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“Benvenuto Cellini” di Berlioz al Teatro dell’Opera di Roma

Foto di Yasuko Kageyama
Foto di Yasuko Kageyama

Il talento eversivo e visionario del regista Terry Gilliam arriva in prima nazionale al Teatro dell’Opera di Roma nel nuovo allestimento del Benvenuto Cellini di Hector Louis Berlioz che debutta martedì 22 marzo alle ore 19.30 (in diretta su Rai Radio3).

La coproduzione, realizzata con l’English National Opera e De Nationale Opera di Amsterdam con la coreografia di Leah Hausman (co-regista), i costumi di Katrina Lindsay, le luci di Paule Constable e i video di Finn Ross, arriva a Roma dopo i successi europei di Londra, Amsterdam e Barcellona: quel che è certo è che ciò che animerà il palco del Costanzi sarà un allestimento molto diverso dall’ultimo Cellini visto nella Capitale nel 1995 con la regia di Gigi Proietti.

Gilliam, regista inglese, ex Monty Python, si confronta per la seconda volta con l’opera (dopo la Dannazione di Faust di Berlioz) detesta quanto ovvio e prevedibile e ama più o meno spudoratamente la visionarietà (basti pensare anche alla filmografia che include Brazil o La leggenda del re pescatore, Le avventure del Barone di Munchausen, L’esercito delle 12 scimmie o L’incompiuto Don Chisciotte) che sembra essere la cifra stilistica peculiare anche di questo nuovo lavoro, in perenne oscillazione fra il carnevalesco e l’onirico (realizzato con la co-regia Leah Hausman) di cui Gilliam ha creato anche le scene (in collaborazione con Aaron Marsden) da un’idea originale di Rae Smith. Al centro della scena, la testa del Perseo che Gilliam ha voluto “enorme, irreale a irrealizzabile” e che simboleggia la sfida della sua vita che si trasforma in una sorta di incubo.

Cellini assomiglia molto ai personaggi dei miei film, hanno molteplici personalità. È un mascalzone, un bugiardo, un imbroglione, un donnaiolo, infedele, avaro, avido ed egoista – sono le parole con cui Gilliam ha descritto in una recente intervista la personalità del grande orafo – Non è un bravo ragazzo, ma l’unica cosa che lo salva di sicuro è la sua arte: il suo enorme talento lo riscatta – ha concluso il regista sottolineando le affinità fra il suo cinema e il protagonista dell’opera.

La musica del Cellini è fortemente innovativa, ecco perché la prima a Parigi nel 1838 è stato un fiasco totale. I tempi di esecuzione sono molto difficili – spiega il Maestro Roberto Abbado, sul podio alla guida dell’Orchestra – la musica è ardita e scomoda e il ritmo è asimmetrico. È molto innovativo sul piano dell’orchestrazione, nella concezione e nell’uso del suono: Berlioz pensa a un suono spazializzato che riempie i vari livelli e anticipa le avanguardie musicali degli Anni Cinquanta. La musica al limite dell’ineseguibile crea tensione e mantiene sempre un andamento melodico e molto personale e racconta i momenti di solitudine e di gioia dell’artista: Berlioz in effetti vedeva in Cellini una sorta di suo alter ego, di certo il prototipo dell’artista romantico e la sua difficoltà di vivere”.

L’opera, che viene interamente ambientata dai librettisti Léon de Wailly e Henri Auguste Barbier nella Roma rinascimentale del 1530, racconta la vicenda personale, fra tormento e crisi, di Benvenuto Cellini, “bandito di genio” alle prese con la realizzazione della statua di Perseo fra personaggi reali, come Jacopo Balducci e Ascanio, e nuovi, come Teresa e Fieramosca: fra i pezzi più celebri, la smagliante parte dedicata al Carnevale che Berlioz rielaborerà nel 1844 con il titolo di Carnevale Romano.

E sarà proprio il Carnevale, un periodo in cui prende il sopravvento la follia e tutto è possibile, a invadere immediatamente la scena del teatro romano diventando il fulcro stesso di tutta l’opera: quella che sarà proposta sarà, sembra su espressa volontà di Gilliam, una sorta di mescolanza delle tre versioni in circolazione del Cellini (la prima dell’Opéra di Parigi del 1838, la ripresa all’Opéra nel 1839, la terza versione di Weimar nel 1852 diretta da Liszt che aveva proposto a Berlioz non poche modifiche).

Sarà unico invece il cast che darà voce ai personaggi e che vedrà John Osborn nel ruolo del protagonista, l’orafo Benvenuto Cellini, Nicola Ulivieri che interpreterà Giacomo Balducci, Alessandro Luongo nel ruolo di Fieramosca, il rivale di Cellini, Mariangela Sicilia, al debutto all’Opera, sarà Teresa, Marco Spotti sarà Papa Clemente VII, committente di Cellini, Varduhi Abrahamyan vestirà i panni di Ascanio, Andrea Giovannini sarà Pompeo, Matteo Falcier interpreterà Francesco, Vladimir Reutov sarà il taverniere e Graziano Dallavalle sarà Bernardino.

Due anni fa abbiamo pensato a questa produzione – spiega Natascha Metherell, regista assistente di Gilliam – e non c’era nessuno più di Terry che potesse rappresentare la follia di Cellini, di questo vero e proprio genio. Per Terry la cosa più importante era mantenere l’onestà dei personaggi: ciascun personaggio, anche nel Coro, mantiene la sua onestà e racconta una sua storia”.

Abbiamo voluto strenuamente quest’opera che non è assolutamente di repertorio: la musica è bellissima, innovativa, ma poco nota e viene usata come motore drammaturgico. Coro, cantanti e orchestra vengono messi a dura prova – spiega il Sovrintendente Carlo Fuortes introducendo il Celliniin un’opera che è stata rappresentata già nel 1995 a Roma: a distanza di quasi venti anni pensavano che fosse giusto riproporla e siamo riusciti a farlo con un grande spettacolo, una coproduzione importante che non passerà inosservata per il cast e la direzione”.

Dopo la prima di martedì 22 marzo (ore 19.30) in diretta su Rai Radio3, Benvenuto Cellini sarà replicato giovedì 24 (ore 19.30), sabato 26 (ore 18), martedì 29 (ore 19.30), giovedì 31 (ore 19.30) e domenica 3 aprile (ore 16.30). Tutte le informazioni su operaroma.it.

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