martedì, Aprile 16, 2024

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Volpone

fotoLa commedia Volpone (in versi e in cinque atti), frutto della capacità di rifarsi con intelligenza alle tradizioni teatrali precedenti, dell’abile e acuto spirito di osservazione della società del proprio tempo e della fertile fantasia di Ben Jonson (Londra 1572-1637) – drammaturgo, contemporaneo di Shakespeare, di notevole eccellenza per qualità e varietà delle opere che gli danno imperitura fama – è scritta nel 1606 e rappresentata nello stesso anno dai King’ Men al Globe Theatre di Londra divenendo famosissima e tra le più rappresentate nei secoli.

Protagonista dell’opera non è tanto Volpone – ricco veneziano senza figli, che con l’aiuto dell’inaffidabile e ambiguo servitore e parassita Mosca inganna tre figuri avidi della sua eredità facendo credere di essere gravemente malato e sul punto di passare a miglior vita – che riceve regali che lo dovrebbero persuadere a lasciare i propri beni a uno dei donatori e che in realtà lo arricchiscono, quanto la silenziosa e serpeggiante brama di ricchezze che accomuna i protagonisti di quello che si può definire uno dei capolavori del periodo aureo del teatro inglese, rendendo la pièce di attualità sconcertante in ogni tempo: per tale motivo è una commedia particolarmente prediletta per il suo valore di denuncia.

Oltre al tema della cupidigia, vi è anche quello del desiderare a ogni costo una donna giovane e fresca indipendentemente dal fatto che sia sposata a uno dei tre aspiranti all’eredità, peraltro uomo superficiale, gelosissimo e rozzo, ma disposto a tutto pur di ricevere l’agognata ricchezza…

Un tale fitto e aggrovigliato intreccio d’inganni ben presto, però, si rivela una torre dalle basi fragili.

La commedia costruita con un umorismo sottile ed elegante non è facile da rappresentare soprattutto se nell’adattamento del testo (che conserva il linguaggio poetico) si esasperano i toni farseschi tanto da fare perdere quell’aura di levità ironica e umoristica che rappresenta l’essenza del lavoro di Jonson. La scelta registica di una recitazione parossistica trasforma i personaggi in macchiette e rende faticoso e gravoso seguire il disvelarsi della trama. Si differenziano da questo appiattimento Mimmo Padrone che indossa con levità, eleganza e misura i panni del malfattore Mosca, sempre guizzante nel tessere trame ingannevoli, e in alcuni momenti Corrado Tedeschi che, pur con un testo un po’ spinto al parossismo, riesce a rendere lieve e gradevole la recitazione.

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