Drammaturgia di Michele Santeramo
regia di Michele Sinisi
con Michele Sinisi ed Elisa Benedetta Marinoni
tecnica Alice Mollica
scenografie Federico Biancalani
segretaria di produzione Serena Genero
progetto grafico Cristiano Minelli
produzione Bottega Rosenguild, Teatrino dei Fondi Pierfrancesco Pisani, con il sostegno di
Regione Toscana Comune di San Miniato
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Scritto da Michele Santeramo, “Scene d’interni dopo il disgregamento dell’Unione Europea” è una pièce la cui drammaturgia riflette su di sé quel senso insito nella narrazione come nel titolo, di frammentarietà e che si rivela grazie alla struttura episodica che – a ritroso nel tempo – racconta la vita dei due unici personaggi, lui Alberto (Michele Sinisi) e lei Silvia (Elisa Benedetta Marinoni).
La scena di Federico Biancalani nel suo minimalismo è, tra l’altro, la concreta trasposizione di questo globale senso di precarietà, chiaramente conseguente ad uno sfacelo politico che, scandito per tappe, coinvolge l’intimità dei protagonisti. Dei pannelli trasparenti sono gli unici oggetti, assieme ad un carrellino per la spesa ed un vecchio lampadario, ad essere in assito; sul fondo casse per strumenti musicali ed una sorta di piccolo guardaroba ci suggeriscono l’idea di meta-narrazione che la regia, più chiaramente in punti precisi, pare aver attribuito allo stesso lavoro.
Sui pannelli vi è affisso un manifesto “Identikit” con il volto del protagonista che nella prima scena – anno 2060 – saluta con in mano una maschera d’ossigeno la sua compagna al di là del vetro; è l’epilogo della loro storia. Sul proscenio Silvia, ormai anziana, è rivolta verso di noi, quasi come se ci fosse una leggera divaricazione fra personaggio ed attore che mette in evidenza l’atto del rappresentare; lo riusciamo a comprendere meglio quando Silvia si dilegua al piccolo guardaroba per cambiarsi, divenendo la madre di Alberto, o ancora quando la rappresentazione viene per un momento interrotta, verso la fine, dallo stesso Sinisi che c’introduce alla riflessione “per bocca dello stesso autore” registrata, atto senza dubbio provocatorio come provocatorio vuole essere questo spettacolo a destare non tanto una visione profetica, quanto un input di analisi critica. Da questa prospettiva comprendiamo il valore degli anni che si susseguono a ritroso: viene la volta del 2027, del 2019, del 2017, del 2016 ed infine del 2002, momento in cui l’Italia abbandona le vecchie lire per entrare nell’Euro e che coincide con il giorno nel quale Silvia ed Alberto si incontrano per la prima volta.
Appare da subito chiaro che la cronologia dell’Europa scandisce le tappe della storia dei due quasi per forza maggiore, dal momento che Alberto diviene parte attiva di una violenta guerriglia che si svolge nel vecchio continente, messo in ginocchio dalla finanza, sino al punto in cui si è costretti a sopravvivere rompendo le vetrine dei negozi o addirittura pagando alle banche cifre irrisorie per esserne debitori per lunghissimi anni.
Crolli monetari e uso di banconote false decretano sostanzialmente la totale virtualità del potere finanziario: “I soldi non sono più credibili. È dal baratto in avanti che non c’è più nulla di credibile” è il concetto che sottende alla drammaturgia di Santeramo che trova in una relazione uomo-donna un baricentro da porre come riferimento e metro rispetto a un’Apocalissi a posteriori.
Il punto di vista che assume questo lavoro teatrale si focalizza su un interno che possiamo intendere come un microcosmo, una micro-cellula, appunto la coppia; essa è posta nella sua “scena d’interno” attorno ad un simbolico pannello; ci sorprende uno sguardo al contempo lucido e asettico, la realtà è a scompartimenti stagni, c’è il fuori che è disordine e caos e poi c’è il dentro entro cui il dialogo polarizza i rispettivi ruoli maschile e femminile alle prese con il relativo confronto; il disinteresse di Silvia per ciò che accade fuori, in quanto rifiuto della presa di posizione di Alberto quale violento attivista antieuropeista, viene scardinato soltanto dalla rivelazione del tradimento. Il tradimento di coppia la “costringe” a connettersi con il caos dell’esterno, dopo che il suo “interno” ne è stato pervaso.
“Scene d’interni dopo il disgregamento dell’Unione Europea” resta un’esile impalcatura drammaturgica; un suggerimento di una prospettiva come quasi appena abbozzato che ci porge un piccolo binocolo con il quale provare ad immaginare la Storia a passo di gambero; un continente sfaldato, una geografia diversa. L’impressione è quella di assistere ad un lavoro incompleto nel momento in cui ambisce a costeggiare un tema, quale quello della finanza in Europa e del fallimento della moneta unica, troppo complesso sia pure volutamente sotto un’ottica particolare. Oppure è soltanto un suggerimento secondo un punto di vista necessariamente minimale nella quale siamo calati ed invitati a procedere ulteriormente da soli, avanti e dietro nel tempo, per trarre ciascuno di noi delle conclusioni.