, a caratteri cubitali, che riempie tutto lo spazio del sipario, accoglie il pubblico al suo ingresso in teatro.
L’inizio lascia senza fiato: tutti gli attori sono seduti sul fondo del palcoscenico che ha una notevole pendenza. Una poltrona davanti, quasi al centro, come un trono avvolge la figura di Don Antonio Barracano che parla: “La morte non tiene creanza, ma un merito ce l’ha: chiude una ferita mortale, la ferita della vita. ed io sono morto a casa mia al rione Sanità la sera del 10 settembre 1960 e quello fu un lungo giorno per me”.
Si comincia dalla fine, ma pur conoscendo già la soluzione finale si segue lo spettacolo con attenzione. Il pathos come un’onda energetica travalica il boccascena, scende in platea sale sui palchi, fino al soffitto, inonda tutto il Teatro Rossetti.
Dalle prime battute, la voce calda, profonda, roca, penetrante, rabbiosa, sdegnosa, consapevole e triste di Eros Pagni impregna di umore viscerale ogni particella invisibile eppure densa dell’aria che si respira.
Gli attori, immobili come statue, cominciano a prendere vita ed assistiamo ancora una volta alla magia della creazione. I personaggi scritti sulla carta sono ora “persone” che si muovono, che parlano, che intessono la rete di relazioni guidati dalla splendida, sapiente regia di Marco Sciaccaluga: “nella convinzione che la grande famiglia del Teatro – con Eros Pagni e tutti gli altri componenti della Compagnia, artisti e tecnici- saprà ancora una volta restituire sulla scena quella unità di comico e tragico che contraddistingue la grandezza universale della commedia di Eduardo” (così nelle note di regia)
La trama è conosciuta. Racconta Eduardo “Antonio Barracano è un personaggio ripreso dalla vita reale: si chiamava Campoluongo. Teneva il quartiere in ordine. Venivano da lui a chiedere pareri su come si dovevano comporre vertenze nel rione Sanità. E lui andava. Una volta ebbe una lite con Martino ‘u Camparo e questo gli mangiò il naso. Questi Campoluongo non facevano la camorra, vivevano del loro mestiere, erano mobilieri. Veniva sempre a tutte le prime al Politeama o al San Ferdinando, prima che si ricostruisse il Sannazzaro. “Disturbo?” chiedeva. Si metteva seduto, sempre con la mano sul bastone.“Volete ‘na tazza ‘ e cafè?” Lui rispondeva:“Volentieri”. Poi se ne andava”.
Viene allestita una sala operatoria, arriva un ferito accompagnato dall’amico che gli ha sparato, ma che poi lo ha portato, non al Pronto Soccorso dove la Polizia avrebbe fatto troppe domande, ma a casa di Don Antonio, dove tutto si può risolvere. Conosciamo così la figura del Professore, il dottor Fabio della Ragione, medico figlio di un medico che insegnava all’università, ma che ha ormai deciso di partire per l’America, stanco di combattere una guerra senza speranza.
“Ero un professionista serio, mio padre insegnava all’Università! Ho disonorato il mio nome e sono stanco…Abbiamo rischiato la galera, non una, milioni di volte, io e voi per aiutare chi, chi? Una massa di individui spregevoli, abbietti, che sono la vera piaga di una società costituita…” ma Don Antonio lo interrompe “la vera vittima, volete dire, perché si tratta di gente ignorante e la società mette a frutto l’ignoranza di questa gente…”.
C’è una profonda filosofia in questo spettacolo, che è stato definito il più shakespeariano di Eduardo, una domanda sottende a tutto il testo: La legge è giusta? Quale legge? La legge dell’autorità costituita? “Perché la legge è fatta bene, ma sono gli uomini che si mangiano tra loro” oppure la legge di Don Antonio che scolarizza i suoi “Ignoranti”: “Lo volete capire che la vita si rispetta? Ah! Ah! Tu spari a me, io sparo a te, poi escono in mezzo i fratelli, i cognati, i padri, gli zii… ‘na carneficina, la guerra mondiale” e con uno schiaffone fa finire a terra quello che abita al rione Sanità e che ha fatto lo sbaglio di non andare da lui, prima a chiedere il permesso.. prima di sparare, e chiude così la vertenza tra i due questionanti che si danno la mano in segno di pace.
La ricerca della pace, di un’armonia sociale in una Napoli che ancora vive di sotterfugi e di piccoli imbrogli, di rapine e di usura, è una visione che affascina anche oggi, e non appare affatto opacizzata dagli anni.
La coscienza! La voce della coscienza strapperà il foglio scritto con il falso referto medico e il Professore , il medico in un rigurgito di “onestà” chiedendo scusa al suo amico Don Antonio, morto per la sua “visione” lo tradirà sperando in un mondo migliore.
Scritta e rappresentata nel 1960, Il sindaco del rione Sanità è una commedia che lo stesso Eduardo amava definire «simbolica e non realistica», una commedia che «affonda le proprie radici nella realtà, ma poi si sgancia da essa, si divinizza, per dare una precisa indicazione alla giustizia», perché «Don Antonio è qualcosa di assai diverso da quel capo camorra che all’inizio sembrerebbe che fosse: egli è un visionario che cerca di ristabilire nel mondo un ordine andato fuori sesto».
L’allestimento è superbo, la forte pendenza del palco costringe gli attori ad una faticosa “salita” per muoversi e finanche per uscire di scena. Come non pensare alla metafora della “fatica di vivere”?
Costumi puntuali che rimandano ad una precisa collocazione storica ed ambientale. Luci e musiche suggestive. La scena imponente e maestosa nella sua semplicità: pavimento e soffitto che parlano, partecipando a gran voce all’azione.
Una compagnia di quattordici attori (come non si vede spesso di questi tempi) affiatata, tutti molto molto bravi, convincenti e “veri”.
La regia ha dipinto quadri scenici di fortissimo impatto, giocando spesso anche con le ombre.
Controscena di movimento e di fermo immagine di grandissimo livello.
Una regia eccellente ha permesso al grande Eros Pagni una magnifica interpretazione.
E su tutti il nostro grandissimo Eduardo a cui sempre va il nostro ringraziamento per come ha saputo rendere universale il suo TEATRO.