Federico Tiezzi, dopo il successo di “Questa sera si recita a soggetto” portata in scena al Piccolo Teatro Grassi, è di nuovo al Teatro Studio Melato con un’opera di Arthur Schnitzler “Il ritorno di Casanova” di cui firma traduzione, adattamento e regia.
Schnitzer racconta l’occaso dell’impenitente libertino che a 53 anni soffre la solitudine dell’età matura, sente la mancanza di quei valori etici e morali che nella sua vita hanno sempre avuto una posizione ancillare rispetto alla fisicità dell’uomo.
Questa bellissima novella mette sotto traccia un certo decadentismo viennese contiguo alla dissoluzione inarrestabile dell’impero d’Occidente.
Cominciamo con l’inizio del romanzo “A cinquantatre anni Casanova, da tempo non più spinto a vagare per il mondo dal giovanile piacere dell’avventura, ma dall’inquietudine dell’avanzante vecchiaia, fu preso da una così intensa nostalgia per la sua città natale, Venezia, che cominciò a girarle intorno simile a un uccello che vien giù a morire calando da libere altezze in sempre più strette volute”.
Casanova dunque era tormentato dal desiderio di tornare nell’amata Venezia distratto talvolta dall’avversione nei riguardi di Voltaire.
Federico Tiezzi ha ridotto per le scene questo romanzo breve affidando il compito dell’Io narrante all’attore Sandro Lombardi che si presenta in scena nelle vesti di un Casanova invecchiato da un trucco pesante, dalla voce incerta e da una rigidità senile. Racconta dunque che sulla via per Venezia incontra nei pressi di Mantova un vecchio amico di cui era stato, molti anni prima, testimone di nozze e, ça va sans dire, l’aveva cornificato la notte precedente l’evento. Ed è proprio nella casa dell’amico che il nostro conosce la giovane Marcolina, ragazza colta e brillante che gli riaccende quel fuoco passionale che sembrava spento. Avendo mollato i freni inibitori dell’età, ritornare a “correre la cavallina” per Casanova era diventato imperativo. Risfoderò alla bisogna le sue armi arrugginite, ricorse al suo fascino (fatto di parole, atteggiamenti, sguardi) ma la freddezza e l’indifferenza della ragazza lo gettò nel panico dello sconfitto. Umiliato ma non vinto Casanova ricorre ad un intrigo rovinoso e degradante per lui e per quel bellimbusto del sottotenente Lorenzi (interpretato da Alessandro Marini) fidanzato di Marcolina che all’offerta di pecunia gli consente di “coricarsi” nottetempo fraudolentemente con l’ignara ragazza. Ma mal gliene incolse quando alla luce dell’alba Marcolina, scoperto l’inganno, esterna a quel povero “vecchio”tutto il suo disgusto. Se non c’è più eros non rimane che thanatos così Casanova uccide in duello il bel Lorenzi la cui morte rappresenta la fine simbolica della vita del seduttore veneziano la cui sofferenza esistenziale lo convince ad accettare la proposta del governo della città di tornare a Venezia nella veste infame del confidente, del delatore.
In questo racconto Schnitzler affronta il tema della seduzione amorosa, della vecchiaia e della solitudine in un gioco di avvincente introspezione psicologica del seduttore veneziano.
Sandro Lombardi nello sviluppo narrativo recita perfettamente la sua parte con gli accenti che gli sono congeniali. Voglio dire che si sente l’attore impostato che recita le sue battute. Recita appunto. L’attore dovrebbe a mio avviso mascherare la finzione, far credere allo spettatore che è il personaggio che parla non l’attore che finge di essere il personaggio.
Belle, di pregnante funzionalità e rilevanza poetica le musiche suonate dal vivo dal violoncello di Dagmar Bathmann, le percussioni di Omar Cecchi e Niccolò Chisci e il disegno luci di Gianni Pollini.