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Provando…Dobbiamo parlare

Foto di Filippo Manzini
Foto di Filippo Manzini

di Carla Cavalluzzi, Diego De Silva, Sergio Rubini

 

con Fabrizio Bentivoglio, Maria Pia Calzone, Isabella Ragonese, Sergio Rubini

 

Regia: Sergio Rubini

Regista collaboratore: Gisella Gobbi

Scene: Luca Gobbi

Costumi: Patrizia Chericoni

Luci: Luca Barbati

 

Produzione: Nuovo Teatro in coproduzione con Palomar Television & Film Production

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Due coppie romane. Una borghese, con lavoro sicuro, figli precedenti, scappatelle, patrimoni, avvocati, bugie eccetera. L’altra non ha nulla. Niente matrimonio, figlie, proprietà…solo tanti libri, scritti assieme e un amore apparente. I quattro si conoscono e sono amici, ma ogni relazione sarà messa in discussione. I borghesi infatti, all’ennesima crisi coniugale, una sera si precipitano dagli altri due. Apriti cielo. Provando…Dobbiamo parlare non è altro che la trasposizione scenica dell’omonima pellicola di Sergio Rubini. Nascendo per il cinema, non ha quindi natura teatrale. Il tema non è nuovo, ma trito e ritrito, ovvero esseri umani di ceti diversi, nel numero di quattro, che danno vita a psicodrammi e paranoie all’interno di un salotto o di una sala da pranzo, con un testo farcito di reprimende e occasioni comiche – si veda Due partite di Cristina Comencini (2008), Le Dieu du carnage di Yasmina Reza da cui Polanski ha tratto Carnage (2011), Le Prénom di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte (2012), adattato da Francesca Archibugi ne Il nome del figlio (2015), giusto per citarne qualcuno. Ormai, pare essere questa la tendenza preferita, optare per stagioni con grandi nomi del cinema e della TV, non sempre certezza di qualità, a discapito del patrimonio teatrale autentico. Politica in effetti comprensibile se si devono riempire le sale in tempo di crisi, ma lungimirante sarebbe poi provvedere a successive stagioni con chi il teatro lo sa fare davvero.

Le scene di Luca Gobbi constano di un salotto in primo piano, con alle spalle un velario fisso dietro cui si cela la zona notte, percepibili solo grazie alle luci di Luca Barbati. In questi ambienti che riproducono l’attico romano degli scrittori si muovono i quattro interpreti. Sergio Rubini, oltre il regista, si riserva il ruolo dello scrittore in crisi, col suo modo di fare affettato e finto umile, ben contrastante col carattere sanguigno e ribelle della compagna. Quest’ultima ha le fattezze di Isabella Ragonese, valida attrice dalla carriera autorevole (Tutta la vita davanti, Dieci inverni, La sedia della felicità, Il giovane favoloso…), che qui però si perde nell’altrui profluvio dialogico. Fabrizio Bentivoglio è il vero motivo per cui recarsi a vedere lo spettacolo – il primo è rendersi conto che l’amore non è tutto in una relazione – perché la naturalezza con cui abita il Prof, ai limiti tra i compianti Funari e Califano, cattura lo spettatore e lo fa parteggiare con esso. Maria Pia Calzone, la dermatologa Costanza, recita con sostenuta petulanza e nulla più la parte della moglie tradita.

Il pubblico si diverte, ride a scena aperta e plaude soddisfatto al quartetto.

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