Ettore Scola, oltre ad averci donato un’eredità artistica incommensurabile ormai storicizzata, ha lasciato incompiute alcune iniziative che recano la sua indelebile impronta, che si stanno concretizzando proprio in questi giorni, tra cui il Bif&st che si svolge a Bari e l’adattamento teatrale di Una giornata particolare curato dalla moglie Gigliola Fantoni.
Acuto osservatore della politica, del sociale e delle dinamiche domestiche, il maestro Scola e Ruggero Maccari hanno realizzato nel 1977 un film-capolavoro che ha mietuto riconoscimenti nazionali e internazionali, consentendo alla Loren e a Mastroianni di fornire una magistrale prova interpretativa.
La regista Nora Venturini spiega che la decisione di mettere in scena questo lavoro, con timore e rispetto, è scaturita dal taglio teatrale della sceneggiatura impostata in un ambiente chiuso, con unità di tempo e luogo e due personaggi a confronto che esprimono tematiche personali e universali, nella cornice della Storia.
La vicenda è nota. Il 6 maggio 1938 Roma è in festa per la visita di Adolf Hitler a Mussolini. Alla parata su Via dell’Impero partecipa tutta la cittadinanza, dai piccoli Balilla ai gerarchi. I condomini si svuotano, la periferia dei grandi caseggiati assume sembianze spettrali.
Antonietta, dopo aver aiutato il marito e i figli a prepararsi, rimane a sbrigare le faccende domestiche, incarnando il suo ruolo di “donna del regime” sottomessa al marito, dedita alla famiglia, instancabile fattrice di figli per la Patria, rispettosa fascista. Il merlo che fugge dalla gabbia e si ferma su una finestra del cortile le dà modo di conoscere il vicino, anch’egli rimasto inspiegabilmente a casa. È una finestra che si apre su un mondo fino a quel momento sconosciuto, caratterizzato da gentilezza, cultura, sensibilità, diversa concezione della vita. La donna rimane affascinata, è attratta e spaventata. Gabriele, che stava meditando un gesto estremo, le apre il suo animo confessando la propria omosessualità a causa della quale ha perso il lavoro di annunciatore alla radio e sta per essere inviato al confino.
Due solitudini si incontrano, si amalgamano e si staccano arricchite da un’osmosi di sentimenti liberi da giudizi e pregiudizi.
Quando i familiari rientrano e i poliziotti arrivano, le loro vite intravedono una catarsi.
La rappresentazione viene introdotta dalle immagini dell’Istituto Luce dell’arrivo di Hitler accolto dal Re e dal Duce e quelle dell’immensa folla che gremiva Piazza Venezia e la Via dell’Impero dove si svolse la parata.
La scenografia di Luigi Ferrigno divide lo spazio orizzontalmente, con l’appartamento di Gabriele al piano superiore che si illumina quando bussa la donna per riagguantare il merlo, e successivamente si trasforma nella terrazza dove, tra i panni stesi, avviene il confronto-confessione sotto un cielo azzurro che ha spazzato via le nuvole meteorologiche e metaforiche, grazie al bel gioco di luci di Raffaele Perin. Nel finale, a sottolineare il parallelismo nell’epilogo della giornata per lei e per lui, gli appartamenti sono collocati allo stesso livello sul palcoscenico, in spazi adiacenti. La regia guida la messinscena con mano leggera e filologicamente rispettosa dell’ambientazione storica originale.
Valeria Solarino ha sacrificato il suo fisico mostrandosi dimessa e accorata, spesso con la mano sulla bocca a contenere stupori e imbarazzi, superando l’ingrata prova del confronto con la mitica Loren, dalla quale ha preso le distanze ricorrendo a un marcato dialetto siciliano. Giulio Scarpati ha voluto accentuare un’identità maschile che camuffasse il suo orientamento raffigurando un Gabriele con i baffi, molto naturalisticamente gentile e brusco, sensibile e frustrato.
Romana verace e autenticamente fascista la famiglia di Antonietta (“Quanto è bello Hitler” sospira la figlia!), con Augusto Fornari nel ruolo del padre e Guglielmo Poggi, Anna Ferraioli, Elisabetta Mirra e Paolo Minnielli in quello dei figli.
Una bella occasione per rendere un ulteriore omaggio all’indimenticabile maestro del cinema italiano.