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Natacha Belova in “La Barca dei Matti”

foto22esima edizione di un Festival che trova nel Teatro di Figura un’idea di base a cui fare riferimento, per proporre idee e storie e spettacoli che hanno spesso caratteristiche diversissime fra loro, ma che sono frutto, a volte, di tecniche ed arti che si incontrano per dare vita a contaminazioni nuove e davvero interessanti. Insomma è un luogo della sperimentazione, del teatro povero alla Grotowskij dove ciò che davvero conta è l’attore e il suo lavoro, e non la ricchezza delle scenografie, la bellezza dei costumi e l’armonia delle musiche, per quanto importanti. E anche se continua a portarsi dietro questa nomea di “Teatro per bambini” e quindi quasi di serie B, molti hanno capito che è spesso il Teatro più interessante perché innovativo, e davvero legato alla poesia per strani e misteriosi legami. Insomma è per intenditori. E questa edizione lo conferma già nella presentazione del direttore, Damiano Privitera: “…Una decina, o giù di lì, le compagini da tutta Europa; quest’anno un programma da vantarsi nelle sedi opportune, se fossimo Narciso, ma siamo Boccadoro, allievi sempre, che sempre vogliono imparare, dubbiosi e consapevoli che quest’anno è andata benissimo, che la sinusoide delle opportunità ci ha portato più di una prima, e altri lavori dell’ingegno marionettistico di livello internazionale…”.

Lo spettacolo di cui vorrei parlare nasce in un contesto particolare che è quello del workshop di Natacha Belova “Le Tentazioni – costruzione di metamarionette 1-16 febbraio 2016 MAAF di Pinerolo” che ha preso come riferimento il lavoro di un personaggio predefinito, il pittore fiammingo Hieronymus Bosch, “le suggestioni potranno arrivare con le sue immagini forti e descrittive e per il fascino dei suoi personaggi, dove, in una visione effimera ed ironica dell’umanità, i corpi diventano idee metaforiche che ne smembrano la (im)perfetta morfologia per una rivelazione vera dell’anima umana.”

Le metamarionette o marionette ibride – molto belle dal punto di vista estetico per un realismo concreto, ed anche ingombranti perché di dimensioni umane – venivano letteralmente indossate dalle attrici e dagli attori e ciò creava ambiguità nello spettatore, perché pur vedendo la marionetta con la sua personalità di movimento e di comportamento, lascia intravedere chi lo manovra e l’effetto è particolare, almeno dal punto di vista dello sdoppiamento. Come è stato spiegato dalla stessa Belova prima dello spettacolo, al termine del laboratorio gli stagisti hanno chiesto di proseguire insieme il lavoro emerso, e così sono stati invitati per una residenza di ricerca della durata di 5 giorni, e per rendere pubblico il lavoro.

Lo spazio scenico rappresentava un luogo particolare che poteva essere un ricovero per anziani (forse vecchi artisti), oppure qualsiasi altro luogo che può essere definito di transito, dove chi ci abita non è più vivo ma neppure morto. Una specie di purgatorio. Per approfondire le sensazioni ricevute riesco a parlarne con una attrice della spettacolo, dunque una diretta interessata.

Iniziamo la chiacchierata in uno spazio nuovo di questo bel teatro, proprio al centro della città, il Bar Hacca che si trova proprio sopra l’entrata del teatro. È un bar letterario dove in maniera spontanea, fra un tè ed una birra, si può parlare e presentare libri sul mestiere del burattinaio, ma non solo. Dallo sguardo capisco che è stata per lei un’esperienza importante e che spera continui. Infatti il gruppo è alla ricerca di altre residenza creative per continuare il lavoro.

In scena ci sono 10 persone che vengono dalla Francia, Grecia, Belgio e Italia, ognuno con interessi e capacità diverse: lei viene dal teatro-danza, ma ci sono anche attori di Teatro di Figura, attori classici, costruttori di marionette, esperti in arte visiva. Il lavoro che hanno fatto, sempre con la supervisione di Natacha Belova, è stato soprattutto di improvvisazione e di fissaggio, cercando una continua relazione con le immagini di Bosch, sopratutto nella ricchezza dei particolari. Ciò che ne emerge è soprattutto emozione e ironia (si riesce a ridere sulle piccole e riconoscibili manie), ma anche una leggera angoscia, una volta accettato il fatto che su quella barca che sta per arrivare, per traghettare questi 10 personaggi che si confrontano fra di loro in cerca di relazioni ma anche di solitudini, alla scoperta di un luogo che non ha niente di piacevole e li costringe a convivere, ci finiremo anche noi. Tutto il pubblico ha applaudito più volte ciò a cui ha assistito. Convintamente.

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Natacha Belova

Nasce in Russia nel 1969, è un’artista plastica autodidatta.
Il suo percorso inizia fin dalla prima infanzia in un’atmosfera teatrale grazie al padre che era regista e attore teatrale. A 14 anni inizia a lavorare aiutando a disegnare i costumi e scenografie. Negli anni ’80, in seguito ai grandi cambiamenti che si verificano nel paese decide di iniziare gli studi di storia e di diritto per diventare insegnante.

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Regia Natacha Belova

Con Annamaria Andrei, Amalia Franco, Gabriele Reboni, Marco Laganà, Nadia Milani , Ilaria Olivari, Poulheria Papahristou, Nadine Delannoy, Edwige Latrille, Michela Aiello.

Musiche Pierre Jacqmin

Fotografia Claudia Petacca

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